Vecchia struttura Nuovo edificio
Questa scheda e stata resa possibile dal materiale messo a disposizione dalla Biblioteca del Comune di Bassano del Grappa che ha inviato copia del Testo: Carità ed Assistenza - Cenni storici e contemporanei sulle opere Pie Riunite (Ospedale Civile e Casa di Riposo) di Bassano di Quirino Borin a cura della Amministrazione Opere Pie Riunite di Bassano del 1966
" Il fenomeno del pellegrinare per devozione era assai frequente in quei lontani secoli ed i pellegrini che si recavano a visitare i santuari erano, durante il viaggio a piedi spesso assai lungo e faticoso, assistiti dalla privata carità in hospitales chiamati Case di Dio che generalmente sorgevano vicino a cappellette ed eremi, trasformatisi quasi sempre poi in Chiese. La prima Domus Dei sorta per iniziativa ed a spese della comunità bassanese risalirebbe al 1264. Oltre alla Domus “comunale”, perché amministrata da un massarius sive Sindicus nominato nel 1302, il quale aveva il compito di provvedere alle necessità materiali della Casa, tenere l’inventario dei beni mobili e immobili, esigere lasciti, c’era nel Borgo anche un ypothecarius sive medicos con relativa bottega per la vendita dei medicinali, mentre poco più tardi il Comune annoverava fra i suoi dipendenti un Cirologo e ben due psichici. Un altro Ospitale, intitolato a Santa Maria della Misericordia si distingueva dagli altri non solo per la qualità degli ospiti, pellegrini ed esposti, ma anche per la gestione collettiva da parte della Fraglia dei Calegari. Tutte queste iniziative, che prendevano vita all’insegna della carità privata e pubblica, stanno a testimoniare che si sentiva fin da quei tempi la necessità di luoghi ove ricoverare e curare i poveri bisognosi. In realtà si trattava sempre e solo di poche stanze con pochi letti e misere masserizie, tutt’altro che adatte allo scopo, ma che, comunque, rappresentavano quanto per allora si poteva avere e trovare in un grosso Borgo. Dai documenti ed alle Historie pervenuteci appare chiaro che gli Hospitali, se e quando servivano per gli ammalati, curavano solo quelli poveri; i ricchi e la classe artigianale, di cui era formata allora la società bassanese, non fruivano di ospedali e, se si ammalavano, ricevevano a domicilio le cure del caso. Le Domus Dei cominciarono ad assumere l’aspetto di Ospitali per i soli ammalati verso la fine del secolo 14º; che poi si praticassero ai degenti delle cure mediche o solamente si isolassero per evitare il pericolo di contagio, non è molto chiaro: ma è probabile che la seconda ipotesi sia la vera. Ne fa fede lo statuto comunale del 1389 nel quale si stabilisce che temporaneamente i lebbrosi siano tutti raccolti nell’ospedale di Santa Maria della Misericordia. Lo slancio generoso dei privati si esauriva spesso nella fondazione dell’Hospitale, che poi, un po’ alla volta, per usura e mancanza di manutenzione, cadeva in rovina. A metà del secolo 15º, per l’insufficienza dei predetti Ospitali, Giovanni Di Pietro Pellizzaro soprannominato Zambello lasciava in testamento una casa perché vi si aprisse un Ospitale, che effettivamente fu poi aperto, avendone Benedetta la prima pietra il 19 aprile 1451 l’arciprete Novello. Anche questo ospitale però, privo come gli altri di rendite permanenti, in breve languì; pochi anni dopo pare vi sia stato il tentativo di fonderlo con quello della confraternita dei Calegari, pur esso in gravi difficoltà. Il Comune per parte sua fece quanto poté per aiutare questo ente di carità, esentandolo dal pagamento delle imposte ed eleggendo due rappresentanti che vegliassero al suo buon governo; ma tutto fu inutile, come inutili furono certi lasciti di cui l’ospedale poté fruire solo