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BOVOLONE Ospedale San Biagio

Ospedali Nord est > Regione Veneto > Verona provincia

Il contenuto della scheda è tratto integralmente dal testo: L’Ospedale civile San Biagio di Bovolone di Remo scola Gagliardi a cura del Comune di Bovolone – 2008
Ringrazio l’amministrazione comunale per l’autorizzazione all’uso dei dati riportati

Verde de Saliceolis, moglie di Alberto I° e madre di Cangrande della Scala, che possedeva un proprio patrimonio in costante espansione, impiegò una parte dei suoi beni in opere di carità ed insieme a una certa Anfelice Fumana, il 26 maggio 1300 ordinò l'erezione di un ospitale nella terra di Bovolone, che doveva dipendere da quello di S. Daniele di Verona e che, come quello, doveva provvedere a poveri e pellegrini.  Con questa precisa finalità esse donarono all'ospitale della Casa di Dio (S. Daniele) di Verona tre appezzamenti di terra; da queste terre si riscuoteva ogni anno di fitto «un minale di formento bello».
Dal documento si deduce inoltre, che il costruendo ospitale di Bovolone apparteneva a quello di S. Daniele di Verona, dal quale era amministrato e del quale ricalcava le finalità, cioè a quelle di provvedere al ricovero e al sostentamento dei poveri e dei pellegrini, con esclusione dei malsani.
Dell'ospitale di Bovolone non abbiamo più notizie fino alle soglie del Cinquecento; è probabile che si sia staccato dalla casa madre, cioè dall'ospitale di S. Daniele, all'inizio del Quattrocento, quando quest'ultimo, già in decadenza per i danni subiti a causa della costruzione della Cittadella, fu occupato dalle milizie di quella fortezza.
Nel primo quarto del Cinquecento  poteva contare su un reddito di tre ducati all'anno ed era dotato di un solo letto di degenza. Tale situazione fu riscontrata dal vicario del vescovo
Gian Matteo Giberti durante la visita pastorale dell'8 ottobre 1526. Avendo egli constatato che l'ospitale, era in pessime condizioni di manutenzione e che il piano superiore era occupato dal cappellano don Zenone, ordinò che questo piano fosse evacuato e messo a disposizione dei poveri.
Da queste note si evince che l'ospitale di Bovolone all'inizio del Cinquecento era un edificio a due piani con il pavimento del piano terreno di nuda terra e in stato di relativo abbandono e che era utilizzato per il ricovero dei poveri.
Per quanto riguarda la conduzione sappiamo che era diretto dall'arciprete sotto la tutela del vescovo di Verona, che non mancava di controllarne l'efficienza nel corso delle visite pastorali. Nel 1553, durante una di queste, il vescovo Lippomano constatò che l'ospitale era dotato di un proprio edificio, ma non possedeva beni fondiari.
Nel 1568 il vescovo Agostino Valier trovò l'ospitale nelle stesse condizioni del suo predecessore e precisò che era dotato di una rendita di 24 ducati all'anno.
La gestione ordinaria e le spese relative erano però a carico del comune di Bovolone come ci informa un singolare documento datato 25 gennaio 1578 e intitolato Capitoli del Bidelo. Tra le varie mansioni che il Bidelo, dipendente comunale, doveva assolvere per conto del comune vi erano anche quelle di provvedere alla pulizia degli ambienti e della biancheria dell'ospedale e di assistere i poveri e gli infermi in esso ricoverati.
«Sarà obbligato far netti li linzoli dell'hospedal et tener netto e ben governado tutte le robbe di detto ospedale»;  «Il nostro comune sia obbligato a darli la legna da brusar quando farà la lissia sopra li linzoli dell'hospedal»; «Che sia obbligato alloggiar con carità li poveri et custodirli che non facino insolenzia et haver cura delli poveri infermi>>.
Dal confronto delle visite pastorali con lo statuto del 1578 si deduce che nel corso del Cinquecento, e nei secoli successivi, l'ospedale era diretto e controllato dall'autorità ecclesiastica, arciprete e vescovo, mentre le spese di gestione erano a carico della comunità rurale.
Fu nel Settecento che l'ospitale di Bovolone cominciò ad assumere qualche connotazione che riguardava la diagnosi e la cura dei malati e non solo l'assistenza dei poveri.
Vennero introdotte le figure del medico e del chirurgo per curare gli ammalati che erano stati ammessi nell'istituto. Nell'estimo della comunità di Bovolone del 1752 furono stanziati ben 200 ducati per gli stipendi «del Medico e del Chirurgo».
