GENOVA ospedale degli incurabili detto anche Ospedale dei Cronici - Ospedali d'Italia

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GENOVA ospedale degli incurabili detto anche Ospedale dei Cronici

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https://it.wikipedia.org/wiki/Ospedale_degli_Incurabili_(Genova)


Nel periodo tra Medioevo e Rinascimento numerosi benestanti, mossi dalla fede religiosa o semplicemente dalla volontà di contribuire al bene della città, donavano parte del loro patrimonio per interventi a favore delle persone più bisognose. Queste iniziative benefiche cercavano di intervenire nei limiti delle possibilità del tempo per alleviare le situazioni di infermità causate dalle difficili condizioni di vita della maggior parte della popolazione, sottoalimentata, con altissimi tassi di mortalità infantile ed una speranza di vita che non superava i 50 anni. In questi ricoveri, che avevano soprattutto lo scopo di separare dal resto della società gli individui più deboli, le istituzioni pubbliche, in assenza di conoscenze mediche che consentissero una vera e propria cura, non potevano far altro che limitarsi all'esercizio della pietà verso i malati.
Nel solco di questa tradizione si colloca la figura di Ettore Vernazza, che insieme ad un gruppo di ricchi benefattori nel 1499 fondò un ospedale, il cosiddetto “Spedaletto” "Ridotto dei poveri infermi di S. Maria", in cui erano accolti i malati cronici o incurabili, embrione di quello che sarebbe poi divenuto l'ospedale degli Incurabili.
«Prima dell'anno 1500 alcuni caritatevoli uomini, radunati in società privata, aveano accomodate alcune stanze in questo sito, per ricetto de' poveri infermi incurabili i quali non potendo essere accolti nello Spedal Grande secondo gli statuti di questo, giacevano miseramente per ogni punto della città in luoghi disagiati ed immondi, spesso abbandonati da' familiari per impazienza o disperazione di giovevoli cure, col pericolo di perdere non solo il corpo, ma l'anima tra le angosce disperazione di giovevoli cure, col pericolo di perdere non solo il corpo, ma l'anima tra le angosce di lunghi e penosi malori. Uno di questi benemeriti fu Ettore Vernazza, il quale, orbato immaturamente della moglie, abbandonò la propria casa, e andò a stare nelle accomodate stanze dell'Ospitale degl'Incurabili; ch'egli era uno di quelli che ne avevano cura; in questo dimorò sempre quando stava a Genova, in questo è morto e l'ha lasciato erede.»
Inizialmente pensato per accogliere i malati di sifilide, ma nei decenni successivi alla fondazione vi furono ammessi anche epilettici e malati mentali.
Funzionò fino agli anni venti del Novecento, quando attività ed arredi furono trasferiti al nuovo ospedale di S. Martino, ma già dal 1841 la maggior parte dei pazienti psichiatrici erano stati trasferiti nel nuovo manicomio costruito nella zona di San Vincenzo.  

Ettore Vernazza (1470-1524), discepolo di santa Caterina Fieschi, era un ricco notaio che, rimasto vedovo, decise di dedicare la vita alla cura dei bisognosi; fu il fondatore della "Fraternità del Divino Amore", che aveva lo scopo di prestare assistenza materiale e spirituale alle categorie più derelitte della società del tempo, mendicanti, orfani e trovatelli, prostitute, carcerati, vecchi abbandonati, malati di mente e tutti quelli affetti da malattie croniche o incurabili, che secondo le intenzioni del fondatore non dovevano essere semplicemente assistiti, ma "onorati" in quanto immagine di Cristo stesso.
Il Vernazza fu il primo a creare in Italia, i cosiddetti "ospedali degli incurabili"; la "Fraternità del Divino Amore" negli anni successivi avrebbe istituito ospedali analoghi in numerose città italiane; dopo aver fondato quello di Genova, lo stesso Vernazza istituì personalmente anche quello di Roma, ristrutturando, con il sostegno di papa Leone X, l'antico e ormai fatiscente ospedale di San Giacomo in Augusta che il papa gli aveva messo a disposizione. Questi ospedali avevano lo scopo di accogliere i malati cosiddetti incurabili, che in quel tempo erano soprattutto quelli affetti da malattie veneree, in particolare la sifilide. Poiché a quell'epoca non esistevano cure per questa malattia, le persone che ne erano colpite erano spesso abbandonate e lasciate morire nelle strade o sui gradini delle chiese.
Nel 1500 i "Provvisòri" dell'ospedale chiesero ed ottennero dal Senato della Repubblica di sottoporre l'istituzione all'autorità del governo, superando anche l'opposizione dei responsabili dell'ospedale di Pammatone che, in forza del breve di papa Sisto IV avrebbero voluto sottomettere il nuovo ricovero, con tutti i suoi proventi, alla loro amministrazione. Questa obiezione non fu accolta dal governo, considerando che lo statuto di Pammatone prevedeva esclusivamente il ricovero di malati curabili.
«E nella strada nominata Portoria, è l'ospedaletto edifizio fatto ai tempi nostri per il governo dei malati incurabili; ed oltrecché la fabbrica è grande e bella, il reggimento e l'ordine del servire è bellissimo, talché da Roma, e da molte altre primarie città sono venute genti a pigliar norma e regola da questo ospedaletto: e sono andati Genovesi medesimi a Roma a governare un somigliante luogo.»
(Agostino Giustiniani, "Annali della Repubblica di Genova", 1537
Negli anni successivi, oltre ai sifilitici, furono ammessi nell'ospedale gli epilettici e dal 1605 anche i malati mentali, inizialmente per periodi limitati. Fu un processo assai lento: ad essi furono riservati inizialmente solo tre posti letto, che salirono gradualmente a ottanta nel 1651.
Pochi anni più tardi, con l'apertura dell'Albergo dei Poveri, i dementi tranquilli (quelli classificati come "fatui" o "melanconici") furono accolti nel nuovo Istituto, riservando agli "Incurabili" quelli "furiosi" o "frenetici".
Nell'Istituto, che poteva accogliere fino a settecento ricoverati, accanto ai medici operavano nelle cure dei malati le suore Brignoline, mentre l'assistenza spirituale era affidata ai padri Cappuccini.
A partire dal 1797 l'amministrazione dell'ospedale fu unita a quella di Pammatone. Dall'agosto del 1841, con l'apertura del nuovo manicomio nella zona di Arbara vi furono gradualmente trasferiti i malati mentali, perciò molti posti letto restarono vuoti.
Negli anni venti del Novecento, le attività, funzioni e arredi dell'Ospedaletto (compresa la ricca raccolta di vasi in ceramica della farmacia e molte delle statue dei benefattori furono trasferite al nuovo ospedale di S. Martino. Tra queste la grande statua in marmo del fondatore Ettore Vernazza, scolpita da Santo Varni nel 1867 e oggi collocata nell'atrio del palazzo dell'amministrazione dell'ospedale.
L'edificio, dopo la dismissione, ospitò per un certo periodo la sede genovese dell'Opera Nazionale Dopolavoro e uffici comunali. Semidistrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, quanto restava del complesso fu demolito negli anni sessanta con l'attuazione del "Piano particolareggiato di Piccapietra", che ha trasformato l'antico quartiere popolare in un moderno centro direzionale e commerciale.

OPAC SBN: Gli Ospedali degli Incurabili / P. Cassiano da Langasco ; [prefazione di Francesco Saverio Mosso]

 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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