molti anni più tardi. Per quasi due secoli, stentatamente, la confraternita di San Paolo si trascinò dietro questo peso, finché, constatando fra l’altro essa stessa che, in effetti l’ospitale continuava solo a dar ricetto assai misero i viandanti poveri, mentre in Bassano si sentiva il bisogno di un luogo ove alloggiare e curare molti malati poveri, decideva nel 1664 di cederlo alla Magnifica Comunità cittadina. Si riuniva tosto il Minor Consiglio che deliberando sopra caritativo motivo circa l'erezione di un ospedale purtroppo necessario in questa patria decideva di accettare l’offerta della Confraternita e di provvedere in merito. Anche il Maggior Consiglio dei 60 si esprimeva in senso positivo e decideva di erigere un suo Ospitale a spese e con offerte di fedeli caritatevoli. L’anno dopo venivano dettati i Capitoli cui l’ospedale avrebbe dovuto attenersi. Naturalmente era solo l’embrione di un Ospitale, la cui dotazione si riduceva 16 letti su 32 cavalletti di legno e 16 materassi di lana, ma era pur sempre l’Ente di Carità che, sviluppatosi nei secoli futuri, divenne l’attuale ospedale civile della città di Bassano. I tre Presidenti eletti per la gestione dell’Ospitale erano compensati e duravano in carica un anno e dovevano, entro 25 giorni dallo scadere della loro gestione, rendere esatto conto, pena la multa di due soldi per lira, delle somme non saldate entro il termine. Il Comune, nell’assumere in consegna il misericordioso asilo che cominciò a rifiorire e dar speranze di non più incerta vita, provvede a inventariare i beni, dal cui elenco è possibile farsi un’idea abbastanza esatta di che cosa fosse un ospitale nei secoli 12º 16º, cioè un modesto aggregato di stanzette con pochi miseri letti, scarse masserizie e vecchie stoviglie. Non molti anni dopo, nel 1690, venne a morte certo Carlo Santo Austoni, il quale nominò il Comune erede dei suoi beni fra cui una casa perché gli fosse installato un nuovo ospedale. Il Comune deliberò in merito il 7 giugno 1695 ed ottenuta la rituale ratifica da parte del Senato Veneto, nonché il benestare di Papa Clemente XI, provvede ad adattare la casa ricevuta ed a trasferirvi l’ospedale. Diventato finalmente vero e proprio ospedale per ricoverare e curare gli ammalati poveri e non più rifugio provvisorio di pellegrini di passaggio il patrio nosocomioo, economicamente tranquillo e ben governato, si diede a ricercare sistemazione più consona alla sua umanitaria funzione. Nel 1771 il Maggior Consiglio deliberò di acquistare dal governo della Repubblica di Venezia il soppresso convento dei Padri Francescani con la vicina chiesa e l’annesso oratorio per una somma esigua. L’anno dopo, con deliberazione 5 settembre 1772, il Comune, ottenuto l’obbligatoria autorizzazione da parte del Senato Veneto, cedette il fabbricato all’ospedale, perché dei vecchi ed ormai insufficienti locali della casa ex Austoni vi trasferisse le attrezzature e gli infermi. Anche per il trasferimento del nuovo fabbricato delle attrezzature del vecchio ospedale fu nominata una Commissione con l’incarico di studiare il modo e il tempo migliore di effettuarlo, nonché , a trasferimento avvenuto, di dettare norme nuove per ben governare l’istituto. Quando tutto fu previsto e predisposto fin nei minimi particolari si procedette al trasferimento, che avvenne in piena notte: i malati furono trasportati a braccia, ognuno sul suo lettuccio, dal vecchio ospitale di casa Austoni al nuovo ospedale di San Francesco. Nel 1778 vennero approvate le nuove norme di governo dell’ospedale e, verso la fine del secolo, venne compilato un grande registro con l’inventario completo di tutti i lasciti, capitali, debiti, crediti, stabili, costituenti