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Le poche informazioni le ho recuperate al link della testata on-
https://www.rivistasantamariadelbosco.it/index.php/second-
I fratelli Manno di Serra San Bruno, chirurghi della scuola romana tra le prime e migliori del mondo sacrificarono se stessi, i propri interessi, i lussi e gli onori della capitale, per tornare nel profondo sud fra i propri conterranei. Il primo dei due fratelli fu Gaetano Manno il quale, alla fine della prima guerra mondiale, fondò nella nostra città un ospedale capace di 120 posti letto, cosa straordinaria per quei tempi.
Il medico serrese era stato a Roma, assistente del professor Roberto Alessandri, a sua volta allievo del più famoso Francesco Durante, pionieri della scuola chirurgica Romana italiana.
Divenuto internista presso il terzo padiglione chirurgico del Policlinico Umberto I, molto apprezzato, come suo collaboratore, anche dal chirurgo Bastianelli, Gaetano compì centinaia di interventi. Ma il Manno pur già affermato e stimato nei salotti medici di Roma, sentì il richiamo dalla terra natia e volle tornare nella sua piccola, periferica montana Serra San Bruno. Tornò poco più che trentenne, per offrire se stesso e la sua preziosa e qualificata perizia professionale che gli consentiva di effettuare interventi di alta chirurgia come aveva fatto negli ospedali Romani. Tornò e fondò, su terreni di proprietà della famiglia, l'ospedale, prodigandosi, come scrivono le poche cronache del tempo, incessantemente e con dedizione e totale. Tutto il circondario delle Serre vibonesi, paesi spesso isolati nei mesi infernali, ieri come oggi, poterono beneficiare per poco più di un decennio, della sua alta professionalità e umanità. Purtroppo, a soli 42 anni, nel novembre del 1928, lasciò questa terra e lasciò pure la sua creatura, l'ospedale, ancora incompiuta. L'altro fratello ne seguì le orme, Alessandro, cresciuto anch’egli alla scuola di Roberto Alessandri, volle tornare in famiglia per dare il suo prezioso contributo alla crescita sociale di Serra San Bruno e delle piccole comunità del comprensorio. Pur essendo divenuto primario, appena trentaquattrenne, lasciò i lussi e i pazienti, anche illustri, della città capitolina, e come umile filantropo si portò in Calabria. Nelle nostre contrade non fu soltanto medico-
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