Menu principale:
Le informazioni riportate provengono integralmente dal link
https://baldung.blogspot.com/2012/04/lospedale-
Pochi sanno che a Torino durante la Grande Guerra fu creato nella sede degli Stabilimenti Michelin di via Livorno un efficiente Ospedale Militare sotto l'egida della Croce Rossa.
La Stampa 18 Agosto 1915 "La Principessa Laetitia inaugura l’Ospedale Michelin"
Nei suoi grandiosi locali di Via Livorno 55-
La Stampa 12 Febbraio 1916 "Un piccolo ospedale perfetto"
L'ospedale, è stato offerto, con atto generoso, dal signor Michelin ai feriti italiani, sorge in una elegante palazzina bianca dalle ampie vetrate, per le quali la luce di questo meraviglioso inverno, che è una primavera, passa libera e chiara, a portare ad ogni letto un sorriso d'azzurro ed una occhiata di sole. La palazzina è in via Livorno, accanto alle officine Michelin; ma il fumo delle officine non la turba, non la contamina. Essa, che una volta era sede degli uffici della Ditta, ora e perfettamente isolata dal resto dello stabilimento, rimane sola, nella sua pace raccolta, nella sua serenità quasi di convento. Entrando nel ridente edificio, che, se non vi fossero i letti dei feriti, non si potrebbe chiamare un luogo di dolore si ha l'impressione di entrare in un elegante albergo di qualche importante stazione climatica, ove dei malati molto ricchi amino lasciarsi curare e farsi operare qui, piuttosto che altrove, in questa stagione piuttosto che in un'altra. Il proprietario […] dell'albergo o — per chiamarlo col suo nome — il deus ex machina dell'ospedale, colui che lo ideò, che lo organizzò, che lo amministra ora con cura paterna, con abnegazione veramente ammirevole, è l'ing. Daubrée, gerente della Società Michelin, che si assunse con simpatico entusiasmo il delicato incarico, ed ora raccoglie, nella riconoscenza illimitata di tutti i ricoverati, il premio alla zelante, ininterrotta opera sua. Inauguratosi ai primi di settembre, quest'ospedale, che venne preparato secondo i più moderni dettami della chirurgia, sotto l'esperta vigilanza di un autorevole chirurgo della nostra città, il dott. Azario, ha dimostrato subito di possedere, nelle sue modeste proporzioni di ospedale in miniatura, tutte le doti e le prerogative di un modernissimo nosocomio. Ond'è che noi abbiamo potuto ritrovare qui, in piccolo, tutto quanto avevamo ammirato su vasta scala nell'ospedale militare principale. Esso ospita sessanta letti, in belle corsie inondate di luce, ove l'aria corre fresca e pura, ove la pulizia regna sovrana, senza che l'ombra d'un odore cattivo — il tanfo caratteristico dei vecchi ospedali — offenda l'olfatto del visitatore. E' un gioiello: vi sono sale d'operazione perfette, sale di medicazione, sale di preparazione alle operazioni, gabinetti da bagno e per doccia, locali per la disinfezione, sala per gli apparecchi di radioscopìa, una farmacia, una cappella, ove i feriti possono assistere alle funzioni religiose, una sala di divertimento, con un piccolo palcoscenico, ove si danno spettacoli, modernissime cucine, uffici, salotti di convegno e in alto una magnifica terrazza, donde si domina il panorama delle Alpi, e dove, nella buona stagione, i feriti già avviati verso la convalescenza avranno modo di godere la brezza tepida e profumata delle belle serate torinesi. All'Ospedale Michelin non manca nulla: esso è dotato d'una delle più ricche e più complete collezioni di ferri chirurgici, e dei migliori sistemi di disinfezione. I pavimenti sono coperti da una speciale sostanza a base di gomma e amianto, che assicura la pulizia, la polvere è aspirata da speciali apparecchi e appositi aspiratori nelle corsie e nei corridoi filtrano l'aria. I feriti, che occupano salvo qualche breve intervallo in cui il loro numero diminuisce, quasi sempre tutti i sessanta letti disponibili, sono fatti segno ad un trattamento squisito. Le suore di San Vincenzo de' Paoli, di cui è superiora suor Irene — al secolo marchesa Spinola, soprannominata dai ricoverati suor Provvidenza, tanto essa sa essere dappertutto, provvedere a tutto, badare a