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LA SPEZIA Ospedale S. Andrea

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Il contenuto della scheda è tratto integralmente dal saggio pubblicato su: La Spezia - Rassegna municipale N° 8/9-1980 -L'Ospedale  S. Andrea dal 1479 ai giorni nostri a firma di Casimiro Bonfigli autore dell’omonimo testo "L'Ospedale Sant'Andrea - La Spezia 1479-1979", Genova Agis Editore, 1979


L'evoluzione subita dall'Ospedale dal 1479 al 1979 è notevole. Agli inizi, aveva la funzione di ristorare gli affamati, vestire i poveri, nutrire i fanciulli orfani e reietti, amministrare il necessario agli infermi.
Il concilio di Nicea (325) aveva ordinato che in ogni città sorgesse un luogo separato per i pellegrini infermi e poveri; i monaci si erano dedicati con trasporto ammirevole a questo compito. San Benedetto, nella sua regola, prescrive che "prima di tutto e soprattutto si abbia cura dei malati" (reg. 36).
Il golfo della Spezia è stato uno dei centri più fiorenti della vita monastica, legata alla regola di S. Benedetto.
Al monaco era affidata l'Amministrazione dell'Ospizio e l'assistenza degli infermi, mentre la direzione sanitaria spettava al medico laico. Qualunque pellegrino, viandante, sbandato, infermo, aveva diritto all'ospitalità, mentre gli ammalati poveri del luogo venivano curati nelle loro abitazioni.
D'altronde le attrezzature di cui disponevano tali ospizi erano dirette a sovvenire l'alimentazione ai pellegrini e ai viandanti sofferenti più che a restituire la salute con criteri moderni.
Alla Confraternita della santissima Annunziata va il merito di avere realizzato, nel secolo XV, un ospizio la cui attività non era riservata solo ai pellegrini e ai propri affiliati, ma assunse carattere pubblico nel senso più estensivo. Per questo motivo la posizione topografica  centralizzata, in cui l'ospedale venne a collocarsi, rappresentò il nuovo ordinamento del laicato nell'attività ospedaliera. Nessun rapporto con la comunità monastica dei benedettini, nessuna dipendenza da particolari corporazioni di arte e mestieri; i fondatori provvidero a dirigere l'ospizio e lo amministrarono come istituzione distinta dalle loro attività di mercanti e di artigiani, perché l'Ospedale è patrimonio comune da potenziare per la sicurezza di tutti.
La Confraternita dell'Annunziata era la principale fra le quattro Compagnie della città e possedeva l'oratorio adiacente alla chiesa di S. Maria. Li si raccoglievano per l'ufficiatura e per le istruzioni i membri dell'Annunziata, tutti impegnati a elargire elemosine ai poveri, fare visite periodiche ai malati e ai carcerati, assicurare la dote alle fanciulle povere, accompagnare i cadaveri alla sepoltura e assicurarne il suffragio.
La Spezia ebbe il suo ospedale nel novembre del 1479.
Il titolo di S. Maria, dato dai Massari all'Ospedale fu mutato dal popolo in Ospedale di S. Andrea, probabilmente perchè prossimo alla porta recante l'immagine del Santo.
La capienza dell'Ospedale rispondeva alle normali esigenze della popolazione. Nei locali a terra, erano sistemate la cantina, il magazzino, la cucina e altri locali compresa la stalla per il cavallo del Vicario della Spezia.
La parte superiore dell'edificio era divisa in quattro sezioni: la prima, con sei letti, era riservata ai pellegrini e ai malati; la seconda spettava ai pellegrini appartenenti a ordini religiosi; la terza ermeticamente separata con porte chiuse, era occupata dalle donne: conteneva tre letti; a fianco, verso le scale, era la sede dell'ospedaliere; era riservata agli sbandati o esuli o erranti la quarta sala. I letti erano formati da cavalletti, che sostenevano tavole di legno, verniciate, su cui poggiava il pagliericcio. I pagliericci erano preferiti ai materassi di lana. Solo nel sec. XIX furono introdotti nell'ospedale i letti di ferro.
Circa il funzionamento dello Spedale abbiamo un quadro rassicurante: i magnifici Priori della Confraternita, insieme al Consiglio, eleggevano, ogni anno, quattro massari per il servizio e il governo dell'Ospedale, per somministrare il nutrimento, le medicine, e la biancheria, necessarie ai ricoverati, nonchè ai pellegrini e a quanti entravano nell'ospizio. Tutto era pulito, ben conservato e l'assistenza era ininterrotta.
