Menu principale:
Il contenuto della scheda è tratto integralmente dal testo: L’ospedale di Cento nei secoli – Cassa di risparmio di Cento – 1975 AA.VV.
Le antichissime memorie non danno tracce sufficienti a fissare la precisa epoca della fondazione. Non esistono in archivio documenti anteriori al 1200. Nel 1312 appare il primo documento ufficiale dove viene fatta parola dell'ospedale, ed è la bolla, quoniam ut ait apostolus, del vescovo di Bologna, Uberto degli Avvocati; «Nell'anno 1303 Uberto degli Avvocati piacentino e vescovo di Bologna pro-
4° Del servire e visitare li infermi de lo hospidale. A Li infermi poveri: siano o fratelli o sorele o de lo hospitale li officiali usarano ogni diligente provisione de medici et medicine e de le loro sepulture: quando del suo non havesseno faranno la spesa. Questo medesemo farano a quelli che son mali de beno e sarano justiciati. li bastardi non tenerano più de 2 mesi e non ritrovando li loro parenti fazino la spesa insina tanto che li mandeno a le bone citade. li predicti officiali serano soliciti che li infirmi cunzano li facti de l'anima e poi de le loro facultadi provedendo avante la loro morte che li sia dato li sancti sacramenti: aricordandoli che nel suo testamento lasseno delle sue facultade a lo hospitale almancho uno lenzolo con uno dopiero. le visitatione serano spesso se serano li infirmi gravi e se bisognerano de guardia li sia proveduto o de frateli o de sorele de la confraternitade: la quale opera caduno fazi voluntera la sua volta. Li predicti officiali per spesa de le soportate cose: poterano vendere e impignare in questi tali casi de li beni de lo hospitale: li infermi foristeri se nel hospitale morirano voliamo che da poi la morte: li predicti officiali avisano li soi parenti con litere e con altro bono modo.
6°Del priore de lo ospitale e suo carico. Al servitio continuo de poveri sia terieri sia foristeri: infirmi o sani. li officiali ellezerano homini con le sue moglie e famiglia: che siano constumati: caritativi: compassionevoli: gaiardi e potenti a fare le fatiche de la hospitalitate: fideli ali beni di esso hospitale: lo nome di tale officio se dimandera priore. tenerà neto e polito ogni cosa de lo hospitale servirà ali predicatori in tute le cose sono expediente a tale officio: sonare la processione separare li homini da le done et maxime li furfanti e zaltroni e generalmente farà lo comandamento de li officiali in tuto quelo che apartene in tal officio: si como insina al presente è sta fato da li altri:
E per sua imprudentia lasserà niuna cosa male perire o guastare: li officiali scunterano in lo suo salario tale dano. E non voiamo che alcuna cosa presta senza licentia. Ne anchora toia in presto a nome de S. Maria senza la medesima licentia. Guarderà ben de non tenire in tal logo trebe de persone che non siano per la utilitade de poveri e al suo servitio deputati. Ad ogni requisitione de li officiali: et del factore voiamo monstri le cosse mobile consignate a lui per inventario.
Tenerà bollato ogni cossa con lo bolo de S. Maria nula cossa quantunqua minima pur se possa bolare voiamo tenga senza segno: de le cosse che de in corno in corno se frusteno ne renderà bono conto: serà sopra ogni cosa provido de non strusiare li beni che sono deputati a li poveri. E se acaderà topore non essendo del corpo de questa S. Confraternitade voiamo perho che esso con tutta la sua famiglia se confessi e comunichi in quelo modo che sono obligati li fratelli. Quindi più che un ospedale, nel senso che ora si dà a questa parola, era un ospizio di poveri sani et infirmi terieri et forensi accolti alla rinfusa, ricoverati alla peggio e con disposizioni ed ordinamenti interni, che non dovevano certamente aver raggiunto un alto grado di perfezione se, fra gli altri obblighi, era fatto al Priore anche quella di aver bona cura de riponere la sera a letto li homini et donne separatamente et maxime li furfanti et zaltroni. l’Ospedale però aveva il suo personale e le sue regole, queste ultime sotto forma o di norme consuetudinarie o di ordinanze e di partiti molteplici e successivi. Fu solo nel 1635 che tutte queste regole furono finalmente codificate.
Queste Regole constano di 37 capitoli, la maggior parte dei quali si occupa delle faccende spirituali della Compagnia. Su per giù sono le stesse cose dell'antica Regola rimesse un po' a nuovo secondo le esigenze dei tempi (riporto quelle di nostro interesse):
Due visitatori delli poveri infermi nominati settimana per settimana tra i confratelli, i quali visitatori havranno cura di visitare gl' infermi con carità esortandoli a sopportare con patienza le infermità; s' informeranno se il Medico, il Cirugico e gli altri operari di casa facciano il debito loro. Havranno l'occhio i suddetti visitatori, quando alcun infermo stasse pertinace ne volesse obbedire al Capellano, Medico, Guardiano, negando di volersi confessare e comunicare o di volersi lasciare governare con cibi o medicine ragio-
Dopo gli ufficiali della Compagnia e dell'Ospedale venivano gli operari della Casa, ossia il personale stipendiato, che si componeva di un fattore, un Medico fisico, un Cirugico, uno Spetiale, un guardiano ammogliato e due servi maschio e femmina.
