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Il contenuto della scheda è tratto integralmente dal testo: : La storia millenaria degli ospedali della città e della diocesi di Spoleto – Ente Rocca di Spoleto – 1979 – Sandro Ceccaroni
Entrando dalla Porta Spoletina, si incontra la chiesa di S. Leonardo, che anticamente ebbe il titolo di S. Maria del Paradiso, cui era annesso l'Ospedale dei Poveri di S. Leonardo. L'ospedale è documentato fin dal 1205 ed era retto da due sindaci nominati dal Comune; quest'ultimo dové rivendicare tale prerogativa, nel 1361, contrastando energicamente le pretese del vescovo di Spoleto. Un ricorso presentato da certo Nardo, oblato e rettore dello ospedale, all'uditore generale del card. Albornoz in Cesena, diede luogo ad una sentenza che sancì il diritto del Comune ad amministrare l'ospedale provvedendovi al ricovero ed al sostentamento dei poveri. Un documento del 1370 ci riporta un accordo, tra il Comune di Montefalco ed il vescovo di Spoleto, con il quale quest'ultimo rinunciava a tutti i diritti vantati su detto ospedale. Dal 1515 circa l'ospedale fu trasferito presso l'antica Porta di S. Agostino ed ebbe il titolo di S. Marco. Con il XVI secolo l'ospedale ebbe una grande importanza per Montefalco; infatti il vescovo Alfonso Visconti, negli atti della visita pastorale, si sofferma a lungo su questa istituzione dettando precise disposizioni su chi doveva amministrarla e come. Il Visconti, tra l'altro, disponeva o sanciva che ogni anno, in pubblico consiglio, il Comune doveva eleggere due cittadini per sopraintendere alla vita dell'ospedale e per amministrarne i beni, i cui proventi non potevano essere spesi che a favore dell'ospedale, dei poveri pellegrini e degli esposti e per la « mercede » al cappellano, e disponeva inoltre che il medico della comunità doveva prestare servizio anche nell'ospedale per la cura degli infermi. Per quanto riguarda la vita istituzionale il Visconti la riassumeva nelle seguenti funzioni: ricoverare i pellegrini che passano per le terre, tanto maschi che femmine, curare gli infermi fino alla loro completa guarigione, ricevere gli esposti provvedendo di inviarli subito all'ospedale di Foligno perché venissero trasferiti a Roma. Risulta evidente che l'ospedale era ben organizzato e idoneo a sovvenire alle necessità di coloro che transitavano per il comune e degli abitanti del luogo e la sua struttura poteva contare su due stanze “una superiore et una inferiore”. Nel 1740 il visitatore apostolico mons. Martino Innico Caracciolo decretò la chiusura dell'ospedale per alleviare con le rendite di questo l'Ospedale dei Proietti di S. Carlo Borromeo di Spoleto. La decretata soppressione fu osteggiata decisamente dai priori della Comunità di Montefalco, facendo presente che l'ospedale poteva contare soltanto su una rendita annua di scudi 76,29 e che di contro sosteneva forti spese per il ricovero dei pellegrini, che numerosi si recavano a pregare sulla tomba di S. Chiara, per compensare i Padri Minori per l'officiatura della chiesa dell'ospedale e di quella di S. Maria della Piazza, per dare elemosine ai poveri nel giorno della vigilia della festa di S. Giovanni, per mantenere un ospedaliere e per trasportare i malati e gli esposti a Spoleto. L'istanza sorti l'effetto voluto in quanto la decisione di chiudere l'ospedale fu revocata, « perché avendo il medesimo il peso di trasportare in Spoleto gli infermi, i proietti, che vi capitavano, non si trovò a chi altro poter appoggiare simile incombenza ». Alla fine del XVIII secolo, all'epoca dell'occupazione francese, la struttura ospedaliera venne trasferita nell'ex monastero di S. Clemente presso la Porta della Rocca e dopo il 1860 venne ulteriormente spostata nell'ex convento dei frati Minori Conventuali luogo che tutt'oggi ospita l'ospedale, sempre con il titolo di S. Marco.