Menu principale:
Contenuto proveniente dal sito dell'orgoglio foggiano di Mangano Alberto
https://manganofoggia.it/gli-
E’ difficile stabilire quale fu il primo ospedale di Foggia e quando fu istituito. Di certo si sa però che molti ordini religiosi aprirono ricoveri (ospitium) per gli infermi e non solo durante le guerre e le epidemie. Una pianta della città del 1583, (disegno di anonimo e testi attribuiti a Padre Angelo Rocca e conservata presso la Biblioteca Angelica di Roma) registra, tra le altre, la seguente didascalia: “Hospitale de Santa Chaterina” e lo colloca sull’attuale via Arpi, di fronte alla Chiesa di Sant’Agostino, nelle immediate vicinanze di una delle cinque porte, la Porta Piccola (oggi scomparsa) che si apriva dove oggi via Arpi si innesta su via Pasquale Fuiani.
E’ importante questo elemento perché si tratta dello stesso luogo in cui troviamo, successivamente, l’Ospedale “San Giovanni di Dio” , che nei primi anni del ‘900 si chiamerà “Umberto I”, per ricordare il Re che morì sotto i colpi dell’anarchico Gaetano Bresci, a Monza, il 29 luglio 1900. Proprio in quegli anni, l’Ispettore Generale della Sanità Pubblica, Druetti, dichiarò in un suo rapporto che l’ospedale “Umberto I” era uno dei maggiori e più importanti nosocomi del Mezzogiorno. Ma facciamo un passo indietro.
Dal 1348 risiedevano a Foggia e, sicuramente fino al 1750, i monaci della regola benedettina, i “Celestini” che, come risulta da un documento conservato a Montecassino, avevano un loro Convento e una chiesa, entrambi dedicati a Santa Caterina di Alessandria. Si tratta della stessa chiesa che sarà poi intitolata a San Giovanni di Dio. E’ la “ruota”, elemento ornamentale posto sulla porta e che ci dice che frati, preti, monache e suore non si occupavano solo di curare l’anima dei fratelli ma anche il corpo e che sperimentavano cure e rimedi antichissimi con tanta carità e spirito di sacrificio. Aiutati dalle confraternite e dalle offerte dei nobili foggiani, alleviavano le sofferenze dei malati, toglievano dalla strada gli orfani e offrivano un rifugio sicuro a chi ne aveva bisogno. Sempre pronti, durante i terremoti, i saccheggi, le epidemie, ad intervenire al servizio della gente colpita e debole.
Don Antonio Vincenzo Maria Silvestri, Servo di Dio Ordinato sacerdote nel 1797, è rettore della chiesa di Sant’ Agostino e custode della chiesa di Santa Maria di Costantinopoli durante il periodo murattiano della soppressione dei conventi. La sua ansia di aiutare i bisognosi trova una prima concreta risposta nell’ istituzione di una piccola casa di ricovero per le donne anziane ed ammalate. La sua casa si trovava in un vicolo adiacente la chiesa di San Giovanni di Dio e ospitava al piano terra le donne anziane e, al piano superiore, le ammalate di tisi. Con l’aiuto delle elemosine, ben presto l’Opera progredisce e la piccola casa non basta più. Don Antonio Silvestri trasferisce le sue donne nei pressi della chiesa di Sant’Eligio, in una casa presa in affitto. L’Ospedale delle donne sarà anche ospitato in un grande palazzo al Piano delle Fosse. L’opera di Don Antonio non conosce soste: raccoglie viveri e abiti per i carcerati e nel 1824 fonda il Conservatorio del Buon Consiglio, collegato alla chiesa di Sant’Eligio, di cui diventa Rettore. Nel Conservatorio, le donne lavorano e studiano: vengono creati un laboratorio per la tessitura, una scuola di ricamo, una scuola di musica e canto, per le fanciulle di ogni ceto sociale. Nel 1836 un’epidemia di colera funesta la Capitanata e Foggia in particolare. Don Antonio Silvestri, l’uomo che aveva fatto la sua parte anche in questa occasione, muore a causa dello stesso morbo che aveva combattuto.
L’ospedale maschile, gestito dai frati di San Giovanni di Dio viene rivendicato dal Comune di Foggia nel 1869. Nel 1850 disponeva di 70 posti letto per militari e civili, destinati a salire a 190 nel 1884. Così ne parla nel 1876 Ferdinando Villani (storiografo foggiano): “… presso a cento infermi consetuamente raccoglie alla sua volta l’ospedale civile dei frati di San Giovanni di Dio, generosi di assistenza verso i tribolati e che sull’ampio vessillo della carità evangelica hanno scritto i loro nomi, gridando per l’indole istessa del loro istituto: fate bene o fratelli […] l’ospedale civile […] che può dirsi preziosissimo per la specialità degl’interni ordinamenti e per l’ammirabile disciplina. Ne fan prova la nettezza delle sale, l’aria salubre che vi si respira, la scelta de’ letti, il lustro delle masserizie, la qualità de’ cibi e le sane vivande che si apprestano agli ammalati, la frequenza di valenti medici, ed anche le spirituali assistenze, onde i moribondi dormono l’ultimo sonno della vita sul capezzale di una buona coscienza.”
