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ROVERETO Lazzaretto Sant'Ilario

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Il contenuto della scheda è tratto integralmente dal testo: La lebbra nel Medioevo : lo spedale per i lebbrosi a Sant'Ilario presso Rovereto - Luigi Rosati - 1902

Sant'Ilario è un casale con antichissima chiesetta situato circa due chilometri di Rovereto. Nei tempi eravi colà uno spedale di lebbrosi. Ne abbiamo certezza da un documento dell'antico archivio vescovile trentino nel quale si contengono vari privilegi ed esenzioni concessi dal vescovo Corrado di Beseno a favore della chiesa di Sant'Ilario e dell'annessovi spedale in cui erano ricoverati lebbrosi e poveri. Oltre a questa notizia, diremo cosi, fondamentale ed un'altra posteriore che ci fa sapere come Sant'Ilario era un convento di religiosi presieduti da un priore, nient'altro ci consta di certo intorno al pio luogo in quanto esso era spedale di lebbrosi; niente della sua origine, forma, costituzione, niente delle sue entrate, dei suoi abitatori e della sua durata.
Per cui intorno a tutte queste circostanze dobbiamo accontentarci di illazioni e congetture più o meno fondate.
Crediamo  che alla chiesa sia stato assegnato il titolo di Sant'Ilario, perchè questo santo si venerava come patrono contro il mal della lebbra, leggendosi nella sua vita, scritta già nel sesto secolo, come lebbrosi, mettendo nell'acqua in cui si bagnavano un po' di polvere del sepolcro del santo, talora avevano di subito ricuperata la sanità.
Ma lasciamo tale questione che ben difficilmente oggi potrà essere sciolta in modo abbastanza plausibile e veniamo ad una altra più importante, cioè a quella che concerne i mezzi di sussistenza dello spedale ed il pio benefattore che li fornì.
Pare esservi state, a Sant'Ilaris, parecchie case dipendenti dallo spedale e obbligate al sostentamento di esso, parte delle quali erano già fatte, parte soltanto progettate. Tutte queste insieme con l'ospedale formavano una comunità o gastaldia a parte, la quale fu dichiarata ecclesiasticamente indipendente da qualsiasi pievano di Val Lagarina, e soggetta immediatamente al vescovo. Nel 1339 essa si componeva di nove fuochi o famiglie. Ai componenti la stessa, come servi dello spedale, fu concesso il diritto in capulis et pasculis, cioè di far legna e di condurre le bestie a pascolare, nel territorio comunale delle tre pievi adiacenti. Di più i coloni, o meglio servi della gleba, appartenenti allo spedale furono esentati dal pagare qualsiasi decima sui foraggi e su altri prodotti del loro lavoro.
Dal fin qui detto mi pare doversi conchiudere che il principal mezzo di sussistenza dell'ospedale consisteva in una abbastanza vasta estensione di terreno nella stessa località di Sant' Ilario i cui lavoratori erano servi dello spedale, ed in buon numero di capi di bestiame.
Un altro cespite d'entrata era una fiera che, per decreto del vescovo, doveva farsi ogni anno. La giurisdizione su tale fiera, cioè il diritto di mantenere il buon ordine, di provvedere al necessario, di far ragione di eventualiquerele, reclami, offese, torti ecc. per cose riguardanti il mercato, nonchè quello di riscuotere le tasse, come si direbbe oggi, di piazza ed altre gabelle, fu attribuita al gastaldione vescovile di castel Predaglia o ad un altro apposito delegato vescovile.
Ed affinché il concorso alla fiera e quindi anche l'utile da essa derivante all'ospedale, fossero maggiori, il vescovo concesse un salvacondotto, tanto per l'andata quanto per il ritorno, a tutti indistintamente entro i confini del principato, esclusi soltanto i banditi, ladroni, falsari, ed altri malfattori.
Non è a credere che gli utili materiali derivanti allo spedale da una tal fiera siano stati proprio piccoli: oltre le tasse sui posti, l'affitto per banchi, tavole, ecc. c'erano le tasse sul pane, sul vino e sulla carne; c'erano le multe e condanne che dovevano pagarsi dai contravventori al regolamento della fiera, fissato di volta in volta da colui che ne aveva la giurisdizione, il qual regolamento, di solito, proibiva, oltrechè ogni genere di truffa o d'imbroglio, anche le bestemmie, le risse, i balli, le ubbriachezze, il portar armi ed altre simili cose.
