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L’affascinante avventura di sei fratelli – Gli ospedali riuniti di Treviglio – L’Ospedale SS. Trinità di Romano di Lombardia -
Il 23 aprile 1535 il vescovo Lippomano fa la sua seconda visita pastorale a Romano e dagli atti risulta che: Hospitale non habent.
Fu anche interrogato come teste il sacerdote Christophorus de Alegris de Rumano, che era cappellano all'altare della SS. Trinità, che confermò al visitatore l'inesistenza di un ospedale.
In un’altra visita del 1594 non si fa riferimento all’ospedale.
Ma, con deliberazione del consiglio generale della confraternita della SS. Trinità, tenuto il 27 ottobre 1602, il sotto priore Giacomo Cropello espose che saria bene, e opera buona stante il crescimento dell'infermi del Ospitale nostro far fabricare delle altre stanze per maggior comodo de medesimi; onde essendo in longo ciò fu dal detto misser Giacomo Cropello mandata l'infrascritta discorso sopra parte. L'andarà parte se si deve far detta fabrica per l'uso come sopra. La parte fu presa a tutte noci. L'8 dicembre 1602 furono nominati quattro confratelli come infermieri con l'incarico di visitare i fratelli ammalati.
Inizialmente, quindi, l'ospedale aveva lo scopo di ricoverare e curare gli ammalati che facevano parte della confraternita, che non avessero i mezzi necessari per mantenersi nelle proprie abitazioni.
Il 23 ottobre 1608 il priore e i quattro guardiani della confraternita della SS. Trinità, avendo il desiderio di erigere un hospitale a beneficio di poveri infermi miserabili, presentarono una supplica al consiglio comunale chiedendo ai consiglieri di fare grazie solo del sito nel qual si ha da fabricare si può in utile luogo specificando che sarà tutto quello che attorno et di monte et di sera coherenze si ritrova in canto l'Oratorio di essa Compagnia e che quel luogo non è [...] alcuno di giovamento, né di danno poiché in luogo perso et morto".
La supplica fu discussa lo stesso giorno e fu deciso che l'andarà parte, se alla detta Confraternità si deve concedere il detto sito supplicato di Santo Polo conforme alla sua supplica per fabricare il detto Hospitale con doversi (passando le parti) [...] di nostri vicini a assignarli il detto luogo supplicato senza impedimento della [...] et senza danno pubblico.
L'8 settembre 1774 Francesco Trusselli nodaro attuario, espresse una pubblica fede in cui attestava che: nelle case confinanti all'Oratorio della Veneranda Scola della Santissima Trinità chiamate le case Cropelli, o sia di S. Polo si faceva, et essercitava anticamente il ricovero, et Ospitio de poveri convalescenti, et infermi di questa Terra e che fu eretto tal'Ospitio con raccolte d'elemosine.
La costruzione dei nuovi locali dell'ospitale fu discussa dal consiglio generale della confraternita il 1° gennaio 1609: vedendosi in questa terra di Romano tanti poveri, che per la povertà loro vengono a morte per no esser suffragati né di elemosine a bastanza, né d'altre cose necessarie di potersi nelle infirmità loro aiuttarsi sicome si aiuttarebbero alle volte, se di loro, da qualche persone ne tenessero cura, et governo che periscono per non esser soccorsi come ho detto, et perché la carità vole, et perché è opera di christiano, oltre che è comandamento d'Iddio nelle opere della misericordia. Che saria bene che la scola nostra prendesse parte di fabbricar li dove più sarà espediente un Hospitale per recetacolo de poveri della terra nostra, et delli fratelli nostri, ed approvata con 43 noci, contro 3.
All'inizio del secolo XVII l'ospedale era quindi pienamente funzionante; né ormai era considerato dalla popolazione del borgo un ricovero di mendicità.
Solo i nobili, per non scendere a contatto con le classi inferiori, erano soliti farsi curare nelle proprie case.
Era tuttavia una consuetudine dei tempi ricorrere al ricovero ospedaliero solo per malattie di una certa gravità. Gli ammalati più gravi erano trasportati a Milano nell'ospedale di S. Vincenzo.