Il Cappellano, che dovea aver stanza nell'Ospedale, oltre alla religiosa aveva anche una giurisdizione disciplinare, giacchè egli non comporterà che in Casa si bestemi ne si facciano altre cose illecite e dishoneste, ma si sforzerà di far si che tutti della famiglia facciano il debito loro e se non lo faranno faccia loro la dovuta corretione e non emendandosi ne dia relatione al Camerlengo.Il Cappellano teneva inoltre nota di quanto possedevano sulla persona gl'infermi, consegnando il tutto al guardiano e curando che detta roba fosse poi riconsegnata a chi di ragione o per la morte o per la partenza del degente dall' Ospedale. Il medico fisico non aveva nessuna funzione direttiva. Il Medico era un semplice operario di Casa, obbligato solamente a visitare gli Infermi due volte al giorno la mattina e la sera, toccare il polso, vedere le urine, ordinare i medicamenti et applicarli secondo il bisogno, indurre gli Infermi alla Sacramentale Confessione conforme alla bolla di Pio V e fare intorno ad essi ciò che far deve un buon Christiano e caritativo Medico e non solo faccia questo con gli ammalati che saranno accettati nell'ospedale, ma dia compenso e medichi gli altri che verranno di giorno in giorno a lui per simile bisogna tuttocchè non stiano alla spesa ordinaria degli altri infermi, dalle quali ultime parole si vede come fin d'allora funzionasse un ambulatorio. Il Cirugico era null'altro che un flebotomo; è curioso che mentre non richiedevasi per lui la Dignità del Dottorato avesse poi l'obbligo di sostituire anche per lo spazio di 15 giorni il medico fisico malato o comunque assente. Lo Spetiale dirigeva la farmacia interna per uso esclusivo dell' Ospedale. Il Guardiano era un personaggio, come l'antico Priore, di mansioni piuttosto complesse. Aveva in consegna sotto sicurtà le robbe della Casa ed insieme alla moglie che doveva essere gagliarda partecipava come capo infermiere al servizio sanitario e sopraintendeva al buon ordine della famiglia. Comandava quindi direttamente gli infermieri e più era portinaio, sagristano, becchino, dovendo seppellire non solo i morti dell'ospedale, ma anco gli altri che saranno sepolti alle spese di detto ospitale e farà loro la fossa per amor di Dio. Un servo ed una serva, corrispondenti ai nostri Infermieri, completavano il personale sanitario.
Il Capitolo XXXI contiene le regole fondamentali concernenti:
1° Le condizioni di accettazione degli infermi (persone prive di aiuto e di governo, ammalate di febbre o di piaghe o d'altri simili mali); 2° Il numero dei letti (secondo la capacità e rendite del luogo); 3.° La durata della degenza (quivi potranno habitare et trattenersi gl' infermi sintantochè siano guariti e rihavuti ad arbitrio e coscienza del medico); 4° Le dimissioni dei guariti (e guariti che saranno d'ordine del medico se li deve dare buona licenza); 5° I motivi di esclusione (non siano accettati da chi che sia persone di qualsivoglia conditione, che siano pazze o aggravate da male contagioso o incurabile come infettati di mal Gallico, leprosi, tisici, ethici, rognosi di rogna maligna, d'ulceri, piaghe serpeggianti e che possono con il tatto e pratica attaccarsi ai sani et insomma si vieta l'accettare quegli infermi che dal Medico saranno giudicati o havere infermità contagiosa o incurabile affatto e di questo si aggraverà la coscienza di lui a cui si deve stare).
In prosieguo di tempo essendo aumentato il numero dei letti e cresciuta l'affluenza dei malati si trovò che codesto personale sanitario era insufficiente. S'incominciò allora, ma non appare bene in qual anno, a pretendere un laureato, un dottore anche per la cura dei malati di chirurgia e così noi troviamo già nel 1709 addetti all'Ospedale due medici, l'uno fisico e l'altro chirurgo. Quest' ultimo aveva sotto di se un chirurgo semplice, il quale nel 1754 veniva nominato dal Chirurgo primario e confermato dalla Congregazione degli Ufficiali. Curioso è l'obbligo fatto ai due chirurghi suddetti di assistere giornalmente alle visite del medico fisico. Nel 1730 funzionavano già un sotto infermiere ed una sotta infermiera. Nel 1630 il Cardinal Legato di Ferrara aveva addossato all'Ospedale il carico gratuito o semigratuito di accogliere e curare i soldati. I Confratelli perdono la pazienza e piuttosto che sottostare a così vergognosa imposizione minacciano di chiudere l'Ospedale e curare i loro malati a domicilio. Dopo mezzo secolo di lotta i Confratelli riescono a spuntarla. Sorgente di ben più gravi preoccupazioni e di maggiori spese per la Compagnia fu lo stabile dell'Ospedale.
Nel 1639 si avvertì il bisogno di fabbricare e si fece il progetto di una infermeria nuova per le donne, perchè la vecchia minacciava rovina ma nulla si fece perché se ne riparlò ancora nel 1684. Nel 1681 si provvide all'infermeria degli uomini rifacendola di pianta, e negli anni successivi si fece un nuovo ricovero dei pellegrini, essendosi dovuto usufruire del vecchio per ampliare gli annessi delle infermerie ed altri locali di basso servizio. Nel 1696 si fabbricarono le camere di convalescenza presso le infermerie. Ma nel 1701 il dormitorio degli uomini rifatto a nuovo nel 1681 minacciava di rovinare quindi, nel 1713, con rinforzi di sproni e di pilastri fu riparato alla meglio e non se ne parlò più. Nel 1791 l'apertura al pubblico della farmacia dell'ospedale. Nel 1796 Napoleone Bonaparte veniva nominato generale dell'armata d'Italia, e il 28 Giugno 1796 usciva l’editto del Magistrato municipale di Ferrara per il quale tutti i pii luo-
Il primo atto di soppressione ebbe luogo verso la metà del 1798. In forza della legge 9 Messidoro Anno VI repubblicano furono conferite alle Municipalità la sorveglianza e l'ispezione degli stabilimenti di pubblica beneficenza. Tolta quindi di mezzo la Compagnia, l'Ospedale passò immediatamente sotto il Municipio, che addi 3 Agosto 1798 invitava tre cittadini a formare una Commissione provvisoria, la quale giornalmente dovesse invigilare l'azienda dell'opera pia e prestare alla suddetta Municipalità quei lumi, che avesse creduto necessari e presiedere al giro corrente degli affari.
Nel breve tempo, che la suddetta Commissione rimase in carica, ebbe campo di procurarsi un gran merito col proporre e compiere un atto importantissimo, la tramutazione cioè dell'Ospedale dall'antica sede divenuta o, per meglio dire, stata sempre ristretta e disadatta al monastero di S. Catterina, le cui monache aveano dovuto sloggiare in seguito ai decreti di soppressione delle Comunità religiose. Nel Marzo del 1799 il trasloco dell'Ospedale, previ alcuni restauri e lavori di adattamento del Monastero, era già un fatto compiuto.
