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La prima notizia relativa alla presenza di un orfanotrofio a Pistoia risale, secondo Bargiacchi, al 1208 (1203 secondo Fioravanti) quando fu eretto un asilo sotto il titolo di Spedale di San Spirito in Porta Lucchese, presso la chiesa dei Giustiziati, governato dai fraticelli di Sant’Alessio e della Vergine. Tale asilo è ricordato infatti nel testamento di Buonaguida di Bello del 21 agosto 1224, rogato da ser Cristoforo. Presumibilmente in quegli stessi anni fu eretto a Pistoia un altro istituto detto di Santo Spirito o del Ponte alla Brana, poi destinato a diventare ospizio per poveri, in particolare religiosi. Nel 1223, per volontà del Comune, fu eretto l’ospedale di San Gregorio, che fu dotato con le rendite delle monache di Santa Lucia dipendenti dai monaci benedettini di San Bartolomeo in Pantano. Ebbe la sua prima residenza in via del Corso, nel convento poi assegnato alle monache di Santa Lucia, e fu più tardi incorporato al convento e conservatorio di San Giovanni Battista. Alle rendite già attribuite all’ospedale si aggiunsero quelle dei citati ospedali di Santo Spirito in Porta Lucchese e del ponte alla Brana. Il patrimonio si andò comunque arricchendo soprattutto grazie ai cospicui lasciti di P. Riccobaldo con testamento del 26 aprile 1230. Il primo spedalingo eletto fu Lorenzo Tonti. A causa della cattiva amministrazione di questo ospedale e di quello di San Bartolomeo al Prato al Vescovo in Alpe, in mano a religiosi, nel 1393 gli Anziani, Consiglio e Comune di Pistoia supplicarono il pontefice Bonifacio IX di intervenire. Con bolla del 13 dicembre dello stesso anno il papa rispose favorevolmente a tale richiesta, disponendo l’unione dei due ospedali e concedendo al comune il patronato sull’ospedale di San Gregorio, ovvero la facoltà di sottoporre al vescovo, cui spettava la nomina dello spedalingo, i nominativi di tre cittadini idonei al governo. Tale meccanismo di elezione durò per quasi due secoli. Il Comune di Pistoia accordò benefici e privilegi a San Gregorio per migliorarne le condizioni economiche: il 21 ottobre 1396 lo esentò dal pagamento delle gabelle e di altre gravezze con le stesse immunità godute dall’Ospedale del Ceppo; il 22 agosto 1404 decretò che i beni provenienti da eredità o donazioni, così come accadeva per il Ceppo e per l’Opera di San Jacopo, non fossero soggetti a gravezza. Tra le successive franchige ricordiamo quella concessa nel luglio 1464 relativa alla cessione del prezzo del Palio di San Jacopo, quando per diverse eventualità non fosse stato corso. Con sentenza del Capitano del Popolo del 24 marzo 1453 l’ospedale venne inoltre esentato dal pagamento della gabella delle porte. Dalla dichiarazione catastale del 1428, si apprende che l’ospedale, superate in ricchezza le altre istituzioni monastiche pistoiesi di ben più antica fondazione, manteneva a proprie spese 33 letti per i vecchi e per i pazzi e 17 persone colpite da infermità permanente. Anche la Repubblica Fiorentina concesse numerosi privilegi a San Gregorio: il 29 giugno 1431 l’ospedale ottiene i privilegi già concessi all’ospedale del Ceppo e all’Opera di San Jacopo in materia di esazione, cause e addizioni di eredità. Malgrado le disposizioni di Bonifacio IX, l’autorità ecclesiastica continuò a rivendicare diritti di giuspatronato sull’ospedale di San Gregorio, tanto che per dirimere definitivamente le controversie nel 1400 intervennero due consulti di giurisperiti che stabilirono che San Gregorio dovesse a tutti gli effetti considerarsi istituzione laicale . Nel 1498, in seguito alla morte dello spedalingo Andrea Buonaccorsi, fra le famiglie Panciatichi e Cancellieri si accesero violente contese per la carica di spedalingo e si dovette ricorrere all’intervento del vescovo e delle magistrature fiorentine che, con l’ausilio di due giureconsulti, nominarono spedalingo Bernardo Nutini, di parte favorevole ai Cancellieri. Tale nomina generò le proteste della parte dei Panciatichi, i quali sostenevano la nomina di Pietro del Terco. Dopo che la nomina del Nutini fu ratificata dalla Signoria fiorentina, le proteste degenerarono in una vera e propria guerra intestina tra le due fazioni, che si concluse con il sanguinoso scontro del 17 giugno 1500. Raggiunto infine un accordo, i Panciatichi consegnarono lo Spedale ai Cancellieri che, inorgogliti del successo ottenuto, lo saccheggiarono barbaramente. Dopo questo sanguinoso avvenimento, il governo dello Spedale passò in mano al Supremo Magistrato cittadino ed il Consiglio ne affidò la direzione a quattro probi cittadini. Le lotte di parte e la carestia che colpì la città nel 1505 impoverirono notevolmente le finanze dell’ospedale che continuò a sopravvivere grazie alla carità cittadina ed agli aiuti pervenuti dall’Opera di San Jacopo, dalla