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Il contenuto della scheda proviene integralmente dal testo : Storia dell'Ospedale dei Santi Antonio e Biagio di Alessandria di Giovanni Maconi. Vi invito a leggerlo integralmente in quanto ricco di informazioni, anche curiose, oltre agli approfondimenti storici frutto di un'at-
Ringrazio il figlio, Dott. Antonio Maconi, Direttore Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione presso Azienda Ospedaliera SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria che, sentito telefonicamente, ha condiviso la mia iniziativa.
I tubercolosi venivano ricoverati nell’Ospedale dei santi Antonio e Biagio e sistemati insieme agli altri ammalati. Solo nei primi mesi del 1900 l’amministrazione dell’ospedale, per adeguarsi alle nuove disposizioni di legge, che imponevano il completo isolamento agli ammalati affetti da tubercolosi, in modo da non avere nessun contatto diretto o indiretto con gli altri ammalati per impedire la trasmissione della malattia, li sistemò in due camere separate dalle corsie.
Nel 1913 Teresio Borsalino, per onorare la memoria del padre Giuseppe, donava all’Ospedale dei santi Antonio e Biagio un milione di lire allo scopo di istituire uno speciale reparto per tubercolosi. In tale reparto, denominato «tubercolosario della Fondazione Borsalino», venivano ricoverati «i tubercolotici poveri appartenenti per domicilio di soccorso al Comune di Alessandria, dando la preferenza agli operai capellai, lavoranti da almeno tre anni in Alessandria». Nel 1917 «il tubercolosario della Fondazione Borsalino» disponeva di 24 posti letto, 10 per gli uomini e 14 per le donne. Nel 1925, essendo i posti letto di questo tubercolosario insufficienti per far fronte alle numerose richieste di ricovero ed essendo i locali di cui disponeva poco idonei ad accogliere ammalati di questo tipo, la Deputazione provinciale di Alessandria, nella seduta del 21 febbraio di quello stesso anno, propose ed approvò per acclamazione la costruzione di un Istituto per la cura dei tubercolotici appartenenti alle classi meno abbienti, intitolato al re Vittorio Emanuele III. A tale scopo la Deputazione stanziò un primo fondo di 500.000 lire; altre 400.000 lire furono raccolte per donazioni fatte dai Comuni, Enti, organizzazioni sindacali e privati, ma l’opera avrebbe tardato ad effettuarsi senza il munifico intervento di Teresio Borsalino, che assunse a totale suo onere l’attuazione di tale progetto per una spesa di parecchi milioni. In seguito agli eventi storici che portarono alla caduta della monarchia, il «sanatorio» cambiò denominazione e fu chiamato «Sanatorio Teresio Borsalino».Esso è situato a circa tre chilometri dal centro della città. Il progetto e la costruzione sono stati opera degli ingegneri Gardella e Martini di Milano, particolarmente versati in costruzioni ospedaliere. Oltre all’edificio principale, costruito su tre piani che ospita i padiglioni di degenza per uomini e donne, per un totale di 216 posti letto e i servizi medici, chirurgici, radiologici, gli uffici amministrativi, gli alloggi dei medici e delle suore, si trovano altri sette fabbricati
sussidiari, cioè la chiesa, l’abitazione del direttore, la lavanderia, il forno inceneritore, l’alloggio infermieri, la portineria esterna e le autorimesse.
L’amministrazione e la gestione del «sanatorio» vennero inizialmente affidate al Consorzio Antitubercolare; poi passarono all’Ospedale dei santi Antonio e Biagio. Entrato in funzione il 15 luglio 1935, il «sanatorio» riuscì nel giro di pochi anni a soddisfare quasi completamente le esigenze degli ammalati di tubercolosi della città e della provincia di Alessandria, evitando così il loro ricovero in «sanatori» fuori provincia, che li privava dell’importante conforto delle visite dei familiari.