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Nella seconda metà del 500 tutti gli ospedali erano stati riuniti in uno solo, la cui amministrazione era tenuta da quella di Siena. La dipendenza maturata nei confronti dell’Ospedale di Siena era dovuta sia alla vicinanza, sia al fatto che, nato intorno all’anno 1000, era all’avanguardia rispetto agli altri. Mirabile era fin dal principio la sua organizzazione interna, regole precise e severe regolavano la vita degli oblati. L’amministrazione era accuratissima, i beni di cui godeva erano numerosi, per tutte queste ragioni i nosocomi delle cittadine vicine chiedevano di venire associati a quello di Siena. Molte notizie importanti circa l’assistenza sanitaria agli ammalati pervengono dalle visite pastorali, quelle periodiche ispezioni condotte dai vescovi che sorvegliavano sul buon andamento dei luoghi di cura, compresa la parte economica e amministrativa.
Il 4 ottobre 1573 il vescovo di Orvieto Binarino fece una visita all’ospedale di Acquapendente. Vi trovò otto letti con lenzuola coperte e cuscini abbastanza decenti, e quattro ammalati. Chiese al Rettore di poter vedere i capitli e l’inventario di tutti i beni. Giovanni, non avendo in ordine ciò che era stato chiesto, solo due giorni dopo mostrò i relativi documenti ed anche il testamento della Sig.a Alessandrina Ceccarelli.
Il 29 giugno 1606 il Cardinale Sannesio rinnovò la visita e vi trovò cinque letti per gli uomini, due per le donne, otto per i pellegrini, in tre stanze diverse. I malati ricevevano gratuitamente tutto ciò che era loro necessario, secondo il parere dei medici. I mendicanti di buona salute potevano essere ricevuti, ma per una sola notte e, se simulavano una malattia, venivano ammoniti ed invitati ad esercitare qualche arte.
L’amministrazione era unica. Nel 1825 il Vescovo Pierleoni stabilì un regolamento interno per l’ospedale, contenente disposizioni generali e particolari per i deputati, l’economo, il cappellano, gli infermieri e gli infermi. Nel 1870 fu giudicato conveniente rendere i due istituti indipendenti per meglio provvedere al rispettivo interesse.
Nel 1938 divenne autonomo con la cessazione della Congregazione di Carità ed assunse il nome di Ospedale Civile di Acquapendente.
Dai capitoli dell’ospedale:
I rettori dovevano prestare giuramento di ubbidienza allo stesso Maestro Generale, ogni anno ad esso dovevano versare un ducato d’oro per recognizione e presentare un inventario dei beni. I lebbrosi che volevano entrare e permanere nell’ospedale dovevano versare 25 florenos e 50 barulinos. Doveva esistere fuori dall’ospedale un “cippum” per le elemosine offerte dai viandanti munito di due serrature e le chiavi dovevano essere tenute una dal rettore e l’altra da un lebbroso.
I soldi ivi raccolti dovevano essere divisi in tre parti, destinate una al rettore, una ai lebbrosi ed una devoluta alle migliorie dell’ospedale. I lebbrosi per poter entrare e vivere nell’ospedale dovevano avere il permesso del rettore, ad esso giurare fedeltà e ubbidienza, non potevano andarsene senza il suo consenso e non dovevano entrare nella terra di acqua pendente a chiedere elemosine; i ribelli venivano puniti. I beni dei lebbrosi morti dovevano rimanere all’ospedale.
Si riportano alcuni articoli.
Al capitolo primo il Vescovo pone gli obblighi dei deputati.
Art. 1 – Nell’ospedale vi saranno due deputati, uno secolare ed uno ecclesiastico, eletti da Monsignor Vescovo.
Art. 2 – I deputati, un mese per ciascuno, si porteranno a visitare i malati esistenti per verificare se sono trattati secondo il dovere e la carità e se si osservano gli altri regolamenti.
Art. 3 – Trovando qualunque mancanza, per la prima volta dovranno avvertire quell’individuo addetto all’ospedale che la commette, per la seconda dovranno farla conoscere a Mons. Vescovo, onde procedere alla debita punizione.
Art. 5 – Ogni anno nel mese di aprile, visiteranno, verificheranno, la biancheria, tutti gli oggetti descritti nell’inventario generale, rivelando quello che si deve fare per supplire agli oggetti mancanti […].
Art. 7. – dovranno dall’infermiere farsi vedere i biglietti “d’introito” nell’ospedale di ciascun infermo, fatti dai rispettivi professori, per esaminare se sono poveri e meritano di essere accettati, e trovando che non lo meritano devono farle intimare dall’infermiere, che reintegrino di tutto il luogo pio e se ne vadino.
Al capitolo secondo pone gli obblighi del Cappellano:
Art. 1 -
Art. 2 – dovrà assistere i moribondi giorno e notte
Art. 3 – Sarà obbligato ad accompagnare i cadaveri in Santa Maria Maddalena ove si tumulano.
Art. 4 – Non dovrà permettere la tumulazione se non trascorse le 24 ore dall’ora della morte.
Al Capitolo quarto pone gli obblighi dell’infermiere.
Art. 1 – L’infermiere dovrà tenere un registro d’ingresso di tutti gli infermi che entrano in Ospedale, e a riscontro dovrà registrare i giorni in cui dimorano nell’ospedale e il giorno di uscita […]
Art. 7 – quando si portano a tumulare i cadaveri dovrà farli coprire con una coltre, dovrà scortarli portando la croce insieme con i becchini, vestiti tutti con l’abito che gli passerà il luogo pio.
Volendo qualunque individuo non povero entrare nell’ospedale per esservi assistito nelle sue malattie dovrà pagare scudi 5 il mese ed assoggettarsi al trattamento comune degli altri infermi, tanto sul vitto quanto rapporto ai medicinali.
Testo: Peparello Maria Agnese L’ospedale civile di Acquapendente nei suoi precedenti storici