Pia Casa di Sapienza e dall’Ospedale del Ceppo. Al fine di evitare nuovi scontri, nel 1506 la Signoria di Firenze affidò il governo di San Gregorio allo spedalingo degl’Innocenti di Firenze, sotto il quale vi rimase fino al 1525. Successivamente la nomina dello spedalingo tornò ad effettuarsi secondo quanto stabilito dalla bolla di Bonifacio IX, fino all’epoca della sua soppressione. Per ordine di Cosimo I ed in occasione dell’ampliamento della Fortezza, nel 1539 l’ospedale fu trasferito nelle case dove risiedeva la compagnia di Sant’Antonio Abate, in porta Lucchese e la sua antica sede fu destinata ad ospitare le monache di Santa Lucia. Si conserva una minuta di capitoli e ordinamenti del 22 novembre 1552, approvata da Cosimo I il 6 aprile 1553, dalla quale si evince che il patronato dello Spedale spettava al Comune di Pistoia e che gli aspiranti alla carica di spedalingo dovevano avere, tra i requisiti, un’età superiore ai 40 anni, la cittadinanza pistoiese ed essere abili agli uffici; inoltre, presumibilmente per incompatibilità con l’amministrazione delle doti, secondo quanto stabilito anche nella bolla di papa Bonifacio IX, non dovevano avere figli maschi o figlie femmine non maritate o vedove. Lo spedaliere veniva scelto dal vescovo all’interno di una rosa di tre nomi indicati dal Consiglio del popolo di Pistoia e durava in carica per sei mesi. Era tenuto ad investire in fitti o terre tutti gli utili in avanzo, stabilire il salario delle balie, il tempo previsto per l’allattamento, l’entità delle doti e provvedere con libero arbitrio nell’amministrazione ordinaria e straordinaria, eccezion fatta in materia di alienazioni e affitti perpetui, per i quali dovevano operare solo in caso di necessità e comunque entro i 50 scudi. Tra le disposizioni si precisa anche che non potevano essere impiegati più di 20 scudi per le spese dei funerali degli spedalieri defunti. Durante lo svolgimento della propria carica allo spedaliere era fatto divieto di accedere ad altre cariche o magistrature di qualsiasi tipo. Riguardo all’attività assistenziale si precisava come lo spedaliere fosse tenuto a “allevare et ritenere e fanciulli masti sino all’età di 14 anni con buona cura et inviarli ad diverse arti o esercitii secondo che per la bolla si dispone et secondo la possibilità del luogo”. Una volta l’anno, nel mese di luglio, l’amministrazione degli spedalieri era sottoposta al sindacato di quattro ragionieri, estratti dalle borse ordinarie dei ragionieri della città di Pistoia purchè privi di rapporti di parentela con gli spedalieri o da altri impedimenti; tali ufficiali, dopo aver rivisto e saldato la propria amministrazione alla presenza del camarlingo generale di Pistoia, dovevano presentarla davanti al Consiglio del popolo, depositandone una copia in cancelleria e ottemperando alle pene pecuniarie previste in caso di cattiva gestione. Il salario dei ragionieri consisteva in due candelieri d’ottone. Nel 1574, data la contemporanea vacanza dello spedalingo e del vescovo, Francesco I si assunse il diritto di nomina che avveniva su proposta di tre nomi suggeriti dal Consiglio generale. Tale procedura venne conservata anche dai successivi granduchi, fino all’epoca della soppressione dell’ospedale. Il Consiglio e Pratica Segreta, con lettera dal 3 agosto 1590, ordinò al Commissario di impedire alle balie l’abuso del loro servizio, che evidentemente si protraeva oltre i limiti consentiti. Nel convento annesso all’ospedale di San Gregorio venivano istruite le fanciulle gettatelle al fine di costituire loro una dote in occasione di matrimonio e di renderle abili nell’attività della tessitura. Questa pratica doveva essere assai frequente, tanto che, per far ottenere un maggiore profitto all’ospedale, il 29 novembre del 1618 San Gregorio venne esonerato dal pagamento della gabella delle porte, per la seta che importava da Firenze come materia prima e che poi tornava confezionata in panni, broccati e quant’altro. Le condizioni economiche dell’ospedale sembrano essere abbastanza buone almeno fino al 1630, quando lo spedalingo lamentava al Consiglio del Popolo la carenza degli assegnamenti previsti. Il Granduca allora dispose che il vicariato di Pescia corrispondesse annualmente 100 scudi per il sostentamento dei bambini provenienti da quella giurisdizione. Nel 1633 poi un disastroso incendio, a causa del quale morirono anche numerosi bambini, procurò ulteriori dissesti finanziari. Nuovi provvedimenti furono presi dal Consiglio nel 1640 relativamente all’abolizione delle elemosine settimanali corrisposte dall’ospedale ai frati cittadini, al destinare a servizio dell’ospedale i trovatelli piuttosto che i salariati, al privare del salario tutti i trovatelli, al mandare a servizio le trovatelle. Grazie ai numerosi lasciti ed alla buona amministrazione dei successivi