A questo punto dell'antico ospitale di Bovolone si perdono le tracce. Dal Catasto Napoleonico (1813) apprendiamo che, in quell'anno, il fabbricato su cui insisteva l'antico ospedale era censito come casa da castaldo e apparteneva ai fratelli Giacomo e Lodovico Terzi che avevano rilevato, nella seconda metà del Settecento quasi tutti i fabbricati dell'isolato.
Il 24 dicembre 1861 per sovrana risoluzione, la direzione e l'amministrazione degli istituti e dei fondi di pubblica beneficenza delle città del Regno Lombardo-Veneto stabilì di concentrare gli istituti di beneficenza dei vari comuni in un'unica Congregazione di Pubblica Beneficenza.
Le sostanze capitalistiche, le attività e le passività delle singole congregazioni erano sottoposte alla superiore tutela e ispezione dei Collegi Provinciali e della Congregazione Centrale. Il consiglio comunale di Bovolone, in ottemperanza alle disposizioni di legge, il 31 ottobre 1867 deliberò di istituire la Congregazione di Carità in sostituzione del cessato Pio Istituto Elemosiniere. Il consiglio direttivo della Congregazione di Carità era composto da un presidente e da quattro membri, che duravano in carica quattro anni e che venivano rinnovati dal consiglio comunale. Le adunanze ordinarie si tenevano ogni primo giorno del mese. In effetti, le nomine si limitavano al presidente e a due membri in quanto una carica spettava di diritto al parroco di Bovolone e quella di amministratore e tesoriere era ricoperta fino dal 1844 dal cav. Domenico Vaccari, che era considerato inamovibile. Il primo consiglio della Congregazione si riunì il 6 settembre 1869.
Verso la fine degli anni Settanta dell’800 l'idea di istituire un vero e proprio ospedale, venne accettata da tutti i componenti del consiglio direttivo che, nel 1878, la proposero all'amministrazione comunale. Il 6 aprile dello stesso anno il consiglio comunale espresse un parere di massima favorevole alla proposta.
Essendo giunta alla Congregazione di Carità un'offerta di L. 10.000, finalizzata alla costituzione di un ospedale, da "persona non nominata" il consiglio comunale deliberò l'istituzione di un ospitale da ubicarsi nei fabbricati della corte Moraron, già Vicentini, poi proprietà della Congregazione di Carità, alla quale venne affidata l'amministrazione della nuova istituzione. In questo modo l'istituto, che assunse la denominazione di Congregazione di Carità con Ospitale, dovette provvedere all'amministrazione di due componenti con finalità diverse e che avrebbero dovuto tenere bilanci separati.
La prima, erede del vecchio Pio Istituto Elemosiniere e che aveva scopi di beneficenza, doveva assistere i poveri a domicilio tanto con medicinali che con sovvenzioni e costituire le doti alle ragazze povere del paese, secondo la volontà dei legatari. La seconda era tenuta ad organizzare l'assistenza e la cura degli ammalati poveri d'ambo i sessi degenti nell'ospitale. Il 20 giugno 1881 il consiglio direttivo approvò lo Statuto Organico della Congregazione di Carità con Ospitale, che venne ratificato con regio decreto il 10 luglio 1881.
Tale statuto definiva gli scopi e la forma di amministrazione dell'istituto e precisava anche che il personale dipendente fosse distinto in amministrativo (un segretario ragioniere e un tesoriere) e di assistenza, formato da tre suore di Carità e da un infermiere. L'assistenza sanitaria era affidata al medico condotto del primo riparto, ossia della prima condotta, che non riceveva alcuna retribuzione dalla Congregazione in quanto era compito istituzionale del medico della prima condotta provvedere anche all'ospedale e per questo era stipendiato dal comune. Nel 1880 la degenza media ospedaliera fu di dieci ammalati con costo di L. 60 al giorno per ogni presenza.
Gli anni successivi all'istituzione dell'ospedale furono dedicati all'organizzazione dei servizi e alle modifiche delle strutture per renderle più idonee alle nuove funzioni.
Il 31 dicembre 1881 il consiglio direttivo decise di acquistare il mobilio e tutti gli altri oggetti necessari per l'arredamento dell'ospedale, dell'ufficio e della cappella. Venne redatto un dettagliato inventario di tutti gli oggetti con relativo costo.
Il problema delle scelte e dell'acquisto dei medicinali fu risolto mediante una convenzione stipulata il 30 maggio 1885 tra la Congregazione e i farmacisti di Bovolone. I farmacisti si impegnarono a fornire agli ammalati poveri di Bovolone e Villafontana, tanto a domicilio quanto in ospedale, i medicamenti ordinati loro dai medici e chirurghi condotti in base a tariffe prestabilite.  Il 28 settembre 1888 il consiglio direttivo decise la ristrutturazione della sala di degenza riservata agli uomini perché gli ammalati non fossero costretti a soggiornare in camere umide e non igieniche.