I massari dell'Ospedale avevano il compito più oneroso tra quelli della confraternita e quello di maggior riguardo. Erano affiancati da due visitatori degli infermi, due pacificatori, due maestri razionali.
Nel 1469 la peste arrivò a tal grado di pericolosità che il 6 ottobre il Governatore ducale di Genova, scrisse al Capitano della Spezia "perciochè habiamo inteiso che in la Spezia et ville la contagione et morbo fa grande processo et che in quelli loci da nulla persona è data alchuna provisione et remedio maxime che sedice li corpi morti stare in le case da iorni quinque in sexe: la qual cosa a noi è molto grave et molesta; et perchè havevamo data cura et balia grandissima ad Antonio de Blasia che avesse buona diligentia de tal cosa et da lui non habbiano havuto in responsione in advisatione et ne pare omnino necessario che a tale cosa si dia presto remedio". Ma il male imperversava senza che alcuno riuscisse a bloccarne la diffusione.
Alla peste e alle azioni militari, che paralizzavano il commercio e l'agricoltura, seguiva o l'accompagnava la penuria dei generi alimentari: nel 1590-91 il pane era salito da 20 a 50 lire genovesi e il Sindaco della università della Spezia fece appello al Senato perchè lasciasse "passo libero" all'approdo di qualche nave recante grani, o alla importazione per via terra, poichè "non vorranno permettere che li sudditi come membra loro habbiano a morir di fame come securamente seguirà se non li viene dato aiuto". La gente affamata, era "costretta a vivere d'herbe e con fatica ne trova tante, che a pena, e malamente possano vivere".
Il 5 febbraio 1591 i cittadini "hormai sono giunti a tal termine che molti di loro ridotti in estrema necessità e disperatione sono astretti a pascersi d'erbe, abbandonar le proprie famiglie e finalmente morirsene di fame nelle proprie case".
Nel secolo XVII la situazione assunse aspetti terrificanti "mercè agli signori genovesi che non permettono vi si scarichi (a La Spezia) vascello alcuno o mercanzia, ma il tutto vogliono a Genova per tenerla più abbondante". A completare il quadro, il Senato, nel 1640, approvò il progetto di Marco de Franchi di interrare il golfo mediante la deviazione in esso del fiume Vara.
Di fronte a tutte queste calamità risalta la forza d'animo, la laboriosità, la profonda fede religiosa che indussero gli spezzini a contare solo sulle proprie forze, a procurarsi delle risorse mediante la propria genialità, a darsi uno stile di vita più che ligure, autoctono.
Aumentarono i lasciti dotali affidati alla confraternita dell'Ospedale per le giovani povere della città e fu ribadita la finalità primaria dell'Ospedale "che è stato istituito per sovvenire alle necessità dei poveri", quindi ai pellegrini è da provvedere in altro modo.
La costruzione del 1479, in quasi duecento anni, ebbe riparazioni, adattamenti e trasformazioni suggerite dalle accresciute esigenze, ma nel 1673 i Protettori ne decretarono un restauro radicale, correggendo, ampliando, ammodernando la struttura preesistente. Ne risultò un casamento i cui edifici erano collegati da ampio terrazzo. E si crearono nuovi locali per i pellegrini e per le donne partorienti con adeguati servizi e più confortevole assistenza.
Fino alla metà del sec. XVIII, nel territorio ligure, le istituzioni religiose non avevano subito vessazioni. Il 27 maggio 1758 il Senato stabilì una differenza tra confraternite ecclesiastiche e confraternite laiche, allo scopo di ridurre l'influenza degli ecclesiastici nella vita civile. Seguirà la soppressione degli ordini e delle congregazioni religiose e
l'incameramento dei loro beni.
Nel 1769 l'occupazione anglo-austro-russa acquartierò truppe un pò ovunque, e nel marzo del 1795 gli inglesi, in conseguenza del conflitto a Capo Noli, sbarcarono circa 300 soldati feriti e li abbandonarono sulla spiaggia.
Nel 1803 il territorio della Liguria fu diviso in 6 giurisdizioni amministrative: La Spezia fu capoluogo della quarta. Nel fervore di iniziative derivate dal nuovo assetto territoriale, l'Amministrazione civica, cui era passata la proprietà dell'Ospedale, decise di potenziare e ingrandire lo stabilimento. Ottenne il 21 agosto 1804 dal ministero dell'Interno che gli infermi ricoverati nella prima sede dell'Ospedale S. Andrea fossero trasferiti provvisoriamente nell'ex convento tolto ai frati di S. Francesco di Paola. Sopraggiunto il Governo francese, il vantaggio provvisorio diventò definitivo per decreto imperiale del 25 giugno 1806. La questione avrà uno strascico, dopo la caduta di Napoleone, - e verrà conclusa dal Re di Piemonte nel settembre 1823.