il suo patrimonio. Nell’anno 1800 lo spedale era in perdita poiché le uscite eccedevano le entrate, mentre il costo del vitto era in continua ascesa, data la crescente carestia portata dalle devastazioni delle guerre e dalle requisizioni degli eserciti in transito. A lungo andare anche la nuova sistemazione non parve così idonea come era sembrata in primo tempo: si cominciava a ritenere inopportuno e persino pericoloso per la pubblica salute avere un ospedale proprio nel cuore della città, vicino alla piazza del maggior mercato. Fatti memorabili erano intanto accaduti: la gloriosa Repubblica veneta era caduta per opera di Napoleone Bonaparte che aveva creato il Regno Italico. Fra le infinite innovazioni apportate dal nuovo regime, vi furono anche gli ordinamenti nuovi per gli Enti di beneficenza: vennero cioè istituite le Congregazioni di Carità precedute da commissari distrettuali. Le autorità comunali ed i commissari della congregazione, pressati com’erano dall’urgenza di provvedere ad un nuovo ospedale, approfittarono del caos in cui erano cadute le contrade chiedendo ed ed ottenendo in dono dal principe Eugenio di Beauharnais l’ex convento dei Padri Riformati con le adiacenze, per fare un ospedale. Così, per la seconda volta in poco più di un secolo, le pubbliche autorità civili risolsero i loro problemi di assistenza e beneficenza impadronendosi dei beni della Chiesa. Il passare e ripassare di eserciti invasori, le calamità dei tempi così tristi per l’Italia, non permisero ai preposti di realizzare subito l’auspicato trasferimento e quando, esso diviene possibile, si scatenò un grande contrasto fra i cittadini . Allora il dottor Pietro Agostinelli, primario medico fin dal 1825, di notte, all’insaputa delle autorità, prese letti, malati e suppellettili e trasportò materialmente l’ospedale nel luogo a tale scopo donato dal Viceré. Al Consiglio comunale, essendo ormai impossibile riportare gli ammalati e le attrezzature nei saloni che poi divennero civico museo, non restò che prendere atto dell’avvenuto trasferimento; cosa che fece nella seduta dell’8 agosto 1832, dichiarando, con buona pace di tutti, che “cosa fatta capo ha”. Nel 1884 furono aperte nuove sale per i degenti poveri; nel 1851 arrivarono le Suore di Carità di Lovere in numero di cinque in base ad una convenzione che fu stipulata il 4 ottobre 1857. A metà del secolo scorso erano già in funzione i reparti medico e chirurgico divisi in due sale per uomini e due per le donne, il reparto maternità, quello dei figli esposti e un reparto per malattie contagiose sostituendo così il vecchio lazzaretto. Nel 1877 fu redatto Il primo Statuto in base a quanto disponeva la legge sulle Opere Pie del 3 agosto 1862. All’inizio del XX secolo la chirurgia cominciava a chiedere sale operatorie e attrezzature adeguate e la medicina postulava reparti specialistici, i degenti cure moderne e ricovero più comodo. Così il Monte di Pietà elargì una somma di denaro per costituire una sala operatoria mentre l’Amministrazione ospedaliera finanziò il reparto dozzinanti. L’ampliamento dell’edificio e le nuove attrezzature portarono le presenze giornaliere ad un numero così rilevante da essere indispensabile rivedere gli ordinamenti interni per renderli più consoni ai nuovi tempi. Fu steso un regolamento per infermieri e aumentato il numero delle suore. Nel 1905 con donazioni e lasciti venne costruito un nuovo reparto per i tubercolotici che fu inaugurato nel 1911, mentre negli anni che seguirono fino alla prima guerra mondiale si portarono tutte quelle migliorie che i nuovi tempi offrivano e le accresciute esigenze richiedevano: luce elettrica, acqua potabile, riscaldamento, telefono eccetera; fu