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Dall’inventario dell’archivio di Stato di Livorno
La prima notizia che si abbia di uno spedale nel castello di Livorno proviene da fonte pisana della seconda metà del secolo XIII (A. Feroci, antichi spedali di Pisa, Pisa 1896, p. 121).
In un catalogo di documenti di tal secolo si trova infatti citato un Hospitale Liburni In plebatu liburni, molto probabilmente un ospizio per pellegrini forse sotto il titolo di S. Antonio -
Dipese in un primo tempo dai frati domenicani di Pisa a cui era stato donato da donna Volpe (Targioni Tozzetti, Viaggi II, p.46) nel 1288 e passò poi alle dipendenze della Comunità di Livorno, che nominava e stipendiava lo spedaliere (Santelli, stato antico e moderno di Livorno I, 357, anni 1471-
Nel 1583 il Gonfaloniere Bernardetto Borromei induceva la Comunità a cederlo in patronato granducale (31 dic. 1583, rogo Lorenzo Sani da s. Miniato) e passarlo alle dipendenze dello spedale di Pisa (Santelli cit., V, p.105); che lo cede ai frati della Sporta, Ospitalieri di S. Giovanni di Dio. Il granduca accettò il patronato e dette il suo assenso alle altre deliberazioni, ordinando altresì che le medicine venissero fornite gratuitamente dello spedale delle galere di S. Stefano, il cui medico ed il cui chirurgo dovevano occuparsi della cura degli ammalati dello spedale di S. Antonio.
In base al rescritto del 25 Gennaio 1611 l'Amministrazione di esso passò allo Spedale di S. Maria Nova di Firenze. In tale anno i frati di S. Giovanni di Dio ricevettero ufficialmente l'investitura dello spedale che doveva servire ai soli uomini, mentre le donne venivano trasportate allo spedale di Pisa; agli ospitalieri vennero altresì assegnate le pigioni dei magazzini e case del convento di S. Antonio e gli emolumenti dati allo spedale dal Presidente e Fortezza di Livorno.
Nel 1660, non bastando più ai bisogni della popolazione, venne ingrandito con sussidio dato dalla Comunità ai frati di s. Giovanni nel 1668-
Nel 1765 il governo di Livorno rivendicò la proprietà dello spedale, che i frati di S. Giovanni amministravano come loro e ingiunse ad essi di rendere conto dell'amministrazione passata.
Per ordine granducale nel 1779 si iniziò lo studio relativo alla fusione dei vari spedali livornesi e prima conseguenza fu la fusione di quello di S. Antonio con lo spedale delle RR. Truppe, avvenuta nel 1781, aumentando il primo di ben cento letti e dando nel 1782 una nuova regolamentazione al nuovo organismo.
Perdurando, da parte degli spedalieri di S. Giovanni, una amministrazione poco accurata, al commissario dello spedale della Misericordia, marchese Dosi, venne dato l'incarico di soprintendere anche a quello di S. Antonio, con un'unica amministrazione ad un commissario governativo, e si rendevano direttamente
dipendenti del governatore della città, togliendoli alla competenza della Comunità, che aveva tralasciato di effettuare le regolari revisioni amministrative.
Già nel 1802, si era pensato di dare una nuova e più vasta sede agli spedali. Il progetto venne ripreso successivamente dal gonfaloniere Ferdinando Sproni, ma gli avvenimenti politici ne impedirono l'effettuazione. Nel 1827 Antonio Maggi, vice presidente della deputazione degli spedali avanzò una nuova proposta in tal senso, che venne accettata dal governo e per parere del dr. Palloni, medico del dipartimento di Sanità, si stabilì di erigere il nuovo spedale nell'area del vecchio camposanto; non essendosi poi concluso nulla, in occasioni delle varie epidemie si aprirono spedali provvisori nella Fortezza vecchia, e in s. Jacopo.
Difficoltà per il trasporto dei malati in quest'ultimo spedale, impedirono che s. Jacopo diventasse l'ospedale principale di Livorno.
