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Le informazioni di questa scheda derivano dal SIUSA
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L'Ente ospedaliero Santa Maria della Misericordia e San Florido, con sede a Città di Castello in via L. Signorelli n. 9, fu costituito in virtù della l. 12/2/1968 n. 132 "Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera", con dpr n. 587 del 26/5/1968 (G. U. n. 227 del 6/9/1969), visto il decreto del medico provinciale di Perugia dell'8/2/1969 con cui l'Ospedale civile Santa Maria della Misericordia e San Florido era stato classificato ospedale generale di zona.
In seguito, con la legge regionale 16 marzo 1976 n. 12, l'Ente ospedaliero Santa Maria della Misericordia e San Florido di Città di Castello e l'Ente ospedaliero Ospedale di Umbertide si fusero per costituire l'Ente ospedaliero Alta Valle del Tevere di Città di Castello.
Le poche notizie storiche sono tratte dal volume (che dovrò reperire) “L’Ospedale di Città di Castello”, edito dall’Assessorato alla Sanità della Regione dell’Umbria.
Di seguito riporto solo quanto trovato al link della Testata online Saturno Notizie del 27/2/2019
https://www3.saturnonotizie.it/news/read/131300/citta-
Le informazioni partono dal 16° secolo quando importanti lavori vengono eseguiti sotto l’amministrazione di monsignor Luigi Gazzoli, allora governatore di Città di Castello. Una bolla di Papa Leone X del 1° dicembre 1514 riunisce l’Ospedale di tutti i Santi e quelli di San Florido, Santa Maria della Strada e San Giacomo della Scatorbia; tutti assieme, prendono la denominazione di Ospedale di San Florido, dipendente dal Capitolo della Cattedrale, che nel 1773 viene unificato all’ospedale di Santa Maria della Misericordia per costituire quelli che sarebbero divenuti gli Ospedali Uniti di Santa Maria della Misericordia e di San Florido di Città di Castello.
I lavori sono molto costosi e richiedono molti anni per il ripianamento dei debiti; mutui sostanziosi, quelli contratti dalle Opere Pie, anche se monsignor Gazzoli mette a frutto i suoi buoni rapporti con la Santa Sede per garantirsi finanziamenti e contributi da parte degli istituti di credito dello Stato Pontificio.
Il giorno dell’inaugurazione dell’ospedale assume i connotati di quello del grande evento per la città: cerimonia solenne e persino la coniazione di uno scudo d’argento nel quale da una parte c’è l’effigie di papa Pio VI e sul retro è incisa in rame la facciata dell’ospedale. Una volta ottenuta l’approvazione di Papa Clemente XIV nel novembre del 1772, il 22 giugno 1773 monsignor Gazzoli emana il decreto di unione con assieme statuto e regolamento. L’anno successivo, il governatore cittadino ottiene anche il concentramento nella nuova opera pia del patrimonio delle confraternite più ricche.
Altre migliorie nel 1862 dalla nuova amministrazione della Congregazione di Carità, anche se dal punto di vista finanziario e sanitario la situazione dell’ospedale lascia molto a desiderare: i locali sono tenuti in condizioni definite pessime, la biancheria a disposizione è poca e scarseggiano anche le attrezzature chirurgiche. Nel 1893, la giunta provinciale amministrativa sollecita l’adozione di provvedimenti e l’anno successivo l’ufficio tecnico del Comune di Città di Castello vara il progetto per la costruzione della sala operatoria, con assieme altri lavori. All’inizio del XX secolo la grande decisione sul futuro è presa: l’ospedale non si sposterà da dove si trova, per cui si procederà con una nuova ristrutturazione dell’immobile nel quale è ospitato dal 1785. E stavolta si lavorerà quasi in esclusiva nei locali interni, perché c’è bisogno di una riorganizzazione dal punto di vista logistico. Siamo nel 1903 e nove anni più tardi, nel 1912, i lavori arrivano a conclusione. Quali sono le variazioni? Le corsie maschili a pianterreno sono state adattate in parte a cantina dell’azienda agraria delle Opere pie e in parte trasformate in cucina e refettorio; i vecchi cameroni sono stati sostituiti da corsie più piccole e ciò risolve il problema della promiscuità fra le patologie, che ora risultano fisicamente separate. Sempre a pianterreno, vi sono l’ambulatorio chirurgico, la cucina, i magazzini degli alimentari, il guardaroba, la direzione e la portineria. Al primo piano, si trovano invece la chirurgia e i reparti di isolamento, la sala operatoria, il laboratorio chimico, l’economato e le corsie maschili e femminili separate. Al piano superiore, sono dislocate le sezioni di medicina femminile e maschile, assieme al padiglione di isolamento per le malattie infettive, mentre nel piazzale esterno sono state sistemate camera mortuaria e sala per l’autopsia. Al fine di favorire l’afflusso di pazienti residenti nei Comuni vicini – e quindi di aumentare il grado di attrazione della clinica – per essi viene ridotta la retta di pagamento. Altre tappe significative: nel 1913, l’installazione dell’impianto di riscaldamento, negli anni ’30 l’istituzione del reparto maternità e il rinnovo delle sale operatorie, nel 1943 la pavimentazione in marmo dell’ingresso, la sistemazione dei corridoi e la costruzione della nuova scalinata.
Piccola parentesi nel periodo di guerra (è il 1944 quando l’ospedale è momentaneamente trasferito nei locali del seminario vescovile), ma subito dopo la fine del secondo conflitto arrivano la centrale termica, il nuovo impianto di riscaldamento, la nuova lavanderia e soprattutto il centro trasfusionale. Tuttavia, già negli anni ’50 del 900 comincia a farsi strada l’idea del trasferimento dell’ospedale in una zona più accessibile della città e in una struttura logisticamente più idonea. I tempi sono poi dilatati: fra progetto del nuovo ospedale, inizio dei lavori e inaugurazione della nuova struttura è trascorso quasi mezzo secolo.