L'Ospedale inizia il secondo periodo della sua storia. L'aumento della capacità recettiva era imposta dalla soppressione di tutti gli ospedali e delle confraternite che si occupavano dei malati; era anche richiesta dall'aggregazione alla Spezia delle nove parrocchie del Comune.
Fu costituita la Commissione amministrativa con l'obbligo di due adunanze mensili; venne istituito il regolare servizio di vigilanza affidato all'Ordinatore generale con piena autorità per la provvista sollecita di cose relative all'Ospizio. Un'ispezione quotidiana consentiva, in ore e modo a piacere dell'Ispettore, il controllo sull'andamento dell'Ospedale.
Per il servizio sanitario al medico e al chirurgo fu imposto che, nelle ordinarie due visite quotidiane ai malati, venissero inclusi i militari, i mutilati e i prigionieri.
L'infermiere maggiore era tenuto ad accompagnare sempre i Sanitari nelle visite; anche l'Economo doveva assistere per istruzioni inerenti le sue funzioni.
Registri distinti per i pensionati, i prigionieri, i militari e i civili venivano usati dai sanitari per segnare le varie diete e da questi registri derivava il computo quotidiano dei presenti nell'Ospedale.
Con scrupolosa esattezza ogni giorno andava attuata la registrazione del prelievo dei medicinali, secondo le prescrizioni mediche, controllate dal farmacista fornitore. Di tutte queste cose l'Ispettore doveva controllare l'osservanza e riferire con un rapporto al Presidente. Le infrazioni erano soggette a punizione secondo la gravità.
Nel 1808 Napoleone costituì La Spezia sede di Prefettura marittima coll'intento di creare nel golfo la prima base navale del suo impero. Motivo di orgoglio per la città, ma anche di preoccupazione, poichè gli stanziamenti militari e di operai per l'attuazione delle opere, avrebbero assicurato un maggior numero di bastardelli e di degenze nell'Ospedale per malattie e per infortuni sul lavoro.
Nell'estate del 1812 una febbre perniciosa serpeggiò tra i soldati della guarnigione. E l'Ospedale subì una crisi: mancavano i sussidi, mancavano i generi alimentari, il vestiario per i bimbi esposti, i medicinali, mancava la biancheria e le coperte di lana in prossimità dell'inverno, e urgeva la costruzione di una nuova infermeria di 40 letti. I beni già appartenuti alle Confraternite, i legati, i censi non bastarono per impedire il dissesto finanziario, triste retaggio della dominazione francese. Di conseguenza, i nuovi amministratori sopprimono l'Ufficio di economo, riducono l'onorario al medico, al chirurgo, all'ospitaliere, al ricevitore, al segretario.
Nel 1816-17 la situazione è "violenta", dicono gli amministratori, perchè l'Ospedale con quaranta e più ammalati a causa della cattiva stagione e delle calamità, non ha denaro in cassa e le fatture dei mesi di gennaio e febbraio sono da saldare. C'è una lista di "debitori arretrati della Pia Opera per una somma totale considerevole, ma la massima parte di essi, per le angustie dei tempi e per la straordinaria modicità degli ultimi raccolti, non è assolutamente in grado di soddisfare, per ora, il debito".
Gli amministratori sono persuasi che entro pochi mesi l'aggravio economico sarà quadruplicato. E il disagio viene acuito con la diffusione tra i civili del tifo petecchiale, nell'inverno 1817, che segnò la morte di buona parte della popolazione, affamata e desolata. La circostanza favorì il fossaiolo dei morti o becchino, al quale era stata sospesa la  retribuzione dal Presidente dell'Ospedale. Le numerose mortalità reclamavano il suo  intervento più frequente, invece il becchino allentò il servizio. Ma anche nel campo sanitario ci furono defezioni.
Il sostegno per riequilibrare la vita dell'Ospedale è dato in questa circostanza dagli spezzini. Quaranta famiglie iniziarono una sottoscrizione che le impegnava a versare £ 10 annue per assicurare all'Ospedale un ottimo primario chirurgo. Fu migliorato il trattamento al segretario; l'archivio venne trasferito nella nuova sede insieme con gli uffici di amministrazione: una sala fu destinata alla Presidenza per le assemblee del Consiglio.
