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La storia ufficiale dell’Ospedale Caselli, inizia con atto notarile rogato direttamente a Lucciano, il 18 ottobre 1887 dal testatore, Giovambattista Caselli:
«Lascio a titolo di legato ed in ogni miglior modo, alla comunità di Tizzana, ove io sono nato e vissuto, Lire Cinquantamila da pagarsi [...] affinché con le medesime e con le altre somme che altri più benefattori seguendo il mio esempio li piacerà di lasciare venga istituito nel popolo di Quarrata uno Spedale per ricoverare e curare gli ammalati poveri del Comune con preferenza a quelli del Popolo di Lucciano, che s’intitoli dal mio nome e che sia di sollievo all’umanità sofferente ed ai bisogni del Comune». Nel Caselli una preoccupazione ossessiva si sottende, come una linea quasi impercettibile ma assoluta: a fianco della paura della morte, per la quale si prendono le decisioni più opportune con una casistica rigorosamente studiata in attesa del grande passo, si pongono il bisogno di lasciare una traccia consistente di sé in una sorta di ultimo egocentrico desiderio mirato alla conservazione del nome (un ospedale che «s’intitoli dal mio nome») e l’esigenza di fare, della propria vita, una sorta di exemplum, cioè di paradigma da proporre come elemento imitabile da chiunque voglia realizzarsi nel difficile ruolo del benefattore («... altri [...] Benefattori seguendo il mio esempio [...]»).
Tuttavia, a dispetto di qualsiasi considerazione d’altra natura, il meccanismo filantropico posto in essere dal Caselli, ha la lucidità scabra ed essenziale caratteristica di ciò che oggi potrebbe essere definito con disinvoltura “managerialità”.
Al fine per il quale la somma viene destinata al lascito (e si tratta di una somma cospicua, corrispondente a circa 100 mila euro attuali), giova che niente vada perduto: il Caselli quindi prevede che, se lo Spedale non verrà realizzato – a prescindere da qualsiasi motivo – la somma sia posta a frutto e con il frutto il Comune di Tizzana «acquisti» dei letti gratuiti presso l’Ospedale di Pistoia «quanti se ne possano acquistare anno per anno da servire a ricoverare e curare gli ammalati poveri del Comune di Tizzana – ripete – con preferenza a
quelli del Popolo di Lucciano».
La comunità di Tizzana si rivolse quindi al Re, per ottenerne l’autorizzazione ad accogliere il lascito Caselli e Umberto I – con Regio Decreto, dato a Roma il giorno 11 maggio 1890 e controfirmato da Crispi, constatata l’efficacia legittima delle deliberazioni assunte dal Comune il 15 dicembre 1887, il 23 maggio e il 31 dicembre 1889 e il 27 febbraio 1890 – autorizzava il Comune ad accettare il Legato e ad adempiere le condizioni del Caselli. E dunque l’ospedale fu eretto affidandone l’opera all’architetto Giovanni Tempioni che innalzando l’ospedale ideò un monumento in grado di vincere «il facile oblio del sepolcro».
L’Ospedale Caselli, eretto in ente morale, fu affidato – quanto ad amministrazione –, secondo il disposto del Regio Decreto Umbertino, alla Congregazione di Carità; si dette una struttura che è conservata nello «Statuto organico dello Spedale Caselli di Tizzana»; con atti del 15 e 18 settembre del 1939 fu classificato nella categoria delle «infermerie miste» suscettibili di accogliere sia i malati cronici che gli acuti e, infine, il 10 aprile del 1967 fu riconosciuto quale Ipab, istituto pubblico di assistenza e beneficienza.