A quel tempo era abitudine che le persone mediamente agiate si facessero ricoverare in ospedale con il proprio letto e gli altri oggetti d'uso e che, dopo la loro morte, questi arredi fossero donati dai parenti all'istituto per uso dei più poveri.
Nell'anno 1659 le opere erano ultimate e il novo Hospitale era già perfettamente funzionante.
I locali del vecchio ospedale, adiacenti alla chiesa di S. Defendente, furono utilizzati per le riunioni del consiglio della confraternita e per residenza occasionale dei predicatori della chiesa.
La costruzione dell'ospedale continuava, ma procurava molte preoccupazioni alla reggenza del sodalizio, infatti, il consiglio speciale del 10 giugno 1680, per levar li abusi introdotti in danno, e pregiuditio di quella veneranda Confraternita, e dell'Hospitale di essa deliberò all'unanimità che fosse del tutto prohibito, et inhibito ai reggenti e ai confratelli di concedere a chiunque licenza, e facoltà di prevalersi di calcina, quadrelli, sabione, legni, o altri materiali della fabrica, con la pena, in caso di trasgressione, di pagare il doppio del valore del materiale asportato".
Nel consiglio speciale del 14 settembre 1683 fu stabilito che Priore, Sindici, e deputati al detto Hospitale, dovessero stilare un inventario dei mobili ed utensili dell'ospedale affinché non si possa smarrire cosa alcuna e descriverli in un apposito registro.
Nel 1700 i medicinali si dovevano prescrivere preferibilmente ai malati che non fossero cronici, o incurabili, non essendo ragionevole, che la spesa d'uno sol male assorbisca il soccorso de molti; erano proibiti i medicamenti costosi e superflui, come le emulzioni per la sete, acque [di]stilate, e siroppi di spetiaria; ai quali si doveva supplire con cure alimentari.
Benchè nel 1615 la confraternita avesse pensato di cedere l'ospedale alla comunità, essendo le spese superiori alle sue forze, senza che ciò sortisse nessun risultato, di certo si ha che detto Ospitale è sempre stato sotto la direzzione, ed administrazione della Scola, eleggendo essa i deputati che ne dovevano avere la cura e la soprintendenza; la scuola ne amministrava le rendite ed i legati che erano fatti da pii benefattori, tenendo separato conteggio.
Dato che la Misericordia, per ordine della comunità pagava ab immemorabili i medicinali che d'anno servono per l'infermi che sono ricoverati e stipendiava li medici, chirurgo, e li cavasangue, i suoi reggenti, con la parte 10 aprile corrente 1768, asserivano che il consorzio avesse un iuspatronato sopra l'Ospitale e, essagerando contro la verità de fatti, che esso avesse sempre prestato all'ospedale un caritativo assegno di danaro.
I confratelli inviarono pertanto una supplica al podesta di Brescia, con annesso un memoriale nel quale, dopo aver chiarito che la loro confraternita, eretta nel 1440, aveva le stesse condizioni che havevano tutte le altre Confratternite sotto il titolo stesso, cioè del soccorso, ed albergo de pellegrini dichiaravano che da tradizioni orali risultava che la loro scuola aveva fabbricato in un sedume dirocato di un certo Cropelli una parte del atual Ospitale, la cui fabrica era stata aumentata nel 1602. Il pio luogo era regolato da poche e basilarí norme: in esso erano ricoverati gli infermi di Romano e dei paesi vicini, con prelazione dei terrieri e dei soldati al servizio della Serenissima; ogni ammalato doveva avere una «fede»> rilasciata dal medico e sottoscritta da uno dei deputati, era inoltre tenuto un accurato registro dei ricoveri e dei decessí dei malati.
I pagamenti erano fatti tramite bollette sottoscritte dal priore e da quattro guardiani della scuola, e quindi pagate dal tesoriere.
Per questo motivo i deputati l'8 novembre 1773 inviarono una supplica a Venezia chiedendo l'approvazione dell'acquisto di una stanza, e cameretta sopra la medesima per renderlo più comodo, et abile al ricetto degli ammalati.
La supplica il 18 novembre fu rimessa «a Savii» […] poveri infermi, aggiungendo che della prima instituzione d'esso pio luogo non vi sta alcun positivo documento, poiché quando si trasportarono libri e carte dalla stanza ove erano custoditi in un'altra, si trovarono dal tempo, dalla polvere, e dalle acque guaste, e marcite, a segno che in quei framenti le ragurarono.
