LIMBIATE Mombello ex Ospedale Psichiatrico - Ospedali d'Italia

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LIMBIATE Mombello ex Ospedale Psichiatrico

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Questa scheda è frutto del lavoro di due giornalisti del territorio che, nel tempo libero, si sono dedicati ad un loro  progetto editoriale "STORIE DIMENTICATE" nato nel luglio 2017 che racconta luoghi, quartieri, città, aziende e persone della Lombardia.
Il progetto  ha vissuto in versione Beta fino a febbraio 2018, facendo nel frattempo registrare una partnership con la provincia di Monza e Brianza e una collaborazione con l’Unione Artigiani della provincia di Milano e Monza Brianza. La redazione è composta da giornalisti, web strategist, grafici e fotografi freelance del territorio. Il piano editoriale è semplice: raccontare storie, vicende e curiosità del territorio lombardo.
Sembra quasi di vedere la mia storia.... alla ricerca degli ospedali italiani


https://storiedimenticate.it/manicomio-di-mombello/


Fino a metà degli anni Settanta era un luogo dal quale scappare a gambe levate, adesso è una delle mete preferite per gli amanti delle gite col brivido. La storia dell’ospedale psichiatrico Antoni di Limbiate, noto come manicomio di Mombello, può essere riassunta così.
Un luogo di dolore e sofferenza diventato dopo il suo abbandono nel 1978 preda di writer, vandali e tossici, oltre che di semplici curiosi, fotografi e persino registi in cerca di set cinematografici suggestivi.
Le condizioni di abbandono trentennale in cui si trovano gli oltre 40 mila metri quadrati di stanze, celle e corridoi della struttura sanitaria è percettibile non appena varcata la soglia d’ingresso.
La costruzione del manicomio risale al 1872, vicino alla settecentesca Villa Crivelli-Pusterla, la tenuta scelta da Napoleone per proclamare la Repubblica Cisalpina
A separare il manicomio dal resto del mondo ci pensava un muro di cinta alto due metri e lungo tre chilometri entrato a far parte dell’immaginario locale. “Se non fai il bravo, ti porto de la del mur” dicevano i nonni ai nipotini irrequieti. Ogni tanto qualche paziente lo scavalcava per scappare.
Al massimo della capienza, arrivò a ospitare oltre 3 mila pazienti, fra i quali anche il figlio illegittimo di Mussolini, Benito Albino, morto internato nel 1942.
Negli anni 60 dell’800 c’era l’urgenza di un nuovo ospedale “per matti” perché il manicomio milanese della Senavra era in sovraffollamento. Si incorreva tra le altre cose allo scoppio di un’epidemia di colera. Quindi vennero trasferiti a Mombello i primi 60 malati.
Cesare Castiglioni, direttore della Senavra, organizzò Mombello come colonia agricola per i malati tranquilli che non necessitavano di cure insistenti. La struttura divenne un vero e proprio villaggio dotato di laboratori, giardini e spazi coltivabili. I ricoverati potevano lavorare e rendersi utili nei laboratori artigiani e di sartoria, negli orti. Erano considerate attività lavorative “terapeutiche”.
Gli “agitati” invece venivano tenuti in isolamento.
Dentro era organizzato come una cittadella: uffici amministrativi, panificio, lavanderia, un teatro e persino a una piccola ferrovia per trasportare le merci e nel luglio 1880 nacque anche un giornale interno, la Gazzetta del Manicomio della Provincia di Milano in Mombello, che venne stampato per 25 anni.
Durante la I guerra mondiale ospito 3500 pazienti. Vennero costruiti altri quattro padiglioni per ospitare e curare i soldati che venivano dal fronte. Molti di loro non ressero l’orrore della guerra, vennero considerati pazzi e internati nel manicomio. Durante la seconda guerra mondiale ospitò i degenti del manicomio di Venezia chiuso per motivi bellici e successivamente ospitò gli sfollati di varie alluvioni e disastri naturali. Dopo la seconda guerra mondiale il manicomio di Mombello iniziò a perdere lustro, perché il Gaetano Pini iniziava a farsi strada come struttura più all’avanguardia.
Nel 1978 la legge Basaglia pose fine a tutto decretando la chiusura dei manicomi, tra cui ovviamente anche quello di Mombello, il quale fu riconvertito per un breve periodo in un ospedale psichiatrico per poi essere definitivamente chiuso nel 1999.
Nel corso degli anni a venire questo ospedale divenne un ammasso di macerie, luogo spettrale, uno straordinario edificio con i suoi padiglioni immersi in una natura diventata prevalente, selvaggia e rigogliosa.  Apparentemente il vecchio manicomio non offre altro alla vista se non rottami, spazzatura e vecchi mobili gettati alla rinfusa. Ma per occhi meno superficiali e attenti si rivela un luogo affascinante, un luogo dove storia e mistero si intrecciano. Si possono ritrovare vecchi schedari, macchinari distrutti, vetri rotti. Costituisce un’attrazione magnetica, con i suoi enormi corridoi e i padiglioni fatiscenti, le stanze con finestroni affacciati sui boschi intorno, le grandi scalinate a strapiombo sul vuoto e i cunicoli sotterranei.
Si  tratta di chilometri di gallerie di sottoservizi, alte 180 centimetri, all’interno delle quali scorrono le tubature, fissate tramite mensole alle pareti, un tempo necessarie per portare acqua e riscaldamento nelle varie aree. All’interno nascosta dentro questi lunghi tunnel sotterranei c’è una galleria diversa dalle altre che si dice fosse un passaggio segreto voluto da Napoleone per consentirgli una fuga in caso di pericolo. Le leggende narrano inoltre che, prima dell’entrata in vigore della legge Basaglia, alcuni dottori effettuassero esperimenti clinici non autorizzati sui malati di mente. I resti di queste vittime innocenti sarebbero state poi gettate nel pozzo, di circa 30 metri di profondità, posto proprio all’interno delle cavità destinate al trasporto e allo smaltimento delle acque.

Altra fonte:  Giuseppe Castelli, Gli ospedali d'Italia, Milano : Medici Domus, 1941  pag 131

 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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