Fino al 30 giugno 1835 provvedeva alla cucina un infermiere che percepiva una retribuzione in rapporto al numero dei malati. Questo metodo procurò noiosi e ripetuti inconvenienti. Perciò "dopo il più maturo scrutinio" l'amministrazione decise di affidare questa e altre mansioni alla congregazione delle Suore, fondata dal can. Antonio Gianelli, che fu poi vescovo di Bobbio ed era nato in territorio spezzino.
Oltre la cura del vitto e l'assistenza ai malati, le Suore ebbero l'incarico della scuola a circa 40 fanciulle dell'Ospizio.
Nel 1841 si pensò di chiedere allo Stato la concessione dell'antico ospedale per aprirvi l'orfanotrofio delle ragazze con la loro scuola. E la concessione fu immediata, ma passarono due anni prima del possesso.
Nel servizio dei malati le suore meritarono la stima e l'apprezzamento di tutti. Alla superiora vennero affidati ampi poteri per l'assistenza agli infermi, il servizio di farmacia, la conservazione della biancheria e di tutto il materiale dell'ospizio.
Nel 1849 confluirono a La Spezia oltre tremila soldati della brigata Lombarda. Il collegio del Poggio, l'antico ospedale e  il Sant'Andrea servirono ad accogliere i militari infermi, il cui numero "eccedeva di dodici volte e più, quello dell'ordinaria popolazione dell'ospizio, ed era tanto più faticoso perchè distribuito in tre luoghi diversi. Ogni giorno erano in cura 450 militari".
Dopo la loro partenza, il 7 maggio 1849 l'Ufficio dell'Ospedale spedì un rapporto al Comandante della Divisione Lombarda e al Commissario di Guerra, poiché era "pubblico ormai e notorio" che un forte numero di militari commise "furti di ogni genere, tanto nelle case come nelle botteghe e pubblici stabilimenti". Si esigeva l'immediato pagamento di 34 coperte di lana a due piazze, di 22 lenzuola a due tele, e di 6 pagliericci a due piazze, che furono sottratti all'ospedale nel 1848-49.
Il problema dello spazio e dell'arredamento era di attualità  nel 1856, per l'affluenza di truppe. La Spezia diventò l'emblema della nuova Italia: masse fluttuanti di operai in cerca di lavoro, costruzioni imponenti per dare alla nazione la base della Marina italiana, sogni di grandezza echeggiavano dal Parlamento sulla stampa e attiravano l'interesse degli estranei, che contribuirono all'aumento degli abitanti. Ingrandirono l'agglomerato urbano con moderne costruzioni per i militari e per i civili, ma l'affluenza di tanta gente, e tutta contemporaneamente, provocò focolai di malattie, in parte derivate dalla mancanza di fognatura adeguata e di tante altre attuazioni necessarie per tutelare la salute degli abitanti.
La causa principale delle ripetute epidemie va ricercata nello stato di vita di questi operai, ammassati in fondi umidi e malsani, costretti a dormire sotto porticati senza riparo, o sotto tettoie, o in baracconi dell'Impresa o del Governo, ma male riparati e vicino a cumuli di immondizie, depositate attorno alle baracche.
Malgrado queste calamità l'ospedale segnò, sullo scorcio del secolo, pagine di gloria. Le corsie, di nuovo insufficienti, reclamavano restrizioni nelle scelte dei ricoveri e un piano di ingrandimento dell'edificio oppure una nuova sede; questa fu la scelta unanime.
La prima pietra fu posta alla presenza del re Vittorio Emanuele III il 19 giugno 1904. L'ospedale poteva contenere trecento posti letto. I malati vi furono trasferiti il 18.6.1914.
Gli avvenimenti successivi sono presenti a molti cittadini anziani, che hanno visto la città raggiungere e superare i 100.000 abitanti e ingrandire l'Ospedale fino a mille posti letto con la qualifica di Ospedale di prima categoria, meritata per la validità della sua efficienza. La distruzione a cui la seconda guerra mondiale colpì anche l'Ospedale, ne annientò l'efficienza, ne disperse i degenti, condannò all'esilio o alla prigionia i sanitari, procurò morti e danni incalcolabili.
Eppure dalle macerie fumanti il personale ospedaliero trasse l'invito alla immediata ricostruzione, perchè la rinascita del Sant'Andrea infondeva nei cittadini un segno di speranza, offriva un mezzo di sicura fiducia.
A distanza di pochi anni tutti poterono constatarne l'efficienza: la città è risorta insieme con l'Ospedale.
L'annessione dell'ex sanatorio del Felettino al complesso ospedaliero sant'Andrea è solo un aspetto del cammino verso i nuovi destini.



 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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