L'8 settembre Francesco Trusselli, nodaro attuario, firmò una «fede» nella quale dichiarava che Giuseppe Aresino, che era stato custode dell'Ospitale di Romano dal 1697 al 1744, gli aveva riferito che nelle case confinanti all'Oratorio della veneranda Scuola della santissima Trinità chiamate le case Cropelli, o sia di S. Polo si faceva, et essercitava anticamente il ricovero, et ospitio de poveri convalescenti, et infermi di questa terra, notizie che gli erano state confermate anche da altre persone dalle quali gli fu pure raccontato, che fu eretto tal'ospitio con raccolte d'elemosine.
Felice Tadini, medico fisico, il 9 settembre affermò che da oltre trent'anni curava gl'infermi dello Spedale di questo castello di Romano, aggiungendo che in esso non era ricoverato nessuno senza il suo previo attestato della di lui povertà, e malattia, che era sottoscritto da uno dei tre deputati del pio luogo.
Anche Alessandro Marenzi, medico fisico collegiato di Bergamo, confermava questo fatto.
In altra «fede» del Tadini, scritta lo stesso giorno e controfirmata dai due parroci porzionari, egli attestava che erano allora ricoverati nell'ospedale 21 ammalati tra uomini, e donne e che altre volte il numero degli ammalati era maggiore. Il medico aggiungeva che se non ci fosse stato lo Spedale, sarebbe stato fatale per gli ammalati, distando quindici miglia da Bergamo e, per la difficoltà dei trasporti si correva il rischio di restare nella strada gl'infermi di male acuto, e li feriti gravemente.
Il decreto d'erezione dell'ospedale di Romano a ente civile fu emanato il 6 aprile 1776.
Dopo alcuni mesi i deputati dell'ospedale intentarono una causa contro i fratelli Cugnardelli.
L'episodio ebbe inizio il 2 agosto 1776 con un memoriale inviato dai deputati dell'ospedale al «Magistrato alla Sanità della Repubblica di Venezia». In esso si dichiarava che nel Castello di Romano vi esiste uno Spedale che alloggia quotidianamente poveri infermi, che vengono assistiti con quella carità ed attenzione che esigge la situazione di detti infelici.
Ad onta di tutte le sollecitudini usate dagli Amministratori ossiano Deputati di esso Loco, e dell'assidua cura prestata da Medici, non solo gli infermi non risentono soglievo, ma restano sempre più pregiudicati ed afflitti. Il motivo di tale stravaganza procede da una fabbrica in questi ultimi tempi fatta dalli fratelli Cugnardelli Antonio Maria, di una stalla annessa all'infermeria di detto Spedale verso monte, che non solo causa una sensibile continua umidità nell'infermeria stessa, ma per il letame che ivi si ammassa di tempo in tempo produce anco un fettore intollerabile e pregiudizievole a què miseri ammalati con maggior aggravio del luogo medesimo.
Al memoriale era annessa la «fede» di Felice Tadini e Michel Angelo Bogni, medici fisici dell'Ospedale.
Il podestà di Bergamo, il 13 agosto dello stesso anno, delegava una spedizione a Romano per accertare la veridicità dei fatti dietro espresso invito del «Magistrato alla Sanità della Repubblica di Venezia>>.
Il Protomedico scrisse nella sua relazione: ho rillevato dal Custode del pio Luogo che del liquido geme copiosamente dal muro, a cui sono appoggiati i letti degli infermi e fa muffare i loro sacconi e matarasse.
Egli il 27 agosto rispose al podestà di Bergamo: si darà Ella il merito come nostro Giudice Delegato di commettere l'immediato disfacimento di essa stalla e lo sgombro delle materie escrementizie.
Il 15 ottobre 1780 i fratelli Cristoforo e Raffaele Muscita, farmacisti, lasciarono in testamento all'ospedale la loro farmacia, completa e funzionante.
L'Ente ne poté entrare in possesso solo nell'anno 1787; la farmacia al servizio anche degli esterni, entrò in funzione e poté sussistere fino alla metà del secolo successivo.
