Menu principale:
Il contenuto della scheda è tratto integralmente dal testo: : La storia millenaria degli ospedali della città e della diocesi di Spoleto – Ente Rocca di Spoleto – 1979 – Sandro Ceccaroni
La donazione di un terreno imposta dal vescovo Bartolomeo Accoramboni al priore della chiesa di S. Gregorio per l'erezione di un nuovo ospedale, nell’anno 1254 diede inizio all'edificazione di quello che poi doveva divenire il più grande complesso ospedaliero della città. Non sappiamo se l'ospedale nacque per sopperire alla decadenza di quello di S. Gregorio o se la ragione della sua erezione debba essere ricercata nel noto miracolo della Stella. Il nome “Stella” poteva essere derivato anche dal distintivo che portavano gli oblati dell'ospedale, e forse anche le stesse monache, e che consisteva in una stella bianca a sei punte, analogamente ad altre congregazioni ospedaliere dell'ordine agostiniano come i Fratelli Ospetalieri del S. Spirito che portavano una croce a dodici punte di tela bianca, i Crociferi d'Italia che recavano una crocetta rossa e bianca, i Crociferi Boemi che avevano una stella rossa, ecc.
Il vescovo Accoramboni il 22 marzo 1254 diede inizio all'edificazione dell'ospedale ponendo la prima pietra alla presenza di tutte le autorità e di un gran numero di cittadini. Realizzato l'ospedale, mancava solo chi avrebbe dovuto curarne la gestione e a questo pensò lo stesso vescovo Accoramboni che fece costruire un monastero contiguo per giovani suore, alle quali impose la regola e la disciplina di S. Agostino. Alle monache furono affiancati degli oblati perché potessero coadiuvarle negli affari dell'ospedale e in particolare nella cura degli esposti. Anche per soddisfare le necessità materiali dell'ospedale si ebbe cura di sensibilizzare quanti avevano a cuore le sofferenze di coloro che vi erano ricoverati e la generosità degli spoletini non tardò a manifestarsi con numerosissimi lasciti che venivano contraccambiati da varie ricompense spirituali. Lo stesso fondatore volle concedere all'ospedale i proventi della quarta funeraria della città che spettava ai poveri, dichiarando che con la detta donazione si mirava ad aiutare i poveri ed a soddisfare i loro bisogni, ma più di ogni altra cosa si tendeva a creare i mezzi necessari per ricevere e curare i fanciulli abbandonati, fine quest'ultimo che era stato lo scopo principale che aveva determinato l'erezione di questa nuova istituzione ospedaliera. Per assicurare la piena indipendenza dell'ospedale e di coloro che vi erano preposti e per fare in modo che le rendite derivanti dal patrimonio, che via via si andava cospicuamente accrescendo, potessero essere interamente impiegate per i fini assistenziali dell'istituzione, l'ospedale e il monastero furono dichiarati esenti da qualsiasi giurisdizione sia religiosa che laica, prerogativa che fu, però, l'elemento determinante che produsse la decadenza prima e la fine poi dell'ospedale. Sin dall'inizio della propria vita l'ospedale ebbe un'enorme affluenza di ricoverati; rilevanti furono quindi le esigenze finanziarie alle quali si provvide, oltre che con i lasciti dei cittadini, anche con l'assegnazione e la concentrazione di vasti patrimoni di altri ospedali e monasteri esistenti nella diocesi spoletina. Ai primi del XVI secolo le fortune dell'ospedale cominciarono a declinare soprattutto a causa delle monache che, pian piano, andavano impossessandosi delle rendite dell'ospedale per menare una vita agiata, trascurando l'impegno della costante attenzione e della dovuta operosità a favore dei bisogni dei ricoverati. Il modo di comportarsi delle monache non tardò a suscitare perplessità da parte delle autorità ecclesiastiche che, temendo il peggio per la sorte dell'ospedale, tentarono più volte di imporre gradualmente una gestione che prescindesse dalla presenza delle religiose della Stella. Uno dei molti tentativi per arrestare la decadenza dell'ospedale fu quello operato il 25 maggio 1543 quando si ingiunse categoricamente alle monache di non uscire più dal monastero per curare i malati, disponendo nel contempo che il primo giorno di settembre di ogni anno dovevano essere eletti sette uomini i quali, oltre a dirigere l'ospedale, dovevano ricevere obbedienza, nello espletamento dell'attività connessa all'ospedale, dalle stesse monache, il cui numero fu fissato in un massimo di sessanta, dai confessori, cappellani, fattori, medici, priori e dalle donne ospedaliere. Evidentemente si cercò di esonerare le monache della Stella dalla responsabilità dell'ospedale, ma inutilmente in quanto il numero delle monache continuò a crescere mentre l'ospedale deperiva sempre di più; inoltre le stesse monache andavano ulteriormente impossessandosi, per le loro esigenze, di tutte le rendite destinate all'ospedale, giungendo al punto di abbandonarne completamente o quasi l'assistenza materiale e finanziaria. Conseguentemente nella seconda metà del '500 il processo di decadimento fu pressoché completo al punto che nell'ospedale non vi fu più quella affluenza di pellegrini e malati poveri che si era verificata sin dalla fondazione; non a caso il 17 agosto del 1563, durante la sacra visita del vescovo Fulvio Orsini, si trovò nell’ospedale un solo malato, mentre altri tre «forestieri » ne erano usciti la mattina. Nel 1639 papa Urbano VIII, che era stato vescovo della città e quindi ben consapevole di quanto stava accadendo nello ospedale e nel monastero della Stella, per garantire un minimo d'impiego delle cospicue rendite della Stella a favore dell'istituzione ospedaliera ordinò, ed anche in questa occasione senza successo, che delle rendite globali 300 scudi dovevano essere impiegati annualmente per le spese necessarie per il ricovero ed il mantenimento degli esposti. Malgrado questa decisione del papa le monache continuarono a trascurare l'ospedale, anzi riteniamo che per quanto riguarda i malati ed i poveri questi già da tempo non vi venivano più accettati mentre gli esposti erano sempre più frequentemente inviati all'Ospedale di S. Spirito di Roma; con probabilità solo i pellegrini vi trovavano ancora un tetto. Il malcontento dei cittadini e le continue pressioni sulle autorità civili e religiose, nel giro di pochi lustri, portarono alla definitiva chiusura, ormai più formale che sostanziale, di questa benefica istituzione che per più di cinquecento anni aveva profuso cure e soccorso a tanti ricoverati.