Montevecchio Ospedale Genna Serapis - Ospedali d'Italia

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Montevecchio Ospedale Genna Serapis

Ospedali Isole maggiori > Regione Sardegna > Provincia Sud Sardegna

Il contenuto della scheda deriva dai contenuti sotto riportati :

Testo: MANTERO MARIANI M., Montevecchio: cronaca e storia di un ospedale, 1907-1972, Guspini, 2010.
                                                                  https://movio.beniculturali.it/sa-sar/sardegnaunaminieradiarchivi/it/47/lospedale-genna-serapis
https://people.unica.it/ceciliatasca/files/2020/05/12-Lospedale-in-miniera.pdf
https://www.ismed.cnr.it/pubblicazioni/ebook/fonti_sanitarie_miniera/censimento_fonti_sanitarie.pdf
https://ifc.dpz.es/recursos/publicaciones/37/35/20rapettitodde.pdf


LA NASCITA DEGLI OSPEDALI IN MINIERA
Lo sviluppo dell'industria mineraria, iniziato ai primi del 1800 e sviluppatosi con il decreto del 1840, portò sensibili cambiamenti nell'ambiente sociale. Arrivava gente (ingegneri, diplomati e operai in cerca di lavoro) da varie parti d'Italia e d'Europa e molti sardi si trasformano da contadini o pastori in minatori. Alla malaria si aggiunsero nuove malattie. Fu un cambiamento economico ma anche sociale, ambientale, al quale non erano tutti preparati anche fisicamente. Alla malaria, malattia endemica, si aggiunsero nuove malattie.
Con lo sfruttamento delle miniere arrivarono capitali dall'estero e le società minerarie si interessarono della salute dei minatori. Fu così che sorsero i primi ospedali nei luoghi minerari. Interessante è leggere la relazione del dottor Battista Zedda sull'attività della miniera di Malfidato dal 1 agosto al 31 dicembre del 1868.
"La creazione dell'ospedale, nella mezza vallata di Buggerru fu considerata un successo, poiché all'inizio dei lavori nella miniera, nel luglio del 1866, solevansi rimettere i lavoranti ammalati ad Iglesias.
I lavoranti durante il periodo considerato, furono 130, i guariti 101, i deceduti 5. Le malattie osservate furono le "febbri"  le infiammazioni dell'apparato respiratorio, le "infiammazioni dei visceri centrali", infiammazioni degli occhi, nevralgie, contusioni, lussazioni. "
Scarsa era la tutela dei lavoratori e in particolare la tutela degli infortuni. Tra il 1861 e il 1886 si verificarono circa 90 infortuni, quasi tutti mortali. Gli ospedali di Miniera, in particolare quelli isolati e lontani da Ospedali cittadini come quello di Montevecchio, dovevano essere attrezzati per ogni soccorso
Alla fine dell'ottocento e ancora negli anni venti e trenta del novecento il medico di miniera interveniva non solo sui minatori ma anche sugli abitanti del paese.
Quasi tutte le miniere sarde, Monteponi compreso, non avevano avuto mai un medico che si occupasse dei minatori e delle famiglie residenti nel centro minerario: il dottore arrivava dalle località più vicine. A Montevecchio l'Ospedale ebbe molto presto il suo medico.

La storia dell'Ospedale di Montevecchio e della vita del borgo è basata su testimonianze orali, scritte e ricordi.
Già alla fine del 1800 sorsero delle "città giardino". Erano agglomerati costruiti intorno a una fabbrica con lo scopo di provvedere a interventi sociali come ospedali, asili, scuole per i lavoratori. Furono progetti di Tony Ganier, architetto inglese. Ad esempio Schio fu chiamata la Manchester dell'Italia, vi era una industria laniera: Lane Rossi Vicenza.  
Giovanni Antonio Sanna, sassarese, grattando con le sue mani l'incolta collina di Montevecchio, fondò la miniera: correva l'anno 1847.
Nel 1905 era direttore della Miniera l'ing. Sollman Bertolio. Aveva sposato Enedina, una nipote del Sanna. Insegnava Arte Mineraria all'Università di Milano.
Continuò la tradizione dell'ing. Alberto Castoldi, genero del Sanna, dedicò cure particolari all'Ospedale. Già dal 1904 aveva mostrato interesse per l'infortunistica e per il miglioramento delle condizioni previdenziali, non risolte dalla Cassa di Previdenza.
Consigliato da A.Castoldi, l'ing. Bertolio, in seguito al grave incidente del 1904 dove, per il crollo di un lastrone di roccia, morirono quattro operai e altri quattro restarono feriti, firmò l'assunzione definitiva di un giovane medico di Dorgali. Il dottor Attilio Mariani diresse l'Ospedale dal 1907 per ben 45 anni ed è ancora ricordato dalla popolazione della zona per la sua professionalità.