La Repubblica Cisalpina veniva assalita e demolita, mentre Napoleone guerreggiava in Egitto, dagli Austro-
Nel Settembre del 1799 l'arciconfraternita veniva reintegrata nell’amministrazione dell'Ospedale, quando al 2 Novembre venne da Ferrara l'ordine di ripristinare le monache, intimando ai Confratelli di rimettere il mentovato Ospitale nel primiero suo luogo, e mentre pendevano le trattative per definir la curiosa questione, tornava Napoleone a cambiar faccia alle cose. Distrutto il Direttorio, fattosi nominare Primo Console e restaurate le condizioni interne della Francia, ridiscendeva egli nel 1800 in Italia e, vinti gli Austriaci a Marengo ricostituiva la Repubblica Cisalpina. Nel Settembre dell'anno medesimo la Compagnia veniva definitivamente e per sempre soppressa.
La nuova Commissione dell'Ospedale, chiamata in seguito Commissione di Beneficenza, passò sotto il dominio della Municipalità e uno dei primi atti fu quello di chiudere al pubblico la farmacia dell'ospedale; nel 1807, si trovò conveniente di liberarsi anche della spezieria interna e stringere un contratto d'affitto e fornitura con un farmacista esterno (il testo prosegue con l’elenco delle nuove disposizioni).
Essa dovette innanzi tutto scontare l'onore d'aver operato il trasloco dell'Ospedale. Nell'affrettato e mal diretto riattamento del vecchio convento di S. Catterina si era pensato un po' a tutto, fuorchè ai bisogni ed ai comodi degli infermi. Incominciarono quindi i medici a richiedere provvedimenti, specialmente d'ordine igienico; che venivano a malincuore concessi, a spizzico attuati e non sempre con la sollecitudine necessaria. Ed erano tutti ripieghi. Inoltre i cattivi raccolti degli anni antecedenti, le contribuzioni di guerra, le imposte ed i balzelli gravosissimi, la cura dei soldati e dei carcerati tutta addossata all'Ospedale, i non pochi errori amministrativi, come quello di non aver saputo proporzionare la popolazione ospedaliera alle rendite, la famosa speculazione di farmacia e così via dicendo, avevano ridotto l'Ospedale a così mal partito da costringere la Commissione a chiedere nientemeno che l'esenzione dalle tasse, a limitare il numero dei letti, riducendoli a 22 (10 per gli uomini e 12 per le donne), a non distribuir più medicamenti fuori a titolo di carità e finalmente a falcidiare lo stipendio degli impiegati. Ancora il Municipio, nel 1804, ordinò di assumere l'amministrazione dell'Orfanotrofio che, come sempre, navigava in pessime acque. Insomma la Commissione di Beneficenza che doveva tutto accomodare, tutto dirigere, s'incamminava a diventare Congregazione di Carità. Nel 1806 si vide costretta a ridurre il personale e calar lo stipendio a quello che restava, a togliere gli abusi, ad inaugurare un sistema di economie insino all'osso. Da Monza il 5 Settembre 1807 Eugenio Napoleone emanava il famoso decreto in forza del quale l'Amministrazione di tutti gli Spedali, Orfanatrofi, Luoghi Pii, lasciti e fondi di pubblica beneficenza di qualunque natura e denominazione doveva essere riunita in una sola e medesima amministrazione, che avrebbe preso il titolo di Congregazione di Carità; e nel 1808, in forza di un altro decreto emanato da Milano addì 26 Novembre, coll'attivazione in ciascun Comune della rispettiva Congregazione di Carità. I novelli Congregati incominciarono pertanto col licenziare tutti gli impiegati invitandoli a presentar domanda di riammissione (salvo alla Congregazione il diritto di non rinominarli). Pochi giorni appresso era già pronto un Piano disciplinare secondo il quale i vari servizi erano così distribuiti. Un segretario pro-
Nel 1809 venne approvato il Piano d'economia interna per la cibaria degli infermi riguardante le provviste di generi alimentari che doveva tenere l'economo e, sotto la di lui sorveglianza, il guardiano, non che la loro distribuzione e la tenuta dei conti al riguardo.
È vietato ai medici anche con la pena della perdita dell'impiego il rilasciare Biglietti agli Infermi di mali contagiosi, attaccaticci e incurabili, Leprosi, Tisici, Rognosi, Ulcerati, gl' infetti di morbo Gallico, piaghe serpeggianti, Etisia, Cancro, Flusso, Sciatica, Podagra, doglie delle giunture, Scrofole, Carbonchio maligno, Erpeti effendenti, male di San Lazzaro detto anche fuoco di S. Antonio, Idropisia, Cronicismo, come pure Pazzi e Lunatici, quali conformemente all'antica consuetudine non devono ammettersi. Si escludono pure assolutamente dall'Ospedale gli Infermi non aventi stabile domicilio in Cento, ma furono fatte alcune riserve a favore di casi specialissimi e soprattutto pei feriti e pericolanti nel Comune. Il colpo di grazia le fu dato dal precipitar degli eventi; che, restaurando le antiche dominazioni, restaurava pure l'impero delle vecchie idee e dei vecchi costumi.
Addi 13 Gennaio 1814 gli alleati erano già a Parigi; il 2 d'Aprile dello stesso anno il Senato distruggeva l'impero e nove giorni appresso Napoleone abdicava ed era portato via.
Gli Austriaci il 28 Aprile 1814 entravano nella Capitale del Regno d'Italia così si passò sotto il Governo Provvisorio di Sua Maestà l'Imperatore d'Austria. E la Reazione trionfava e tutti gli antichi Stati restauravano le antiche forme assolute.