Il 10 novembre 1894 morì il cav. Domenico Vaccari e quindi entrò in vigore il suo testamento del 1864 e il successivo codicillo del 28 febbraio 1885, con il quale egli lasciava alla Congregazione di Carità con Ospitale la somma di L. 12.000. Lire 9.000 del codicillo dovevano essere impiegate per l'istituzione «di un piccolo Ricovero per i vecchi e impotenti annesso all'Ospitale e diretto dalle stesse Suore di Carità».
Da quell'anno furono allestite alcune stanze riservate ai vecchi, sia inabili che autosufficienti, all'interno del palazzo dominicale e l'istituto assunse il titolo di Congregazione di Carità con Ospitale e Ricovero.  Non vi è dubbio che all'interno della Congregazione l'ospedale assunse progressivamente un ruolo preminente, soprattutto dal 6 ottobre 1896 quando con Regio Decreto venne retto a Ente Morale con il titolo di Ospedale Civile S. Biagio.
L'efficienza dell'ospedale era, ovviamente, legata alle capacità del medico che vi operava. Da questo punto di vista la situazione migliorò sensibilmente nel 1910 quando il dott. Angelo Cappa vinse il concorso della condotta del primo riparto sanitario, alla quale era legato il compito di seguire i malati ricoverati nell'ospedale di Bovolone. Egli si dedicò con grande impegno a questa parte della sua attività professionale e promosse molte iniziative per lo sviluppo dell'istituzione. Tra queste ebbe particolare rilievo la sua propensione a eseguire anche interventi chirurgici. Tale opportunità spinse il comune a riorganizzare le condotte medico-chirurgiche e il 15 dicembre 1923 emanò un nuovo regolamento che confermava al medico condotto del primo riparto la direzione dell'Ospedale-Ricovero con l'obbligo di avvalersi dell'assistenza del medico condotto del secondo riparto negli interventi chirurgici. Unicamente nei casi d'urgenza il direttore poteva operare da solo. Egli era autorizzato a compiere l'autopsia dei cadaveri ogni qualvolta lo ritenesse di utilità pratica. Il medico condotto del secondo riparto doveva sostituire gratuitamente il direttore nel servizio dei malati dell'ospedale in caso di malattia o di assenza temporanea. La Congregazione di Carità si rese utile anche in caso di calamità eccezionali come successe nel 1917, durante la ritirata di Caporetto quando elargì assistenza a molti soldati sbandati e alle famiglie dei profughi.
Per esprimere un senso di gratitudine a tutti coloro che generosamente avevano contribuito a costituire il patrimonio dell'istituto, il consiglio direttivo del 4 febbraio 1929 deliberò le norme per la designazione dei Benefattori e dei Benemeriti della Congregazione di Carità. Le disposizioni speciali che stabilivano per quali benemerenze si avesse titolo all'onore di essere ricordati quali Benefattori o Benemeriti, erano le seguenti:
1) Saranno considerati quali Benefattori dell'Istituto quelli che per atto di donazione o per testamento cedessero o legassero all'Ospedale almeno un capitale che al tasso del 5% dia la rendita corrispondente alla retta minima di un malato del Comune di Bovolone per un anno (medicina) in base alla tariffa approvata;  2) Saranno considerati quali Benemeriti dell'Istituto quelli che per atto di donazione o per testamento donassero o legassero all'Ospedale almeno un capitale corrispondente alla retta massima di un malato del Comune di Bovolone per un anno (chirurgia) in base alla tariffa approvata;  3) Saranno inoltre considerati quali Benemeriti dell'Istituto i Medici Direttori dell'Ospedale che abbiano prestato il loro servizio all'Ospedale almeno per 20 anni con speciale zelo ed attività, erogando durante la vita o per disposizione testamentaria a favore dell'Istituto almeno un capitale corrispondente alla retta giornaliera minima di un ricoverato dei Comuni Foresti ragguagliata ad un anno in base alla tariffa approvata;  4) L'Amministrazione dell'Ospedale potrà quando lo creda doveroso, tramandare ai posteri fra i Benemeriti anche i nomi di altre persone dell'uno o dell'altro sesso che abbiano dato per molti anni l'opera disinteressata e benefica a pro dei malati e dell'Amministrazione dell'Ospedale, con riguardo speciale ai casi di epidemie o calamità e che per ragioni economiche non possano fare offerte.