Nel centro di Gennas-Serapis si trovava già il Palazzo della Direzione con alcune casette in pietra di ardesia e cemento per i dipendenti. Era l'unico Ospedale della zona.
L'Ospedale era isolato e così tutte le abitazioni E' importante rilevare che i cantieri erano lontani dall'Ospedale e dagli uffici. Montevecchio si aggirava sui 2000 abitanti. Gli unici mezzi di trasporto erano il "caval di San Francesco", i cavalli e i calessi, i carretti a buoi, asini e muli.  I cavalli erano in numero più che sufficiente, infatti si poteva noleggiare solo il cavallo senza calesse.
Fu indispensabile collegare il villaggio di Montevecchio con il resto del mondo sardo e continentale con un mezzo più veloce. Nacque così il "trenino" a scartamento ridotto che da "Sciria" portava a San Gavino.

Situato in posizione dominante sul margine settentrionale dello  spianamento", fu costruito nel 1885 sotto la direzione dell'ing. Alberto Castoldi.
L'edificio in stile ottocentesco, con alto basamento, cornicione aggettante e il tetto con le tegole rosse, ha ancora la fiancata di ponente rivestita di ardesia grigia, mentre la facciata, dipinta in color ocra chiaro, con le finestre con l'arco, ha ancora il bel portale in legno incorniciato dal finto bugnato, le finestre sono ora senza arco ma sempre con le persiane verdi.
Scrive Celso Capacci, che visitò Montevecchio nel 1897:
In esso si riscontra una particolarità degna di nota. Un corridoio centrale parallelo alla facciata divide le camere da letto in due ranghi, uno sul davanti l'altro sul di dietro. I malati meno gravi stanno sul davanti, quelli più gravi o quelli soggetti ad operazioni chirurgiche sul di dietro.
La posizione dei letti è corrispondente e simmetrica nelle camere anteriori e posteriori ed i letti sono montati su piccoli binari i quali attraversano il corridoio.
Nella parete di questo sono praticate opportunamente delle aperture atte ad estrarre il letto dalla camera per farlo passare nel corridoio. Con questa disposizione è facile far passare un malato da una camera anteriore ad una posteriore, ed in caso di morte si estrae il letto dalla camera senza troppo disturbare gli altri malati. L'ospedale contiene 20 letti con relativo medico, infermieri, farmacia e farmacisti, tutto a spese della società.
La sala operatoria colla relativa preparatoria, un gabinetto per ricerche chimiche e microscopiche completamente arredato, una sala d'isolamento per malattie infettive, due spaziose infermerie per malati comuni ed una sala da bagno; vi è inoltre la cucina, il lavatoio, ecc., l'alloggio per gli infermieri e l'appartamento per il sanitario che ha l'obbligo di risiedervi in permanenza.
I viveri, al prezzo di costo, sono forniti agli operai da apposito Magazzino fondato dalla Miniera ma avente gestione autonoma e sotto il controllo del Sanitario.
Gli operai che preferiscono tornare a casa nei vicini paesi di Arbus, Guspini e Gonnos, godono ugualmente di assistenza medica e delle gratuite medicine mediante i sanitari di quei paesi, stipendiati dall'amministrazione della Società.
Gli ammalati ricevono sussidi, gli invalidi per anzianità di servizio e per infortuni ricevono pensioni vitalizie, come pure le vedove.
L'Ospedale, diretto da Attilio Mariani, raggiunse i trenta letti, serviva non solo Montevecchio ma tutti i paesi vicini. Si curavano tutte le malattie allora conosciute, soprattutto la tubercolosi, la malaria. Si ricoveravano i casi che necessitavano di urgenti cure in particolare i tubercolotici, i malarici e gli infortunati gravi. Purtroppo alcuni di questi morivano. Anche le famiglie dei dipendenti erano assistite da A. Mariani.
Aiutava il dottore solo un infermiere, istruito dallo stesso medico. Si era attrezzati per curare tutti i mali: i fratturati venivano immobilizzati, "ingessati" con tavole di legno, molti imploravano il dottore di tirare il dente dolente. Le medicine erano poche allora, il chinino era molto usato.
Una moneta veniva applicata sui "bernoccoli" , i rimedi naturali erano i migliori come gli impacchi di semi di lino per le costipazioni, altre erbe medicinali usate erano la camomilla e la valeriana. Gli antibiotici non c'erano ancora. Il lavoro del medico era pesante e l'assistenza a domicilio veniva rallentata date le distanze e i mezzi di trasporto.
Durante le ferie o le assenze provvisorie A, Mariani era sostituito da un medico di Arbus che giungeva a cavallo.
La farmacia dell' Ospedale era sempre fornita del necessario; la Società mandava a prendere i medicinali e altro materiale nei depositi. Nel 1935 esisteva qualche società farmaceutica che possedeva un furgoncino, una delle prime fu la Farmitalia che riforniva la farmacia di Arbus.
L'alloggio del medico era al piano terra annesso alla palazzina e comunicante con le corsie. Nel 1930 la costruzione fu ristrutturata e divisa in quattro parti: un quarto restò ospedale, i tre quarti furono adibiti ad appartamenti I Mariani passarono al piano superiore dove nacque l'ultima figlia del dottore.





 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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