La Congregazione di Carità continuò a vivacchiare qualche mese e se ne incominciò l'opera di demolizione con una ordinanza in data 8 Luglio 1816 in forza della quale si prescriveva ai Congregati di consegnare, senza ritardo all'Amministrazione Parrocchiale di San Giorgio di Corpo Reno, o a chi per essa, tutti gli effetti, Archivio, libri, recapiti, nomi di debitori, restanze di Cassa e tutt' altro alla stessa pertinente. Il primo Marzo del 1817 l'Arciprete di S. Biagio ed il Gonfaloniere di Cento consegnavano l'Ospedale ai nuovi amministratori in presenza di tre membri della cessata Congregazione.
l'Amministrazione dell'Ospedale diede tosto opera alla compilazione di nuovi Statuti che, sotto il titolo di Piano organico, approvati dall'Arcivescovo durarono ben 47 anni. La nuova Amministrazione si componeva di sette membri tra i quali, oltre l'Arciprete presidente, vi era un così detto Priore di turno, che durava in carica sei mesi. Il personale stipendiato, salvo il segretario, era quale abbiamo riscontrato nel Piano disciplinare del 1808 e cioè: un computista, un economo, un fattore di campagna, invece dei due che c'erano prima, un cappellano, un medico fisico, un medico chirurgo, un semplice chirurgo, un guardiano con moglie, il quale era anche guardiano della chiesa dell' Ospedale, una cuciniera, un infermiere, un facchino, ed un becchino.
Il Piano organico così completato rimase pressocchè intatto fino alla notevole riforma a cui esso andò incontro nel 1833-
Due anni dopo si fece anche la sotto infermiera e l'anno appresso fu istituito il Medico Chirurgo supplente e coadiutore del medico fisico e del medico chirurgo obbligato semplicemente a prestar servizio nelle assenze dell'uno o dell'altro dei titolari.
Le autopsie erano, perchè tali dovevano essere per principio, un avvenimento eccezionale e però volentieri si negavano, a stento si concedevano e ad ogni modo per ciascuna autopsia, che i medici dell' Ospedale avessero in animo di praticare, occorreva l'autorizzazione della curia arcivescovile, onde accadeva, come appunto lamentavano i medici suddetti, che per le inevitabili (anche allora) lungaggini burocratiche, il sospirato permesso arrivasse quando, per esser divenuto inservibile il cadavere, l'interesse scientifico era sfumato.
Da lungo tempo i malati dell'ospedale si venivano lagnando di soffrire la fame, onde il Priore di turno nel novembre del 1821 esponeva alla Congregazione degli Amministratori che quei lagni erano giustificati dal difettoso sistema dietetico in vigore, il quale non concedeva ai degenti che due soli pasti al giorno, uno alle 11 del mattino, l'altro alle 7 di sera. In seguito a queste giustissime rimostranze fu deliberato di somministrare, a cominciar dalla seconda dieta, a titolo di colazione, per ogni malato due soldi di pane in brodo.
Nel 1835 all'apparire del colera nel mezzogiorno d'Italia le autorità sanitarie avevano chiesto all'Amministrazione la cessione di una sala dell'Ospedale per isolarla e farne il lazzaretto. Questa strana domanda non era nuova. Nel 1817 era stato richiesto l'Ospedale per farvi il lazzaretto dei tifosi, e la resistenza dell'amministrazione aveva indotto l'autorità ad impiantarlo nel convento di S. Pietro. Esito negativo ebbe pure la domanda rifatta a cagione del vaiolo nel 1822. E così nel 1835 a proposito del colera; ma nel 1838 accennando l'epidemia a propagarsi al nord d'Italia, l'amministrazione cedette alle sollecitazioni delle autorità sanitarie, e invitò un tecnico per trasformare in lazzaretto la porzione orientale dello stabilimento.
Intanto era stato decretato addì 3 Novembre 1848 che le amministrazioni di tutti gli Spedali della Repubblica, fossero sottoposti alla diretta giurisdizione della direzione generale di Sanità. Il 14 Febbraio dell'anno 1849, in adempimento di una legge emanata il dì prima dall'Assemblea della Repubblica Romana, il Ministero dell'interno aveva prescritto che i capi di stabilimenti religiosi e di beneficenza dovessero esibire gl'inventari dei mobili, oggetti preziosi, crediti appartenenti ai rispettivi istituti, convalidando l'esibizione col giuramento che nulla era stato venduto, sottratto o nascosto.
Malgrado le grandi riforme del Brangher e le ulteriori sollecitudini per riordinare le finanze ed i servizi dell'Istituto nel 1857 le cose andavano di male in peggio. L'edificio dell'Ospedale era ormai ridotto ad un cumulo di rovine, l'indecenza, la sudiceria vi regnavano sovrane; le sale erano addirittura inabitabili; tutto mancava, anche l'indispensabile. I malati giacevano dentro cassoni di legno, sui quali da più che mezzo secolo non era passata la carezza di un pennello. Un nimbo denso di cortinaggi avvolgeva in un pauroso mistero quei canili, così stipati lungo la parete untuosa dell'infermeria buia, che il medico e gli altri ministri per accedere al paziente ed eseguir operazioni e medicature dovevano avanzar di sghimbescio. Vecchi, giovani, cronici, acuti, operati, infetti, ripugnanti, fetenti, inquieti, tutti alla rinfusa come in una bolgia, tanto che gli acuti, specialmente se giovani, appena superato il fastigio del male, smunti e deboli tuttavia, ma oppressi dallo schifo e paurosi di maggiori danni chiedevano d'esser dimessi ansiosamente.
Dei 30 letti di carità, un buon terzo era occupato da cronici incurabili, intrufolati a dispetto degli Statuti nelle infermerie per le mene grette o paurose, o stupide di quelli, che non volendo far la carità a proprie spese, o non avendo l'onesta fermezza di far rispettar gli Statuti, o per la sublime vanità di dar saggio della propria influenza e del proprio potere, si argomentavano di evitar noie e di guadagnar comodamente in benemerenza ed in popolarità con lo snaturare, defraudare, rovinare l'Istituto. E l'ingiunzione fatta ai medici, pena la perdita dell'impiego, di non ammettere cronici ed incurabili diventava per lo meno una solenne gesuiteria; poichè le cose erano arrivate al punto, che gli acuti dovevano soffrire e magari morire nelle loro case, perchè all'Ospedale, rigurgitante di cronici, non c'era posto essi.