I nomi dei Benefattori e dei Benemeriti vennero incisi su due lastre marmoree poste nel salone d'ingresso del palazzo dominicale. Tali lastre andarono distrutte al momento della demolizione del palazzo, ma i nomi vennero nuovamente scolpiti su due lapidi in marmo rosso di Verona che ora si trovano all'ingresso del nuovo ospedale.
Tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta l'amministrazione della Congregazione di Carità decise di intervenire sulle strutture murarie della corte Moraron per adeguarla alle crescenti esigenze di ricezione e alle nuove tecniche diagnostiche.  Il 22 ottobre 1929 fu deciso di dare inizio ai lavori di ampliamento e di restauro dell'Ospedale e del Ricovero.
Con questa serie di interventi l'Ospedale-Ricovero fu in grado di contenere 25 posti letto per i degenti e 40 posti letto per gli inabili del ricovero, e la sala operatoria con tutti i servizi distribuiti tra il palazzo dominicale e le sue adiacenze. L'ambulatorio medico, il pronto soccorso e il gabinetto radiologico erano dislocati nel nuovo fabbricato  che serviva anche da ingresso e da portineria. Tale distribuzione rimase quasi immodificata fino agli anni Cinquanta. Dopo la ristrutturazione degli edifici, il consiglio direttivo della Congregazione di Carità mise mano alla riorganizzazione interna dell'istituto anche perché la componente ospedaliera era diventata preponderante.
Il 29 marzo 1932 il consiglio direttivo approvò il nuovo Statuto Organico che venne ratificato con reale decreto l'11 gennaio 1934. Nei 17 articoli che lo componevano vennero presi in considerazione i beni patrimoniali espressamente riservati all'Ospedale Civile S. Biagio, separandoli da quelli elargiti alle attività di beneficenza; gli scopi dell'istituto; le modalità di ammissione al reparto ospedaliero e al reparto asilo inabili; le modifiche dell'amministrazione interna. Queste ultime consistettero nell'istituzione di una gestione separata tra Ente Ospedaliero-Ricovero e il resto della Congregazione, cioè il Pio Istituto Elemosiniere e il Monte dei Pegni. Allo scopo di chiarire meglio le caratteristiche dell'Ospedale-Ricovero riportiamo integralmente alcuni passi dello statuto:
Art.2 L'istituto ha per scopo di provvedere gratuitamente al ricovero, alla cura e al mantenimento, nei limiti dei propri mezzi, degli infermi e dei poveri di ambo i sessi, aventi il domicilio di soccorso nel comune, i quali non abbiano congiunti tenuti per legge a provvedere alla loro sorte ed in grado di poterlo fare. Può inoltre, sempre quando lo conceda la eccedenza dei mezzi, provvedere al ricovero, al mantenimento ed alla assistenza, in uno speciale reparto, dei poveri di ambo i sessi inabili al lavoro proficuo, in conformità dell'art. 2, aventi il domicilio di soccorso nel comune e che non abbiano parenti tenuti per legge a provvedere alla loro sorte ed in grado di poterlo fare.
Il comune sarà chiamato al rimborso delle maggiori spese che dovessero essere sostenute per numero dei ricoverati oltre a quello consentibile della rendita dell'ente.
Potrà provvedere al ricovero, alla cura ed al mantenimento degli infermi e degli inabili di ambo i sessi appartenenti ad altri comuni, mediante pagamento da parte di questi delle rette che saranno annualmente determinate. Infine potrà accogliere infermi ed inabili di ambo i sessi che pagano con mezzi propri le rette che saranno per categoria annualmente stabilite.
Art. 3 La misura delle rette per i malati poveri e ricoverati è deliberata dall'amministrazione ed approvata dal prefetto. Nell'ammontare delle rette devono intendersi computate le spese di ricovero, di mantenimento e di cura medico-chirurgica, di medicazione e di qualsiasi altro trattamento curativo attinente all'esercizio delle singole branche della medicina e della chirurgia, senza diritto dell'amministrazione ospedaliera a rivalsa per qualsiasi altra spesa secondaria: e parimenti senza diritto dei sanitari a compensi speciali per le singole prestazioni. La giornata di entrata e quella di uscita debbono essere computate con una sola giornata di presenza.
Art.4 Nel caso di domande di ricovero contemporanee eccedenti il numero dei letti disponibili per la cura gratuita, sono preferiti gli infermi che abbiano bisogno urgente di soccorso a giudizio dei medici.
