VOGHERA Ospedale degli infermi o della Misericordia o del Carmine poi civile - Ospedali d'Italia

Vai ai contenuti

Menu principale:

VOGHERA Ospedale degli infermi o della Misericordia o del Carmine poi civile

Ospedali Nord Ovest > Regione Lombardia > Provincia Pavia > Ospedali operativi

Il contenuto della scheda deriva integralmente dal testo: GLI OSPEDALI A VOGHERA DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA  di Marco Montagna –  pagg. 27-41 Marvia Edizioni 2002
Ringrazio il Dott. Montagna per l’autorizzazione-condivisione all’utilizzo dei dati riportati che, per la verità, sono abbastanza contenuti rispetto al testo. Non posso non segnalare la ricca bibliografia per ogni ospedale riportato sinonimo di approfondita ricerca.


L'ospedale era situato all'interno della cinta muraria del comune di Voghera, in posizione centrale, a poche centinaia di metri dalla chiesa di San Lorenzo. Il primo riferimento ad un’opera assistenziale da parte dei Battuti si trova in un testamento datato 8 Febbraio 1356 nel quale Bernardo Calderini, oltre ad un legato di 4 lire pavesi, concedeva alla Congregazione dei battuti un materasso e due lenzuola. Due anni dopo Giovanni Melio donava del denaro alla Congregazione da utilizzare per il sostentamento dei poveri. Da questi primi documenti sembra che confratelli operassero già una certa assistenza in qualche locale della loro casa. Non era insolito che le confraternite amministrassero ospedali. In seguito, però, con l'aumento dei bisognosi, che a loro si rivolgevano, i confratelli vogheresi furono costretti ad erigere un vero e proprio ospedale. A testimonianza di ciò si pone un documento, datato 3 gennaio 1380, con il quale Giovanni de Prierio, Arciprete della Pieve di San Pietro di Volpedo, dava alla Congregazione dei battuti la licenza per la costruzione di un ospedale, presso la casa o l'oratorio della stessa Congregazione, al fine di accogliere i pellegrini e le altre persone povere ed indigenti, concedendo a tal proposito una indulgenza di 40 giorni a coloro che avessero partecipato alla erezione con elemosine. I confratelli pensavano quindi ad una distinzione tra la sede della Confraternita vera e propria e l'ospedale, al quale era stato dedicato un edificio proprio per l'attività assistenziale; questo aveva assunto presto vaste proporzioni fino a diventare l'ospedale più importante di Voghera. L'ospizio, fatta eccezione il periodo dell'occupazione francese dal 1798 al 1814, fu sempre amministrato dalla Confraternita, a testimonianza della sua attività secolare di carità. Andando avanti negli anni si moltiplicavano le offerte da parte di privati a favore dell'ospedale, con le quali i confratelli della Congregazione dei battuti di Santa Maria potevano provvedere al mantenimento dei bisognosi, allestendo anche nuovi letti, quando non venivano donati materialmente. In un documento datato primo ottobre 1405, presente nell'archivio della attuale Confraternita del Carmine, Filippo Maria, Conte di Pavia, durante il suo soggiorno a Voghera, concesse all'ospedale della Misericordia l'esenzione dal pagamento della tassa dell’imbottato del vino, in seguito alle suppliche della Congregazione dei battuti. L'ospedale veniva descritto come attiguo all'oratorio di detta Congregazione per utilità dei pellegrini, dei poveri e delle persone miserabili, che ogni giorno vi transitavano. Si dichiara inoltre che l'ospedale era dedicato a Santa Maria della Misericordia e possedeva 15 letti da utilizzare per il ricovero dei bisognosi. Si riferisce inoltre che l'ospizio non aveva altra forma di sostegno che l'elemosina. Oltre all'assistenza degli infermi, nel 1604 l'ospedale accoglieva ancora i pellegrini, come testimoniano lettere commendatizie presenti nell'archivio della confraternita. Per ottenere assistenza durante il loro lungo viaggio, essendo privo di ogni mezzo di sussistenza, il pellegrino portava con sé lettere commendatizie, fornitegli dalle autorità ecclesiastiche del luogo di partenza, le quali gli garantivano l'accesso agli ospizi ed elemosine. Esse garantivano anche gli ospedali sull'identità e sulla qualità delle persone ospitate, al fine di evitare di trovarsi di fronte a malfattori. Nel 1645 l'ospedale era ancora governato dal Priore, dal vice Priore e dagli ufficiali della confraternita dei disciplinati dell'oratorio della Beata Vergine Maria Assunta. Notevole era la presenza, accanto all’ospitaliere maschio, di un ospitaliere donna per l'assistenza delle donne inferme, le quali erano ricoverate separatamente dagli uomini. La presenza di un medico e di un chirurgo testimonia l'importanza che aveva ormai raggiunto l'ospedale, il quale non si limitava ad ospitare gli