Il guardaroba era così chiamato per ironia. La biancheria mancava e quel po' che c'era veniva ricambiata quando non si sapeva più di che colore fosse; e in quanto ai ragazzi, siccome di camicie piccole non ce n'era, tenessero pur la loro. E gli indumenti dei ricoverati, anch'essi sul letto, sotto i cuscini, sulla ineffabile seggetta, unico mobile delle sale, sul coperchio della quale oltre i suddetti cenci si davano convegno il pitale, la sputacchiera, la tazza delle medicine, il piatto di lesso, il pane, e, dopo un relativo sgombero, il cappellano ad ascoltare la confessione del rispettivo paziente!
Nè la statica dell'edificio era da meno. Sgretolature, crepacci, puntelli, muri che facevano la pancia, travi danzanti nelle loro impostature, solai ad onda di mare e con certi scogli che bisognava ben guardarsi dall'aver fretta o dal camminare a fronte alta e serena. Le rintonacature, gli imbianchimenti erano cose sconosciute alle infermerie; le quali non sapevano che fosse un ventilatore od un apparecchio anche preistorico di riscaldamento. D'inverno si godeva nelle sale la delizia di qualche grado sotto zero, e tutto naturalmente ghiacciava; l'acqua, le medicine, perfino l'inchiostro per iscrivere sul ricettario. E meno male che c'era la camera di convalescenza per riscaldarsi [...] ma che [...] il puzzo ed il fumo erano tali che i convalescenti tra l'assiderarsi e l'affogare preferivano il primo genere di martirio e si rimettevano a letto nelle infermerie.
Le latrine, a parte l'igiene, che in verità non c'entrava punto, erano per altri riguardi un monumento del genere. La latrina era unica in tutto l'Ospedale e serviva ad ambo i sessi in questo modo. Le donne da una parte, gli uomini dall'altra opposta entravano in una stanzaccia tagliata a metà, a salvaguardia della morale, da un sepimento di canne intonacate alto non più di due metri. Economicamente parlando non si poteva fare di meglio; questo esile tramezzo tentava ad oscene esplorazioni, e in verità non si dura fatica ad ammetterlo. Ma oltre le esplorazioni pare che seguissero cose sulle quali la casta musa tace, perchè quel diaframma di cannucce parla abbastanza di per sè stesso. E dire che in quel tempo ci si teneva tanto alla pudicizia! Le infermerie erano diventate la Mecca dei preti e dei barbieri del paese. Purchè investito dell'uno o dell'altro carattere, ognuno poteva andare e venire a tutto suo comodo. Gli ammalati per poco che si reggessero in piedi convertivano la sala in bettola e gli infermieri o deboli o conniventi lasciavano correre. L'economo, capo della disciplina dell'Istituto, aveva ben altro per la testa che farla osservare, ed il medico primario, sbarcate le due visite giornaliere, non era tenuto ad altro. È ben vero che le operazioni chirurgiche erano piuttosto infelici e la riputazione del chirurgo minacciava di andare a rotoli e, quel ch'è peggio, andavano a rotoli gli operati per ogni sorta d'infezioni; ma purchè l'operatore usasse la dili-
Il medico primario era tenuto a recarsi in diverse ore della notte per sorvegliare gli infermieri e le infermiere acciocchè adempiano con esattezza le ore di guardia loro assegna-
Art. 18. All'evenienza di visite alle sale o dell'Illustrissimo Signor Gerente o dell'intera Congregazione di Carità gli infermi faranno perfetto silenzio e si ritrarranno a lato del rispettivo letto, acciò il Superiore od i Superiori possano con ordine fare le proprie osservazioni ed accogliere i reclami che potessero loro essere porti.
Art. 22. Ove il cibo, il vino, i medicinali il servizio in genere sembrassero cattivi di qualità od in altro modo eccezionabili, gli infermi hanno dovere di farne rapporto al medico Direttore che prenderà le misure che la prudenza gli sarà per suggerire. Per la infrazione delle esposte discipline sono inflitte delle penalità delle quali parte sono di competenza del Medico-
A seconda quindi dei casi sono applicate dal medico Direttore: A) L' ammonizione che esso Direttore può fare infliggere dall'Illustrissimo Signor Gerente in caso di recidiva; B) La privazione di porzione della dieta in corso, compatibilmente col grado e natura della malattia; C) La privazione del passeggio per tempo più o meno prolungato; D) La proibizione di alzarsi dal letto; E) L'isolamento in una delle camere annesse alle sale. Le punizioni che possono essere inflitte dall'Ill.mo Signor Gerente, sono oltre le qui designate: I. L'espulsione dall'Ospedale per tempo determinato, compatibilmente collo stato e grado della malattia, che sarà attestato dal medico; II. L'espulsione definitiva e perpetua dall'Ospedale, istantanea, o rimessa al tempo, in cui lo stato e grado della malattia a giudizio del Medico ponno permetterlo.
Il fine propostosi dagli infermi che entrano nell'Ospedale è di ricuperare la perduta salute. Uno stabilimento di Carità quale è un Ospedale è per propria natura asilo di morale, luogo di tranquillità, ove deve essere intero l'esercizio di sommessione verso coloro che hanno il mandato di restituire agli infermi la salute perduta o di alleviarne le pene e la gravezza dei dolori. Responsabile del buon andamento delle sale verso il Signor Gerente è il Medico chirurgo Primario; ed a lui pure potranno gli infermi dirigere i reclami ed esprimere i desideri, ai quali esso farà ragione se nei limiti delle proprie attribuzioni od altrimenti li esporrà all'Il.mo Signor Gerente. Sopra gli altri funzionari ed impiegati il Medico-
Art. 18. Nel tempo della visita del Medico, tanto nella mattina che nel pomeriggio nessun estraneo, abbenchè ottenuto il permesso di visita agli infermi potrà trattenersi nelle sale.
Art. 22. E’ espressamente proibito agli infermi di offrire mance e retribuzioni agli inservienti sotto qualsiasi titolo o pretesto. Per l'infrazione delle suddette discipline quando fossero tornate inutili le ammonizioni del medico Primario, l'Ill.mo Signor Gerente può ordinare l'espulsione dall'Ospedale temporanea; e quante volte occorra la espulsione definitiva.