Un terzo cespite di entrata era la privata beneficenza, stimolata dal pio vescovo colla concessione di spirituali favori.
Ed invero a tutti quelli che andando alla sagra di Sant'Ilario beneficavano il pio luogo, purchè fossero sinceramente pentiti, egli rilasciava venti giorni di penitenza per i peccati gravi
(de criminalibus) e la quarta parte di quella per i veniali (de venialibus). Di più a chi, sempre mosso da vero spirito di penitenza, avesse fatto il digiuno di una mezza quaresima (Carenam mediam jejunaverit) e si fosse accostato al sacerdote addetto alla chiesa ed all'ospedale di Sant'Ilario, questo sacerdote aveva facoltà dal vescovo di dargli la calzatura (calceos dare), vale a dire di assolverlo e dichiarare compita la sua penitenza.
Per attrarre al pio luogo sempre più visitatori che lo beneficassero, stabili eziandio che a favore di tutti quelli che avessero avuto desiderio di intervenire alla sagra, si osservasse
fedelmente ogni anno, per otto giorni prima e altrettanti dopo la sagra, la tregua di Dio, vale a dire la perfetta cessazione dalle ostilità, tanto nelle persone quanto nelle cose, sottoponendo alla scomunica chiunque coll'offendere i visitatori, sia nell'andata sia nel ritorno, l'avessero violata.
Come si vede, il vescovo fece proprio tutto il possibile per sollecitare la carità cristiana a pro del pio luogo; il che se per un lato dimostra il suo buon volere verso i lebbrosi, per l'altro ci lascia anche intendere che grandi erano i bisogni dello spedale, piuttosto scarse invece le sue rendite ordinarie.
Sarebbe  cosa bellissima poter registrare i nomi del fondatore e dei più insigni benefattori del pio luogo; ma il silenzio dei documenti condanna anche noi a tacere.
Tra i benefattori l'unico che troviam ricordato nelle carte del nostro spedale è il famoso Guglielmo di Castelbarco-Lizzana, il quale nel suo testamento, fatto li 13 agosto 1319, lasciò al convento di Sant'Ilario decimam, et jus decimationis el perceptionis fructuum omnium terranem, et possessionum ipsius monasterii, et omne jus (che egli dichiarava di avere) in ipsum decimam,'ordinando e pregando i suoi eredi di voler rispettare questo suo atto di volontà.  Dal che comprendiamo che i Castelbarco, quali feudatari del luogo, conservavano ed esercitavano il diritto di decima sulle frugi e sui frutti delle terre spettanti allo spedale, eccettuata peraltro la decima sui foraggi e sui prodotti del lavoro (de quibuslibet laboribus per mamus eorum factis), dalla quale il principe-vescovo, fondato sui decreti del terzo conc. Lateranese aveva dichiarato esente il pio luogo.
Quali lebbrosi e poveri venivano accolti nello spedale di Sant'Ilario? Anche su ciò aspettiamo una risposta dalle nostre carte.
Delle condizioni alle quali i lebbrosi erano accettati e dell'ordine che vigeva nello spedale è inutile discorrere, perché in causa dell'assoluta mancanza di dati positivi saremmo esposti
al pericolo di non dir altro che cose cervellotiche. Ci basterà il sapere che lo spedale aveva l'impronta d'una casa religiosa, dal momento che in vari documenti è detto costantemente monasterium, e che ad esso era addetto, o come superiore o come cappellano, un sacerdote che la carta del 1197 chiama sacerdotem dicte Ecclesie ed Hospitalis.
Sino a qual epoca sussistettero il convento e l'ospedale di Sant'Ilario? È un punto a cui possiamo rispondere con bastante certezza. Ci consta infatti che nel 1362 c'erano colá ancora dei frati, mentre in una carta di quell'anno un tal Marcolino fu ser Nicolo della villa di Sant'Ilario è detto sindicus et procurator Priorix Monachorum seu Fratrum monasteri S. Hilarii.
Anche nel 1384 pare siavi ancora sussistito il convento essendo nominato un certo prete Paxius  come priore di esso.
Nel 1459 invece non vi troviamo più religiosi di sorta, ma bensì un laico, Giov. Lor. Marzani, il quale già da molto tempo ne amministrava le entrate. È dunque chiaro che il monastero e lo spedale vennero a mancare o alla fine del decimoquarto o al principio del decimoquinto secolo, dunque quando scomparve la lebbra.





 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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