infermi di Voghera ma anche quelli del territorio circostante. In una relazione del 1645, da parte della visita pastorale di Monsignor Fossati, veniva fatta notare la presenza di ben due Monti di pietà, uno frumentario e l'altro per il prestito di denaro, previa consegna di un pegno, annessi all’ospedale. La Confraternita quindi, oltre al concreto intervento di assistenza e ristoro, praticava anche il prestito di denaro e frumento per i bisognosi. Questo insieme di attività fa capire come ormai l'ospedale, alla metà del XVII secolo, non fosse più un semplice ospizio, ma un complesso ente assistenziale e un punto di riferimento per tutti i bisognosi dell'agro vogherese. Una precisazione sul numero dei letti a disposizione dell'Ospedale per il ricovero degli infermi viene data dalla relazione di Monsignor Settala, compilato in seguito alla sua visita pastorale effettuata il 12 giugno 1655: in questo si alloggiano gli infermi e vi si somministrano gli alimenti, essendoci 12 letti previsti del necessario. Non erano, però, ancora state apposte le immagini sacre ai letti, come era stato ordinato nella visita precedente. Durante la sua visita del 1685, il vescovo Ceva constatava come la situazione non fosse mutata rispetto all'ispezione del suo predecessore. Vi erano ancora 12 letti provvisti di coperte e lenzuola sui quali trovavano alloggio gli infermi, ai quali si forniscono alimenti e medicamenti. Il vescovo ordinava di mantenere questo luogo Pio con il dovuto splendore e di usare ogni possibile carità ai poveri infermi.
L'ospedale era composto da due locali separati da un cortile, a loro volta distinti dall'oratorio. A sinistra di esso vi era una porta con gradino che immetteva nella sezione maschile dell'ospedale con pavimento di cotto. Nel frontespizio verso levante una finestra semicircolare; al di sotto di essa altra finestra con inferriata; a destra un ripostiglio con due ante dove si conservavano i medicamenti per gli ammalati. In fine del medesimo vi erano tre archi con pilastri. Più a destra una porta grande per la quale si entrava nel piazzale, sopra la quale vi era una finestra con inferriata. Da un lato vi era il vaso con l'acqua Benedetta. C'erano 6 letti muniti a dovere. Vi era un altare dove si celebrava la santa messa, sopra il quale vi era un crocifisso, sormontato da un grande quadro con cornice nera e sfiorazzi dorati, dicesi rappresentante l’Assunta.  Vi era anche un campanello per la chiamata del custode. Simmetrico a questo edificio era quello per le donne con sei letti anche esso  sopra l'altare un quadro con cornice logora rappresentante la Santissima Vergine, San Pietro ed una Santa con l'agnello al piede. L'intero ospedale era brunito di legname e coperto da opportuni coppi. Da entrambi i locali si poteva entrare nella speziaria, composta da una bottega con due finestre, una verso il piazzale della chiesa e l'altra verso la strada pubblica. Vi erano due altri vani annessi, uno che contiene gli utensili e, inferiormente la cantina sotterranea. La fine del XVIII secolo vide l'ospedale arricchirsi di ulteriori lasciti che permisero all'ospedale di arrivare a numero di 70 letti per il ricovero di poveri infermi. Nonostante l'aumento di patrimonio e il conseguente aumento della possibilità di assistenza, all'inizio del XIX secolo venne meno la capacità fisica di accoglienza  dell'antico locale dei confratelli, attiguo alla chiesa del Carmine. A porre rimedio a questa incresciosa situazione intervenne allora il re Vittorio Emanuele il quale, con suo decreto datato 27 novembre 1820, affidò l'amministrazione dell'ospedale a 9 deputati ed ordinò il trasferimento dello stesso in locali più accoglienti. Venne così costruito all'estremità del Borgo San Pietro un nuovo edificio ospedaliero, progettato dall'architetto piemontese Gioacchino dell'Isola del Borghetto.

Dal sito dell’odierna Azienda ospedaliera ricaviamo che,nel 1814, fu ripristinata l’antica Confraternita che regolò l’ospedale fino al 27 Novembre 1820 quando, con RD, fu definitivamente soppressa e sostituita da un consiglio di amministrazione costituito da nove deputati laici.
Nel 1840 si iniziò la costruzione del nuovo Ospedale (sede attuale dell’Ospedale).
Il DR 19 agosto 1851 affida l'ospedale alla Congregazione di Carità;
La legge 3 giugno 1937 n° 847 l’Amministrazione dell’Ospedale passò l’ECA, mentre il DPR 898 11/7/1969 lo dichiara Ente Ospedaliero incorporando l'Istituto di Maternità San Bovo.  Nel 1980 l’Ospedale entrò a far parte della U.S.S.L. 79.
Dal febbraio 2002 la struttura è confluita nella nuova Azienda Ospedaliera della provincia di Pavia.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
Torna ai contenuti | Torna al menu