I difetti di questo Regolamento organico saltano subito agli occhi fin dal primo capitolo intitolato Basi fondamentali Disposizioni organiche; dove, dopo la definizione dell'Ospedale ed un fuggevole cenno sulle condizioni di accettazione degli infermi si passa ad una serie di articoli, che pare si preoccupino di codificare la topografia dello stabilimento ed alcuni servizi e non tutti fra i più importanti; mettendo poi fra le basi fondamentali e disposizioni organiche che i letti debbono essere tenuti alla distanza di un metro e quindici centimetri l'uno dall'altro, che la sala di convalescenza nell'inverno è debitamente riscaldata sotto la sorveglianza del Primario e che nei tempi normali di salute pubblica e sempre dominando morbo popolare si fanno espurghi e lozioni nelle latrine ed ambienti tutti con soluzioni di solfato di ferro o di cloruro di calce a seconda dei casi e secondo il consiglio del Primario.
Il Gerente, nelle sue frequenti ed imprevedibili visite dà gli ordini necessari perchè il servizio interno proceda con regolarità e precisione; autorizza l'esecuzione delle disposizioni d'ordine interno e delle minute spese, riferendosi per le maggiori alle deliberazioni della Congregazione. Prende d'urgenza qualunque provvedimento non ammetta dilazione; controfirma i biglietti che il Primario ha segnati per l'ammissione degli infermi; stende e manda le denunce delle morti avvenute nell'Ospedale; provvede perchè gli oggetti appartenenti ai deceduti siano restituiti ai legittimi eredi; accorda elemosine di brodi, minestre, pane ai poverelli, che si presentano per questo scopo all'Ospedale; verifica se i cibi e le bevande date agli infermi sono di buona qualità e nella misura voluta; decide circa la convenienza di miglioramenti, riforme e modificazioni, compresi naturalmente quelli di natura igienica e sanitaria, da proporre alla Congregazione.
Il Capo infermiere (art. 4°) sta direttamente sotto gli ordini dell'Economo-
Il sotterramorti (art. 9) dipende dal Gerente e per esso dall'Economo, è sotto gli ordini immediati del Capo infermiere e della Guardarobiera. Incassa, previa pulizia, i cadaveri, assiste alle autopsie, pratica la pulizia e tiene in assetto le camere anotomiche, lava e disinfetta i letti e gli oggetti dei deceduti.
Il Medico chirurgo primario (art. 11) dipende dalla Congregazione ed è sotto gli ordini immediati della Gerenza facendo capo all' Economo-
Hanno l'obbligo della pulizia delle infermerie, dei letti, degli utensili e vegliano i sotto-
Il barbiere (art. 18) dipende dalla Congregazione e per essa dal Gerente; nel servizio sanitario è agli ordini del Primario, ed amministrativamente e disciplinarmente fa capo all' Economo. Esegue le ordinazioni riguardante l'arte sua trascritte dal Primario nelle tabelle nosografiche. È tenuto a rader barbe e tagliar capelli ogni sabato nelle ore prescritte, ed è pure tenuto ad accorrere ad ogni chiamata straordinaria. È a suo carico la biancheria. Non può soffermarsi nelle infermerie più del necessario alle sue funzioni. Non può recar nulla agli infermi. Per assenze chiede il permesso al Gerente proponendogli il proprio sostituto. Il Cappellano (III. Religione. Art. 19) dipende dalla Congregazione di Carità e per essa dal Gerente, dirigendosi per le cose Amministrative all' Economo -
Abita nello Stabilimento. Assiste gli infermi e celebra la Messa ogni giorno, prima della visita del Primario, nella Chiesa dell'Ospedale. Un quarto d'ora prima della dieta meridiana e vespertina accede nelle infermerie per benedire gli infermi. Fa che le pratiche del suo ufficio non coincidano con quelle del servizio medico. Consiglia i malati gravi ai doveri religiosi. Durante le visite del primario rimane nella propria stanza per avere dal medesimo notizie sul malato da assistere. Assiste costantemente i moribondi, ad ogni agonia fa recitar preci nella Chiesa del Rosario. Veglia perchè gli infermi non si diano ad azioni e parole immorali. Visita spesso le sale perchè infermi ed inservienti osservino le prescrizioni dei superiori insinuando loro la disciplina e l'obbedienza. Non può assentarsi senza permesso del Gerente.
Il Capitolo III. porta il titolo « Disposizioni disciplinari» e vi si tratta la graduazione delle punizioni. l'Ospedale era ridivenuto un pandemonio; l'indisciplinatezza, l'immoralità del personale addetto al servizio delle infermerie avevano varcato i confini del verosimile; usuali le risse, che per poco non avevano conseguenze sanguinose, e quel che ne ripugna a pensare non che a credere, usuale l'abbominevole spettacolo delle più ciniche, vigliacche speculazioni sull'impotenza ed il dolore. Ad ogni modo del marcio ce ne doveva essere e molto, se l'amministrazione di punto in bianco deliberò di far tabula rasa di tutto il suo personale sanitario inferiore. E a questo passo fu determinata da una Società di monache sfatte e da un'altra Società di frati soppressi, i quali fecero piovere opportuna come una manna l'offerta di assumere il servizio d'infermeria di cucina e di guardaroba in luogo del personale che si veniva cacciando. La Società Ospedaliera prese definitivamente stanza nel Febbraio del 1867. La Congregazione che compiva queste grandi innovazioni poteva tanto più liberamente farlo in quanto era munita di poteri commissariali, poteri che continuarono per parecchi anni.
Del resto la legge sulle Opere pie 3 Agosto 1862 esigendo un radicale e quindi difficile e lungo rimutamento di cose, aveva reso necessari questi poteri commissariali.
Ma addì 14 Maggio 1867 il Sindaco di Cento in forza del Decreto 2 Aprile 1861, dichiarava costituita la nuova e stabile Congregazione di Carità a norma della legge 3 Agosto 1862 suddetta e invitava la Congregazione, con poteri commissariali, a cedere il posto.