istituita la farmacia dell’ospedale aperta anche al pubblico e con riservato il servizio dei medicinali ai poveri assistiti dal Comune. Nel 1914 l’ospedale era suddiviso in 5 reparti e disponeva complessivamente di 100 letti, lasciando a parte il padiglione di tubercolosi che disponeva di 64 letti. La guerra non risparmiò ii pio luogo il quale, nel febbraio del 1918 fu colpito da bombe che hanno lesionato gravemente il padiglione dei tubercolotici. Un’importante novità, fu il Regio decreto 25 marzo 1929 con il quale si disponeva il conglobamento in un unico ente, delle opere pie esistenti nelle varie città. Bassano si limitò a riunire amministrativamente l’ospedale civile e la pia casa di ricovero. "
La parte seguente riguarda l'Ospedale nuovo di cui, nel corso dei mesi necessari a questo lavoro s'è perso l'URL ma, ne possediamo la pagina originale quindi qualora qualcuno ne ravvedesse la paternità mi contatti al fine di integrare i dati dell'autore
" Nel 1970 quando l'ormai storica sede ospedaliera di Bassano del Grappa si trova costretta a dichiarare la sua sopravvenuta, imminente inadeguatezza.
Gli Amministratori - dopo aver esperito ogni tentativo di adeguamento - pensarono ad un nuovo ospedale, individuando per esso un'area di 20 ettari, ai margini di quello che allora era il futuro sviluppo della Città e dei suoi principali accessi viari.
L'ospedale deve sicuramente essere inteso come luogo di cura, con grande sviluppo e concentrazione di servizi di diagnosi e terapia.
Si deve sottolineare, però, che il concetto moderno di salute ha sempre più portato in evidenza le necessità psicologiche dell'ammalato e quindi l' opportunità di non curare in ambienti alienanti, reinserendo poi rapidamente il guarito nel contesto familiare e sociale.
Questoportò ad alcune scelte architettoniche importanti: progettare un ospedale con stanze di degenza luminose, di dimensioni "umane", con presa TV e radio, corredate da servizi igienici adeguati dal punto di vista del rispetto della dignità e della riservatezza; prevedere esercizi commerciali al piano terra, costruito come l'incrocio di un piccolo centro di città, vivo e vitale.
Queste ed altre valutazioni non dovevano mai prescindere dall'attenzione agli aspetti igienico sanitari ( evitare contaminazioni e infezioni, separare percorsi "puliti" e "sporchi", creare zone filtro, ecc.) e di praticità gestionale.
Venne conclusivamente abbracciata la filosofia costruttiva del "corpo quintuplo", considerata la più adatta.
Essa prevede la riduzione dei percorsi interni nella torre delle degenze, dove le postazioni di lavoro del personale medico e paramedico sono centrali rispetto alla distribuzione delle stanze, che sono tutte orientate per usufruire della luce del sole.
L'ospedale ha, infatti, un "suo" clima, pensato per un soggiorno confortevole in ogni stagione ed è fornito di una complessiva tecnologia molto avanzata, tanto da sembrare - all'epoca della sua progettazione - addirittura futuristica.
Prevedendo i passi da gigante che la scienza avrebbe fatto nel trapasso di secolo, con lungimiranza, si scelse già allora di tenere una finestra aperta sul domani, dando alla struttura e alla sua impiantistica una flessibilità tale da poter recepire con facilità modifiche, ampliamenti e sviluppi tecnologici, permettendole così di evolversi nel tempo.
I lavori iniziarono nel marzo del 1979 e nell'estate del '93 prese il via il trasloco delle prime apparecchiature.
Da quel momento, con gradualità, iniziarono i progressivi trasferimenti nel nuovo ospedale, secondo una logica collegata sia alla sicurezza dell' assistenza che a una gestione economica dell' Azienda. I trasferimenti si conclusero, nel 1998. "