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FERMO Ospedale San Marco alle paludi

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Dalla relazione del Dott. Mario Santoro riportata nel testo: Atti Primo Congresso Italiano di Storia Ospitaliera – Reggio Emilia 14-17 Giugno 1956 a cura del Centro Italiano di Storia Ospitaliera di Reggio Emilia.

"San Marco alle Paludi, in quel di Fermo fu un antico nosocomio medievale, che per le sue particolari prestazioni, può aver rappresentato un tipico esempio di Spedale Militare Territoriale, perché fu adibito o forse addirittura costruito per il ricovero dei Crociati lebbrosi o definiti tali che ritornavano dalla Terra Santa".
Per quel che riguarda l'epoca di fondazione, riferimenti sul nostro Spedale li troviamo nell'Ughelli ("Italia Sacra" - Fermo pag. 170) e nel Catalani, ("De Ecclesia Firmana" - pagg. 176-177), nonché nel famoso Diploma del Vescovo fermano Filippo II del 1227: nel libro delle Decime ("Rationes decimarum Italiae" nei secoli XIII, XIV; "Marchia", a cura di P. Sella, Città del Vaticano 1950, N° 5814. "... Item a guardiano San Marci de Rivocellorum XVI lib"). L'esame dei pochi resti in nostro possesso di quello che fu l'antico edificio del Monastero, il perimetro delle mura, i frammenti ornamentali, pur da scavi mal condotti o rinvenimenti casuali fanno porre l'opera di fondazione tra il 1000 ed il 1100. Invece di epoca alquanto posteriore, ma sempre non oltre il 1100, dovrebbe essere il Leprosario, più vecchio, naturalmente, di quello di Potenza Picena, ad una trentina di Km. a Nord di Fermo, ma sempre in prossimità della costa, e dell'altro della Marca Anconitana, San Lazzaro de Clusis funzionante dal 1236.  Tale leprosario, al contrario del nostro, era retto da una confraternita di laici. Senza dubbio, il secolo XII deve essere stato il periodo aureo, specialmente l'epoca dei Priori che prevalgono sino al sec. XV per dar posto poi alle Abbazie. Ogni Monastero aveva, al solito, fuori delle mura, il cosidetto "Hospitium", dove si raccoglievano i poveri, i pellegrini, i viandanti di professione, gli ammalati. Per questo, appunto, in seno ai Lateranensi sorgono delle vere e proprie organizzazioni assistenziali (I Canonici Regolari Ospitalieri).
E per tornare a San Marco, dai resti rinvenuti, dalle notizie raccolte, l'"Hospitium" doveva essere completamente isolato dal Monastero.  In esso vi era un oratorio destinato a San Lazzaro, ma tutto il complesso si chiamò sempre "Il leprosario di San Marco".Un maestro ed un sindaco lo governavano, mentre entrambi, Spedale e Monastero, erano diretti dal Superiore dei monaci, investito da ogni più alta autorità, prima priorale poi abbaziale. Molti Pontefici si occuparono del Leprosario e del Monastero e furono larghi di grandi concessioni: Innocenzo III impartisce anche disposizioni circa il ricovero dei lebbrosi non provenienti da Fermo. Nel 1222 Onorio III confermò gli antichi privilegi e ne elargì dei nuovi. Dal 1296 al 1299, tanto il Monastero che lo Spedale, furono oggetto di attenzione da parte di Bonifacio VIII, che vi dedicò due documenti papali.. Ecco infine la bolla Alessandro IV, datata Orvieto 5 luglio 1256: in essa si rivela come questo Pio Istituto fosse sotto la particolare protezione Papale, come tale Istituto possedesse terre, vigne, pascoli e orti. Pertanto, in considerazione di tale documentazione è da ritenersi che il Monastero abbia funzionato bene sino ai primi del quattrocento, ma allorché si arriva alla metà del secolo, si può dire che siamo al declino. La lebbra scompare, sorgono a Fermo e si affermano, entro la cinta delle sue mura, nuovi e più aggiornati Istituti di ricovero. Fermo, libero comune sotto l'alta protezione della Chiesa, viene sconvolta e turbata dalle incursioni dei predoni, dei ladroni.  Pio II, 29 Giugno 1463, e la deliberazione del Civico Consiglio di Cernita, 7 Ottobre stesso anno, ne dispongono il trasferimento in Santa Caterina. Del resto, anche l'altro leprosario della Marca Anconitana, San Lazzaro de Clusis, si chiudeva nel 1487. Sin qui le notizie in nostro possesso. A questo punto però è doveroso porci queste domande: chi erano gli ammalati? Chi i ricoverati abituali dell'Ospizio? Erano lebbrosi del luogo o veramente reduci dalla Terra Santa, pellegrini, combattenti, mercanti falliti, avventurieri? Io penso un po' di tutti questi e forse veramente dovevano provenire dalla Terra Santa e nuova luce mi viene proprio da un'altra faccia dell'indagine.  Questa potrebbe essere l'attenta osservazione delle rotte Adriatiche della Repubblica Veneta. Per tornare  al nostro lebbrosario, è lecito azzardare questa ipotesi. I veneti trasportavano in Oriente materiale umano, le Galere che poi tornavano vuote in patria si liberavano sulle spiaggie Marchigiane degli ammalati, degli indesiderabili, siano stati essi lebbrosi, ex combattenti, falliti e fors'anche uomini di ciurma malati. Venivano naturalmente avviati a San Marco o verso altri conventi ospitali della zona. San Marco è nome proprio da Serenissima. A loro volta i nostri veneti, dalle ubertose campagne del Fermano, fors'anche dai possedimenti di San Marco stesso, acquistavano cibarie, grano, vino da portare a Venezia, senza correre il rischio di fare il ritorno a vuoto e liberandosi, nel contempo, di tanto indesiderabile materiale umano.


 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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