Fu aumentato il numero dei medici: due medici, due chirurghi, cinque flebotomisti, due levatrici e due infermieri".
Ben più sostanziale tuttavia fu l'evoluzione dei compiti del pio luogo a seguito del decreto del 27 maggio 1797.
Insieme con i beni delle confraternite, infatti, l'ospedale dovette assumere tutti i compiti delle associazioni, compiti molto vari e complicati.
Il progetto per un nuovo ospedale fu consegnato agli amministratori alla fine del 1906.
L'edificio aveva uno schema a padiglioni, collegati fra loro da veranda, con quattro reparti: due per malattie ordinarie, maschile e femminile con 48 letti, uno per i «cronici» con 16 letti, e uno chirurgico, con quattro letti.
La posa della prima pietra del nuovo edificio avvenne il 14 settembre 1913, ed il 30 maggio 1915 il vecchio ospedale fu abbandonato, e gli ammalati furono trasferiti nel nuovo nosocomio.
Il vecchio ospedale, ormai inservibile, rimase abbandonato per alcuni anni. Indi la Congregazione di Carità iniziò una trattativa con il comune per la vendita dell'edificio.
L'acquisto da parte del comune per la somma di £. 70.000, da pagare in 25 annualità con l'interesse del 6%, fu confermato con la delibera del giomo 19 giugno 1922.
Bisogna arrivare al 1938 per vedere affrontato il problema del servizi ospedalieri, mediante la classificazione degli ospedali in prima, seconda e terza categoria.
Con regio decreto 27 marzo 1939 la gestione dell'ospedale civile della SS. Trinità di Romano di Lombardia viene affidata a un consiglio di amministrazione composto di cinque membri, di cui uno nominato dal prefetto di Bergamo, con funzioni di presidente.
L'ospedale, classificato di terza categoria, ha una disponibilità di n. 80 posti letto, distribuiti in reparti di medicina, chirurgia, per ammalati cronici e in un reparto sanatoriale che, a far tempo dal 1 dicembre 1941, verrà temporaneamente chiuso, causa la forte perdita di gestione.
L'assistenza medico-
Con decreto prefettizio del 4 settembre 1939, l'ing. Giuseppe Moretti viene nominato presidente dell'ospedale per il quadriennio 1939/1942, ma a seguito della sua chiamata alle armi,
contemporaneamente ad altri due membri del consiglio di amministrazione, il prefetto di Bergamo, in data 24 novembre 1939, nomina commissario prefettizio, per la temporanea gestione, l'ing. Carlo Finazzi, podestà di Romano di Lombardia.
Il commissario prefettizio determina per ragioni umanitarie la riapertura del reparto sanatoriale, riservato al ricovero di ammalati a carico del consorzio provinciale antitubercolare e dell'INPS, assicurandosi una media di 25 presenze giornaliere.
Con l’installazione e gestione di un apparecchio radiologico, si dà inizio a una assistenza sanitaria specialistica estesa al territorio.
Nella seduta del 16 giugno 1946, il consiglio di amministrazione stabilisce di accettare la donazione del padiglione destinato a Dispensario antitubercolare.
Trattasi di edificio realizzato su area ospedaliera, ma a spese del donatore e intestato alla moglie Ida Cacciola Manetta.
Il padiglione è adibito a visite di ammalati affetti da T.B.C., domiciliati a Romano e comuni vicini, nonché al ricovero dei romanesi degenti in tubercolosari che, ormai dichiarati inguaribili e prossimi a morire, esprimano il desiderio di venire a spirare vicini alle proprie famiglie.
Con inizio 1° gennaio 1947 vengono attivati i servizi specialistici di otorinolaringoiatria e di oculistica e, qualche mese dopo, viene attivata la consulenza specialistica ostetrico-
Con inizio dei lavori il 1° aprile 1949, ultimati nel gennaio 1952 viene attuato il progetto della costruzione di fabbricato destinato a portineria dell'ospedale, a bagni pubblici, con sovrastanti locali per la abitazione del direttore dell'ospedale.
La Regione Lombardia con l'approvazione del Piano Ospedaliero per il quinquennio 1974-
OPAC SBN: L'ospedale della ss. Trinità in romano di Lombardia : Cenni storici a cura di Francesco Piria