Il 19 Maggio seguì la consegna. Il presidente della uscente amministrazione, delegato dal Sindaco, proclamò costituita di fatto e di diritto la nuova Congregazione, i cui componenti, preso possesso dell'archivio, dei vari istituti, e visione dei regolamenti si portarono a visitare le sale dell'Ospe-
E vennero i bolognesi e fecero tosto onore alla dottissima madre mostrandosi abilissimi del loro mestiere; ma a capo di qualche mese vennero rimpatriati e sostituiti sta volta da persone centesi a cui si largirono capitolati ben ponderati, ben delineati nella persuasione forse che tutti i guai passati dipendessero dai capitolati. In questa occasione fu abolito il portiere ripartendone le incombenze tra il facchino, il capo infermiere ed il Cappellano. Il Consiglio Comunale sentì finalmente il bisogno addì 6 Febbraio 1871 di nominare una Commissione per esaminare l'azienda della Congregazione di Carità. Nel 1874 incominciarono le prime avvisaglie di un grosso avvenimento. Incominciarono d'ogni parte a piovere richieste, sollecitazioni, imposizioni perchè si accettassero cronici od invalidi all'Ospedale. Medico ed Amministrazione facendosi scudo dei regolamenti dell'Istituto cercavano di resistere a tanti assalti, ma erano più le volte che si vedevano costretti a cedere che a rimanerne superiori. Il Gerente dell'Ospedale, fattosi interprete del sentimento della cittadinanza, dichiarava addì 29 Aprile 1874 che era urgente occuparsi a risolvere la questione dei cronici e nel Gennaio del 1878 affermò il pio intendimento di aprire nell'ospedale una separata sezione destinata ad accogliere i poveri infermi cronici della città, intitolandola al nome di Vittorio Emanuele. La crudezza inaudita della tempestosa invernata del 1879 metteva alla disperazione la popolazione.
Fra questi più atrocemente soffrivano coloro che, gravi d'anni e di acciacchi, non potendo sperare ricovero dall'Ospedale, la morte, rintanati nei loro canili invocavano fra la fame ed il gelo. La Congregazione, ne anticipava il beneficio schiudendo ai cronici dei due sessi le porte delle infermerie.
Nulla di più audace perchè all'impianto non corrispondevano affatto i mezzi; nulla di più pericoloso perché mescolando in tal maniera cronici ed acuti si esponevano questi a far le spese di quelli; nulla infine di meno economico perchè gli invalidi, che tali erano appunto i ricoverati del 1879, esigono un trattamento molto meno dispendioso degli ammalati acuti, ed è un vero sperpero trattarli alla pari di quest'ultimi, come infatti in detto anno si fece. La Congregazione in un momento d'entusiasmo aveva fatto le cose con molta generosità, creando un riparto maschile di cronici di 9 letti da ridursi presto a 11, ed un riparto femminile di 14, in tutto 26 letti, con trattamento e servizio alla pari degli acuti. I risultati di questa imprevidenza non si fecero attendere, e l'enorme deficit del magro bilancio cronici convinse gli amministratori dell'errore commesso.
La Congregazione scelse di accumular le rendite dei lasciti e capitalizzarle fino alla formazione di un fondo cronici conveniente. Già nell'anno 1884 l'amministrazione aveva fatto un tentativo, deliberando le così dette Massime per l'accoglimento nello spedale dei cronici e cioè:
1° Che l'accoglimento nello Spedale dei cronici fosse sempre subordinato ai mezzi disponibili oltre il bisogno degli infermi con morbo acuto; cosicchè l'accoglimento di quelli non fosse mai di pregiudizio a questi; 2° Che il mantenimento degli infermi cronici non riuscisse in verun caso di detrimento al patrimonio dell'ente. I gravissimi disordini che avevano indotta la Congregazione a chiamare gli Ospedalieri nel 1866, si ripeterono 20 anni dopo, costringendola di nuovo a sollecitare l'aiuto di un ordine religioso; ciò si ripetè e fu cagione che addì 4 Dicembre 1886 sorgesse in seno alla Congregazione la proposta di chiamare alla sorveglianza ed alla direzione interna dell'Ospedale le sorelle della Carità istituite da S. Vincenzo de' Paoli. Nel Gennaio del 1887 fu firmata una convenzione in forza della quale: 1° La Congregazione affidava alle RR. Suore della Carità la sorveglianza e condotta interna dello Spedale Infermi della Città; 2° Una suora con la qualifica di Superiora era incaricata di sorvegliare sul buon andamento generale dello Stabilimento affidatole: da Essa dipendevano tutti gli inservienti dell'Ospedale stesso per tutto che aveva relazione coll'esatta osservanza dei loro doveri e dei Regolamenti in vigore e che eventualmente potevano essere deliberati dalla Congregazione. Essa doveva rispondere anche delle altre suore; 3° La Superiora per tutto quanto poteva concernere l'andamento ordinario delle cose a termine dei Regolamenti doveva di-
Alla Superiora delle Suore veniva dal Capitolato assegnata la vera direzione interna dell'Istituto sotto gli ordini immediati del Gerente. La convenzione del 1887 che doveva durare 3 anni, fu rinnovata alla scadenza per altri 5, e così di seguito, la qual cosa sta a dimostrare che l'Amministrazione dell'Ospedale non si è ancora pentita di aver chiamato le Sorelle della Carità. Un altro grave problema incombeva sull’Ospedale, lo svecchiamento del servizio medico-
Per la venuta delle sorelle della Carità e per l'opera assidua del personale superiore sanitario, parevano finalmente assicurati nello stabilimento l'ordine e la disciplina, dapprima così fragili ed incerti. Ma uno sguardo anche superficiale al modo con cui, sotto questo rispetto, lo stabilimento stesso funzionava, portava subito a riconoscere che la edificante compostezza dell'ambiente era in buona parte dovuta ad una qualità negativa di esso per “mancanza di lavoro”.
Codesta tranquillità da inerzia, esigeva disposizioni e servizi ad essa proporzionati; ma tali disposizioni e servizi sarebbero ben tosto diventati insufficienti per poco che un soffio di modernità, scuotendo l'arrugginito macchinario, ne avesse costretti i congegni ad un più rapido e proficuo movimento.
Due erano adunque i punti sui quali doveva fermarsi l'attenzione di chi avea l'obbligo di riformare, svecchiandolo, il servizio professionale dell'Istituto; aumentarne l'attività proficua; metterlo in condizione di poter sostenere questa maggiore e affatto nuova prestazione di lavoro.