L’ospedale femminile, fondato da Silvestri, invece, è affidato alle Suore della Carità, sotto il titolo dei santi Caterina e Francesco da Paola, ottiene il riconoscimento giuridico nel 1856 e diventa Ospedale Provinciale nel 1864 e successivamente sarà intitolato al Re d’Italia Vittorio Emanuele II.
In questi anni arriva a ricoverare fino a 14 donne al giorno provenienti da ogni paese della Capitanata. Dopo vari traslochi troverà, infine, sistemazione, grazie all’intervento del Comune e della Provincia di Foggia, nel 1880, nell’ex Convento di Sant’Agostino, dove vi rimarrà anche nel secolo successivo. Il convento fu soggetto a continui interventi di manutenzione anche per aver subito un incendio il 6 ottobre 1899. Dalla fusione dell’Ospedale maschile “San Giovanni di Dio” (“Umberto I”) con quello femminile (“Vittorio Emanuele II”) nasceranno, nel 1928 gli “Ospedali Riuniti di Foggia”.
Le trattative durarono a lungo, quasi vent’anni e, alla fine, lo statuto degli Ospedali Riuniti fu approvato con la deliberazione n. 1021 del 29 febbraio 1928 del Comune di Foggia, che dall’11 novembre 1927, dopo tre commissari prefettizi in quattro anni, era adesso retto da un Podestà. La nuova Amministrazione comunale “riordinò, disciplinò e rinvigorì” il personale degli antichi ospedali che si erano uniti.
I contributi economici precedentemente stanziati a favore dei due enti dai sindaci di Foggia fino al 1923, rimasero inalterati.
Nel frattempo, era terminata la costruzione di un nuovo padiglione dell’ex “Umberto I” in via Arpi e in via Manzoni grazie agli enormi sforzi della “Fondazione Siniscalco-
Ma così non fu, perché il Comune nel 1930 acquistò i terreni per costruire un ospedale sanatorio. Stava nascendo l’Ospedale antitubercolare che sarà poi intitolato al colonnello Lorenzo d’Avanzo, caduto a Galz-
I padiglioni di via Arpi del vecchio “San Giovanni di Dio” oggi ospitano il centro Sert (Servizio recupero tossicodipendenti), il Centro di medicina sociale e servizio di alcologia e il Servizio Veterinario. L’ex Convento di Sant’Agostino, invece, dopo essere scampato alle ingenerose demolizioni del regime fascista, è ritornato alla Provincia di Foggia. Per anni fu la sede dell’ospedale femminile “Vittorio Emanuele II”, dell’ Ospedale provinciale di maternità e brefotrofio e negli anni ’80 ospitò il Cim (Centro di igiene mentale). Dopo radicali e poderosi lavori di ristrutturazione che sono serviti anche a cancellare le “tracce” lasciate dagli anarco-
E gli Ospedali Riuniti? Fin dal 1937 si impose la necessità di dotare Foggia di una struttura ospedaliera efficiente e moderna. Il presidente degli Ospedali Riuniti di quegli anni, l’avvocato Annino Gentile, chiese all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, la concessione del Sanatorio di via Ascoli, già costruito ma non ancora adibito a tubercolosario. La richiesta non fu accolta dall’Istituto proprietario e gli amministratori dell’ospedale cittadino si orientarono verso la costruzione “ex novo” di un centro ospedaliero dalla capacità di 500 letti per far fronte alle necessità di Foggia e della sua provincia. Il commendator Guarducci, Commissario prefettizio degli Ospedali Riuniti, nel 1942 deliberò la costruzione del nuovo ospedale. La guerra, già scoppiata nel 1940, si incaricò di fermare tutto e solo nel 1949, si riuscirà ad ottenere dall’Alto Commissario di Igiene e Sanità il finanziamento per la costruzione del nuovo ospedale e la cessione del Sanatorio.
Il Ministero dei Lavori Pubblici stanziò 450 milioni di lire. Ma la vera svolta arriva nel 1962 con la nomina di Luigi Turtur a Presidente del Consiglio di Amministrazione degli Ospedali Riuniti.
Tenne a battesimo il vero inizio dei lavori di costruzione del nuovo ospedale. L’area si trovava fuori dalla città ed era facilmente raggiungibile anche dall’Aeroporto Gino Lisa, dal quale era distante solo tre chilometri. I problemi, però, non erano terminati perché molti erano convinti del fatto che il terreno scelto non fosse edificabile a causa della sua franosità.
Problematiche ricomparse recentemente, nel 1997, quando si parlò del completamento del plesso che si trova su via Napoli (il terzo lotto, destinato ad ospitare la facoltà di Medicina dell’Università) e di ristrutturazione del Monoblocco (la prima costruzione). Alla fine degli anni ’60 l’ospedale era quasi ultimato, ma enormi difficoltà burocratiche impedivano la sua apertura. Infine, nel giugno del 1969, un evento curioso consentì l’inaugurazione non ufficiale del complesso. Circa 300 partecipanti ad un banchetto nuziale furono colpiti da intossicazione alimentare collettiva e le disponibilità di ricovero del “Siniscalco-
Numerose sono state le emergenze che gli Ospedali hanno dovuto fronteggiare, tra cui il ritorno del colera nel 1974, il terremoto del 1981.
(fonte: ospedali riuniti )