spedalinghi Baccio e Lorenzo Tonti, San Gregorio poté accumulare un capitale sufficiente per Ospedale di San Gregorio intraprendere la costruzione di una nuova fabbrica, su disegno e direzione dell’architetto Romualdo Cilli, che, cominciata l’anno 1749, ebbe termine nel 1756, quando fu restaurata anche l’annessa chiesa. Nel 1752, alla morte di Lorenzo Tonti, fu modificato nuovamente il sistema dell’elezione dell’ufficio di spedalingo. Il Governo di Firenze conferì infatti la nomina dei tre cittadini, da sottoporre alla decisione finale del Granduca, al Governatore della città ed al Gonfaloniere. Con motuproprio spedito in Consiglio di Reggenza il 25 luglio 1754, il principe prescelse come spedalingo il cavaliere Benedetto Moncetti e stabilì una serie di norme relative all’amministrazione ed all’organizzazione dell’ospedale stesso. In base a tali norme lo spedalingo avrebbe dovuto occuparsi non solo del governo economico dell’istituto, ma anche presiedere alla custodia ed all’educazione delle fanciulle dimoranti nel Conservatorio dell’ospedale, aver cura dei trovatelli procurando che fossero allattati e custoditi, sia quelli tenuti all’interno dell’ospedale, affidati alla cura di tre balie, sia quelli inviati a balia fuori dall’istituto in città ed in campagna. Lo spedalingo avrebbe inoltre dovuto seguire le lavorazioni della seta fatte dalle fanciulle dato che da tali lavori l’ospedale ne traeva qualche profitto, tenere la cassa del denaro ricavato dalla vendita delle grascie e dalla riscossione delle rendite pagando di sua mano tutte le spese e i debiti. Veniva quindi abolita la figura del cassiere. In precedenza, con lettera della Pratica segreta del 4 gennaio 1735, era stato stabilito che lo spedalingo fosse compensato con un salario di lire 100 al mese (in precedenza aveva diritto a conseguire il pieno trattamento di alloggio, vitto, biancheria ecc. per sè e per la sua famiglia e servitù per un onere annuale di circa 400 scudi). I ministri da lui dipendenti erano uno scrivano, con provvisione di lire 240 annue, un fattore con salario di lire 10 al mese più due mance di lire 7 a Natale ed a San Jacopo, un vinaio e panettiere con lire 7 al mese e due mance come sopra, una donna inserviente per le fanciulle con salario di lire 2 e mezza al mese e lire 4 annue di mancia, una cuoca con lo stesso salario, un sacerdote cui spettavano annualmente 90 staia di grano e lire 20 in contanti e tre inservienti. Con lettera della Pratica Segreta del 3 maggio 1764 l’ospedale fu dichiarato esente dalle leggi di manimorta emanate con motuproprio del 18 settembre 1763. Per la cura dei trovatelli ammalati, con motuproprio del 9 dicembre 1766 e lettera del 27 novembre 1768, il granduca ordinò che fossero ricevuti e curati gratuitamente all’interno dell’ospedale stesso grazie alla istituzione di un’apposita infermeria. Gli stessi decreti costituirono un primo passo nell’avvicinamento degli istituti di San Gregorio e del Ceppo. Ad un progetto di riforma, sottoposto dalla Pratica Segreta allo spedalingo Jacopo Montemagni nel 1773, quest’ultimo rispose negativamente presentando una relazione nella quale dimostrava la buona amministrazione dell’istituto che, grazie alle sole proprie entrate riusciva a mantenere ed istruire tutti i trovatelli provenienti dalla città, contado e montagna di Pistoia e dal vicariato di Pescia. Dichiarava inoltre che venivano accettati a balia anche i figli legittimi di famiglie indigenti, e che le fanciulle erano occupate nella lavorazione dei tessuti con l’impiego di 15 telai e con grande utile dello stabilimento. Al momento del matrimonio le fanciulle venivano fornite di dote o, se rimanevano in istituto erano collocate a servizio presso famiglie o all’interno dello stabilimento. Grazie a tale relazione San Gregorio continuò per alcuni anni ad avere una amministrazione autonoma fino al motuproprio del primo settembre 1777 che lo sottopose alla giurisdizione della Comunità di Pistoia, come era avvenuto per gli istituti delle Opere dell’Umiltà, di San Giovanni e di San Zeno. Il primo gennaio 1778 la Comunità di Pistoia cominciò ad esercitare la propria giurisdizione sull’ospedale, anche se questo mantenne in pratica una certa autonomia almeno fino primo aprile 1782, quando fu sottoposto al sindaco e provveditore della Camera Comunitativa. Con sovrano rescritto del primo giugno 1782 allo Spedale di San Gregorio venne unito il patrimonio della soppressa Corporazione dei Roccettini di San Bartolomeo. Infine, facendo seguito alla proposta del senatore Mario Covoni, commissario dello Spedale di Santa Maria Nuova, inviato a Pistoia per riformare gli ospedali di San Gregorio e del Ceppo, si giunse alla unificazione degli stessi istituti con motuproprio dell’11 settembre 1784, con il quale nacquero i Regi Spedali Riuniti di Pistoia.