tutto — circondano di cure continue, preveggenti, affettuose, i soldati feriti, lo spirito dei finali, in quell'ambiente quasi di famiglia, si solleva infinitamente e attinge forza per resistere ai dolori fisici che a volte sono strazianti. Una schiera di valorosi specialisti della chirurgia si è assunto il compito di curare, assistere, operare e condurre alla guarigione i feriti: e il compito viene disimpegnato con bravura e con slancio. Dirige il nosocomio il Dott Mario Azario il cui nome è di per sè stesso una garanzia. Tra i feriti che furono qui ricoverati dal principio di settembre ad oggi si presentarono più volte casi complicatissimi, che richiedevano operazioni coraggiose ed i sanitari del Michelin le affrontarono con risultati felici. L'ospedale, il cui impianto è costato circa cinquantamila lire e la cui spesa di manutenzione mensile si calcola sulle ottomila lire, è posto alle dipendenze della Croce Rossa ed è sotto il patronato del console francese. Dall'epoca della sua apertura ad oggi fu visitato da S. A. I. R. la Principessa Laetitia, dalla Regina Elena, da Sua Eminenza il Cardinale Richelmy, da altre nobili dame, da autorevolissimi personaggi. E tutti sempre ebbero ad esprimere il loro vivo compiacimento. Certo, tra le varie manifestazioni di solidarietà latina, che le colonie francesi in Italia hanno dato e danno nell'ora presente, il grazioso Ospedale di via Livorno è una delle più encomiabili e delle più evidenti. Ma la Colonia francese a Torino, per iniziativa del console comm. Ramoger, che è un fervente e sincero amico dell'Italia, che ha voluto per conto suo dar effettuazione ad un altro progetto altamente umanitario: quello d'istituire, a spese della Colonia stessa, una Casa per convalescenti. E cosi sorse, tra un viale ed un giardino, in una pittoresca villetta di corso Regina Margherita, che respira l'aria frizzante della collina ed ascolta il rumore giocondo del Po, quell'asilo di benessere e di pace che è l'ospedale della Colonia francese, ospedale per convalescenti. Tutti i feriti, che siano dichiarati in via di guarigione al Michelin, e che siano bisognosi per la gravità della ferita, di particolari cure, vengono passati nella villa di corso Regina Margherita, che è una specie di paradiso dei convalescenti. Stanzette comode e ariose, a due, tre letti per ciascuna, eleganti, pulite, dotate d'ogni comfort, ospitano i convalescenti, ai quali offrono veramente tra la vita dolorosa dell'ospedale, che è passata, e quella faticosa del campo che li attende ancora, una dolce parentesi di felicità. Sono accaduti casi di molti soldati che, colle sue buone suore che sanno cucinare vivande squisite, coi suoi esperti dottori che sanno l'arte di far guarire, col suo ridente giardino, ove si passeggia e si gioca alle nocete, colle sue sale luminose, ove la malinconia non entra e l'allegrezza impera, hanno sentito un nodo alla gola ed una stretta al cuore. Ed hanno pianto, qualcuno persino è ripartito dicendo: «Arrivederci presto». E non pensava, nell'ingenuo desiderio di ricominciare quella vita piana e riposante, che con una simile esclamazione si augurava: — Iddio non voglia un'altra ferita! L'esterno e l'interno della palazzina sono quanto di più pittoresco si possa desiderare. La villa Piccolino, bianca e civettuola, protetta da una bella cancellata, aperta su un lieto giardino, pare davvero il rifugio di qualche bella misteriosa […]. Ed è invece la sede di un'alta e bella e pietosa istituzione. C'è in questo ospedale dei convalescenti una minuscola cappella dove un altare è stato costrutto dalle mani stesse dei soldati ricoverati: è un piccolo capolavoro in traforo e stucco. Minuscole candele sono poste sull'altare, in attesa di essere accese quando qualche funzione religiosa si improvvisi nella cappelletta: ma le candele non sono tutte bianche come quelle degli altri altari, sono di tre colori: bianche, rosse e verdi. E fuori, nel corridoio, che dà adito alla cappella, ad ornare un acquasantino, si vedono incrociate e combacianti due piccole bandiere: l'italiana e la francese […].