Il Granduca Leopoldo II, nel 1836, accettò la proposta del governatore Spannocchi, di costruire il nuovo spedale nel bastione di S. Cosimo, ma ragioni economiche e gli avvenimenti politici impedirono anche questa volta la realizzazione del progetto, tantochè nel 1852 si addivenne alla decisione di ampliare quello esistente, affidandone il compito, nel 1856, alla Deputazione delle Opere di Pubblica Utilità. Anche tale progetto venne abbandonato per la caduta del regime granducale. Dal 1860 al 1868 ci si preoccupò nuovamente della costruzione di un nuovo ospedale, si dette unico soprintendente ai due già esistenti (s. Antonio e Misericordia), si adibì a spedale militare quello della Misericordia, concentrando gli ammalati dei due sessi, sino allora distinti, nell'ospedale di S. Antonio, che venne ampliato nuovamente con parte del Bagno dei Forzati, fondato nel 1602 da Ferdinando I come bagno delle galere ed era munito di due spedali, uno per i cristiani ed uno per i musulmani, di una chiesa di officine e di prigioni.
Il nucleo primario è costituito dall’ospedale comunale di S. Antonio, di origine medievale; affidato nel 1601 ai frati di S. Giovanni di Dio, vi si curavano solo uomini, mentre per le donne si aprì, ad opera della compagnia della misericordia, un apposito nosocomio intitolato alla SS. Trinità e a S. Barbara, nel 1639. Nel 1686 iniziò la sua attività un terzo ospedale detto della SS. Annunziata e di S. Ranieri, pure riservato alle donne, e dotato con i beni del soppresso ordine dei gesuati in Livorno. Queste tre strutture vennero unificate amministrativamente con motuproprio 17 ott. 1787 e vennero poste sotto la direzione di un commissario governativo. Ma il progetto di concentrare in un solo edificio i tre ospedali trovò coronamento solo nel 1905.
Dall'inizio della Prima guerra mondiale al 1920 il nosocomio livornese fu retto da una Opera Pia la cui Commissione amministratrice stilò, al termine del mandato, un relazione sul proprio operato.
L'Opera Pia era stata chiamata ad affrontare eventi straordinari dovuti alla difficile situazione del Paese: nel 1915 aveva dovuto far fronte al ricovero di malati e feriti di guerra.
In quel periodo furono ridotti a palazzi ospedalieri: palazzo Bertolla, l'antico asilo di cronici di S.Barbara, le locali scuole comunali di Barriera Garibaldi. Quasi 40.000 persone furono curate.
Nel giugno 1916 sorse in Livorno l'ASSOCIAZIONE PER L'ASSISTENZA AI MUTILATI DI GUERRA che impiantò a Villa Corradini una officina per protesi ortopediche poi donata ai RR. Spedali. Questo permise la nascita dello Stabilimento ortopedico.
Nel 1917 iniziarono i lavori per la nuova sede in Palazzo Malenchini (già sindaco e presidente RR. Spedali) ovvero Palazzo Bertolla restaurato col lascito Malenchini e poi a lui intitolato.
Il Progetto prevedeva al piano terra gli ambulatori e le medicheria, al primo piano i gabinetti scientifi-
I lavori di ristrutturazione iniziarono dal 4º P. sotto la direzione dell'arch. Morello Macchia (1919).
Accortosi degli eccessivi danni subiti dal palazzo nel 1918 (a causa dell'esplosione di una nave nel porto) si limitò ai lavori di riattamento della facciata. Il 16 gennaio 1920 si verificò un crollo e i lavori vengono sospesi.
La struttura ospedaliera divenne subito centro di una sofisticata assistenza, cui si aggiunse un'attività di ricerca medica di primo livello.
La struttura ospedaliera è stata notevolmente ampliata nel dopoguerra, con la costruzione di nuovi reparti. Negli ultimi anni sono stati realizzati importanti interventi di ammodernamento, che hanno portato ad esempio alla recente inaugurazione del nuovo polo dedicato al pronto soccorso e alla sopraelevazione di tutti i corridoi di collegamento tra i vari padiglioni, per differenziare i percorsi dei medici da quelli del pubblico.
L'ospedale è costituito da diversi padiglioni, collegati tra loro da un corridoio coperto e disposti simmetricamente intorno ad una corte centrale, dove si apre la cappella. Dal punto di vista architettonico l'impianto del nosocomio livornese non risulta particolarmente innovativo, ma ripiega stancamente su elementi della tradizione.
G. Zucchelli e F. Zucchelli, Spedali Riuniti di Livorno. Uomini e vicende storiche dagli anni '30 agli anni '60 del 1900, Livorno 2006.
A. Cabano, L'ospedale "Costanzo Ciano" a Livorno. La riorganizzazione degli spedali riuniti di Livorno, in CN Comune Notizie, n. 30-
S. Ceccarini, L'assistenza sanitaria a Livorno: storia degli ospedali pubblici, in "Il Pentagono", nn. 1-