Già da parecchi anni correvano lagni fra la cittadinanza pel grave svantaggio della mancanza di un moderno servizio di chirurgia nell’Ospedale. I preposti alle principali amministrazioni pubbliche cittadine se ne lagnavano alla lor volta e si preparavano a provvedervi, quando l'improvvisa vacanza d'una condotta di città, avendo offerta al Municipio occasione di riformare radicalmente il proprio servizio sanitario, fu il punto di partenza per l'adempimento dei voti comuni. Intanto la Congregazione per preparare l'esaudimento dei desideri della popolazione e del Municipio e d'altra parte per rispettare dovuti riguardi e convenienze, nel luglio del 1893 deliberava di mantenere al vecchio sanitario dell'ospedale l'ufficio e lo stipendio di medico-
riparto che per forza maggiore riuscì un ripiego nella speranza che in avvenire si sarebbe potuto fare qualcosa di più e di meglio. Uno speciale personale fu adibito al nuovo servizio. Si trasformò quindi, il così detto medico sostituto che era un funzionario più di forma che di sostanza, un vero e proprio assistente con obbligo di servizio giornaliero. Fu preposta alla sorveglianza e disbrigo delle molteplici mansioni inerenti ad un servizio chirurgico una suora della Carità e finalmente fu nominato un infermiere ed un'infermiera rispettivamente per ciascuna sezione del reparto, che in questo modo fu in tutto e per tutto completato. Esso doveva però servire, e serve difatti, per gli operati asettici.
Tutti gli altri, compresi anche gli affetti da traumatismo senza ferita esterna, come i fratturati, i lussati etc. per la ristrettezza dello spazio, dovevano essere ricoverati nelle ampie sezioni di medicina, le quali dispongono di camere di relativo isolamento. Provveduto al servizio di chirurgia, dopo il ritiro del vecchio direttore, si diede opera a riformare anche quello di medicina, arricchendolo di un laboratorio fatto di due ambienti l'uno per le osservazioni microscopiche, l'altro per le ricerche chimiche. A poco a poco questi gabinetti furono forniti dei mezzi più indispensabili.
Ancora era necessario riformare il servizio d'ambulanza che prima del 1894 si riduceva tutto ad una grossolana medicheria esercitata senza alcun controllo dagli infermieri. Nel 1895 adunque si stabili che l'ambulatorio meglio arredato e provvisto. Di più si dispose fosse personalmente esercitato e diretto dal primario o dal medico assistente coadiuvati da una suora. Ed un regolamento venne tosto a disciplinare questo ramo di servizio prescrivendone l'orario, specificando coloro che a norma degli statuti e delle convenzioni con altre amministrazioni avevano diritto di fruirne. La parte più ardua e più scabrosa, dopo aver provveduto a migliorare l'ambiente ed a perfezionare i servizi era senza dubbio quella di rivedere e di rifare i regolamenti propri al governo interno dell' Istituto.
STATUTO ORGANICO DELL' OPERA PIA SPEDALE CIVILE DI CENTO
Art. 1. Lo Spedale si denomina della SS. Annunziata ed è esclusivamente civile; fu fondato per lasciti privati e carità cittadina fino dal 1200.
Art. 2. Scopo di esso è di accogliere e curare gratuitamente i poveri d'ambo i sessi della città affetti da febbri o da altre malattie acute, escluse le veneree e le contagiose. Accoglie altresì gli infermi cronici per quanto può essere consentito dai fondi disponibili dei lasciti ed elargizioni avute a questo scopo. Accoglie inoltre dietro pagamento malati non poveri purchè per l'ammissione di essi non venga meno la possibilità di ricoverare i malati poveri, e così riceve i militari giusta le stipulate convenzioni, non che i malati che vengono presentati d'ordine delle Autorità in conformità alle leggi vigenti.
Art. 3. Eccettuati i casi di assoluta urgenza, nei quali gli ammalati sono ammessi all'Ospedale senza alcuna formalità e salvo le speciali convenzioni, nessun malato può ricoverarsi nell'Ospedale senza la relativa polizza di ammissione corredata del certificato medico, di quello di miserabilità e dell' ordine dell'apposito Deputato o Deputati della Congregazione di Carità.
Art. 4. In caso di morte di un ricoverato a cura gratuita, le spese di tumulazione se questa avvenga nelle forme ordinarie e semplici, non che quella per la cassa mortuaria e pel trasporto del cadavere stanno a carico dello Spedale, così le spese relative al modesto accompagno funebre ed alle consuete funzioni religiose.
Art. 5. L'Ospedale provvede al proprio mantenimento coi redditi del suo patrimonio descritto nell'Inventario, compilato in conformità di Legge e col prodotto delle diarie dei malati a pagamento.
Art. 6. L'amministrazione dello Spedale è affidata alla Congregazione di Carità che lo regge colle norme prescritte dalla Legge e dal Regolamento sulle Istituzioni di pubblica beneficenza e che ne conserva distinti lo scopo e la speciale natura e ne tiene separato il patrimonio.
Art. 7. La Congregazione per ciò che riguarda l'indole e gli interessi particolari di quest' opera pia si attiene al presente statuto.
Art. 8. Alla Congregazione stessa rappresentata da uno dei suoi membri col nome di Gerente annualmente eletto nel suo seno è pure affidata la superiore e generale direzione interna dello Stabilimento.
Art. 9. Gli impiegati della Congregazione prestano servizio anche per questa opera pia. Essa perciò, in proporzione delle sue rendite ordinarie contribuisce al loro stipendio ed alle spese dell' amministrazione generale.
Art. 10. Con apposito Regolamento da approvarsi in conformità di legge, saranno determinate le norme e le discipline per il servizio sanitario, religioso, economico e per i diversi servizi interni dello Stabilimento.
Fatti ed approvati gli statuti, venne la volta del Regolamento organico della Congregazione di Carità considerata come amministrazione generale, regolamento che, esibito ben tosto dalla Congregazione medesima, dopo alcune modificazioni fu accolto favorevolmente dal Consiglio di Stato ed approvato dalla Congregazione il 17 Febbraio e dalla Giun-
OPAC SBN: Confraternita della SS. Annunziata e Ospedale civile di Cento / Alfredo Ferranti