Art 5 Nel regolamento interno sono determinate le norme per l'ammissione degli infermi, il cui ricovero non sia fatto seguire d'urgenza, o per le loro dimissioni e le garanzie da richiedere per il pagamento dei malati non ricoverati gratuitamente.
Art. 6 Salvo contrarie disposizioni di legge, non possono essere accolti infermi cronici, ad eccezione dei casi in cui la malattia attraversi una fase di acutizzazione e limitatamente alla durata di questa. Non possono del pari essere accolti gli infermi di malattia infettiva a carattere contagioso o diffusivo. Il loro accoglimento è consentito soltanto quando vi sia la possibilità di assicurare ad essi un isolamento perfetto. Sono esclusi dal divieto di ammissione gli infermi di malattie celtiche e di tubercolosi nelle sue varie manifestazioni. Quando però trattasi di tubercolosi il ricovero non potrà aver luogo che in locali separati, ai sensi dell'art. della Legge 23 giugno 1927 n. 1276. Per i fanciulli di età inferiore ai 15 anni il ricovero dovrà aver luogo in locali separati, quando sia possibile.
Per completare le norme necessarie al buon funzionamento dell'istituto, il 27 aprile 1935 il consiglio di amministrazione approvò il nuovo regolamento interno dell'Ospedale Ricovero S. Biagio. Con questo strumento furono regolamentati il servizio medico-chirurgico e farmaceutico, il servizio religioso e il servizio infermieristico.
Art. 25 Il servizio interno disciplinare e quello di infermeria, cucina, dispensa, guardaroba, ecc., vengono diretti e sorvegliati da una suora col titolo di superiora.
Vi sono altresì n. 4 Suore infermiere; 1 Suora guardarobiera; 1 Suora addetta alla cucina con l'assegno per ciascuna di annue L. 844,80.
I bassi servizi sono disimpegnati:  a) da un inserviente infermiere con salario di L. 2.640;  b) da un'assistente di cucina e secchiaio col salario di L. 739,20;  c) da una lavandaia col salario di L. 739,20. Gli assegni sopra esposti sono già ridotti in conformità al R.D.L. 20 novembre 1930 n. 1491.
Art. 26 Il personale di cui sopra godrà, inoltre, del vitto e dell'alloggio gratuito nell'interno dello stabilimento.
Art. 37 Le suore di Carità accudiscono ai lavori di cucina, somministrano le medicine e gli alimenti nel modo prescritto dal medico chirurgo agli ammalati, attendono al bucato e acconciano le biancherie. Esse hanno la sorveglianza continua nelle sale e stanze nosocomiche, fanno la veglia notturna e assistono continuamente al letto l'ammalato che ne abbia bisogno. Le suore assistono anche, occorrendo, alle operazioni chirurgiche e si prestano a tutto ciò che a tale scopo venisse richiesto, dal chirurgo operatore o dal suo assistente. Esse per altro ne devono venire dispensate ogni qualvolta vi esistano ragioni di pudore.
Per l'esercizio di infermiere si richiede: 1) Patente d'idoneità; 2) Età maggiore; 3) Certificato di proscioglimento dal corso elementare obbligatorio; 4) Certificato di buona condotta; 5) Fedina criminale di data recente; 6) Stato di famiglia; 7) Iscrizione  al P.N.F.  L'infermiere viene assunto dall'amministrazione con mercede convenuta. Egli dipende direttamente dalla superiora o dalle suore di Carità nonché dal medico direttore e deve eseguire sia di giorno che di notte qualunque ordine gli venga impartito. Sono in particolar modo servizi dell'infermiere: l'assistenza e la pulizia ai malati e il trasporto dei medesimi alla sala operatoria o all'apparecchio dei raggi, la pulizia delle sale e dei corridoi, la pulizia delle latrine e dei vasi da notte, il rifacimento dei letti, l'assistenza alle operazioni chirurgiche. Nei ritagli di tempo dovrà prestarsi per i servizi di cucina, per le provviste dai fornitori, per le missive od altro che gli venisse comandato dai sigg. preposti alla direzione.  Compatibilmente con le esigenze dei servizi d'ospedale, dovrà altresì prestare la propria opera nell'orto, in cantina, nella legnaia ecc. Come si può rilevare da quanto esposto l'assistenza ai malati era affidata quasi esclusivamente alle suore, mentre l'infermiere, dalle molteplici risorse, si occupava in realtà dei servizi generici.
L'ultimo atto della Congregazione di Carità fu quello di modificare parte del titolo dell'istituto che divenne Ospedale Civile e Asilo Inabili di S. Biagio. Tale variazione fu ratificata con decreto reale il 24 luglio 1936.




 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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