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Questa scheda proviene dal sito "carte da legare " http://www.cartedalegare.san.beniculturali.it/ ; è un progetto della Direzione generale archivi del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo nato per proporre una visione organica di tutela del patrimonio archivistico di queste istituzioni. Partito nel 1999 con un primo programma di finanziamento per i complessi archivistici degli ospedali Santa Maria della Pietà di Roma e Leonardo Bianchi di Napoli. Il portale mette a disposizione della comunità i risultati . Essi possono essere utilizzati per scopi di studio e ricerca da parte degli addetti ai lavori e per la semplice conoscenza del fenomeno manicomiale da parte di un pubblico più vasto.
Sono liberamente consultabili i dati del censimento degli archivi, alcuni strumenti di ricerca e le statistiche dei dati socio-
Carte da legare costituisce anche un percorso tematico specifico del SIUSA (Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche).
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Altre denominazioni temporali
Reali Case dei Matti di Aversa 1813 -
Reale Manicomio di Aversa 1865 -
Reale Ospedale psichiatrico 1834 -
Manicomio civile di Aversa
Reale Morotrofio di Aversa
Durante il periodo napoleonico nel Regno di Napoli, particolare importanza riveste la fondazione della Reale Casa de' Matti in Aversa.
In precedenza i folli erano ricoverati in una sezione speciale dell'ospedale degli Incurabili di Napoli, antica istituzione risalente al XVI secolo, che come altre grandi istituzioni ospedaliere napoletane (Ave Gratia Plena, Pellegrini) ed innumerevoli istituzioni di beneficenza (confraternite, monti, ospizi, orfanotrofi, ricoveri, ecc.) aveva offerto nei secoli assistenza alla grande massa dei regnicoli poveri che convergeva verso la capitale, nella speranza di rimediare di che vivere.
Il manicomio di Aversa venne creato nell'antico convento della Maddalena dei Frati minori osservanti, che aveva già in origine ospitato l'Hospitium leprosorum S. Mariae Magdalenae, per la cura dei lebbrosi. Ma ben presto il convento si rivelò insufficiente, ed iniziò per alcune sezioni del manicomio una serie di traslochi, sempre alla ricerca di spazi più ampi, atti a ricevere il numero sempre crescente di degenti.
Napoli e poi Aversa furono quindi per molto tempo le uniche sedi di "ricovero per i malati di mente" di tutta l'Italia meridionale.
La costante nell'attività del morotrofio aversano può essere sintetizzata in: "disciplina, cura e occupazione", che si sostituì quindi a repressione e segregazione; si iniziò a considerare causa della pazzia una patologia del cervello, da poter curare.
Agli inizi del XIX secolo iniziò un periodo di decadenza, dovuto soprattutto a gravi ristrettezze economiche e all'affollamento di malati in edifici insufficienti o inidonei.
La rinascita è da collegarsi con l'opera di Biagio Gioacchino Miraglia, che, dopo avervi lavorato come medico, nel 1860 divenne direttore del manicomio; abolì subito i mezzi di coercizione, che riunì nell'apposito "Museo delle anticaglie"; incrementò il "Museo craniologico e patologico". Nella convinzione perdurante che il lavoro fosse la migliore medicina e l'ozio il maggior danno, i folli furono impegnati nell'agricoltura, nella lavorazione delle manifatture delle tele; non si sottovalutò l'utilità dei divertimenti, e soprattutto si mitigarono i mezzi di repressione, abolendo gli antichi "cassoni", e l'uso del cosiddetto "bagno di sorpresa".
Alla fine dell'Ottocento fu istituita la scuola dei "Medici praticanti indigenti", ai quali si offriva vitto, alloggio e mezzi di studio e si fondò la sezione per donne agitate e criminali, "Sezione criminale femminile", unica in Italia, per speciale contratto tra il manicomio e il Ministero dell'Interno.
Agli inizi del Novecento il manicomio si era trasformato compiutamente in ospedale, aumentando e migliorando il personale sanitario e di assistenza, riformando la cura medica e il trattamento dei malati.
Nel marzo 1944 presso l'ospedale psichiatrico fu costituito il Comando del Centro raccolta profughi del Ministero dell'Interno. Notevole fu l'afflusso dei profughi, determinando l'allontanamento di molti folli; fu anche messa in liquidazione la colonia agricola: il manicomio ormai si era trasformato in Centro profughi. Solo nel 1946 i folli dispersi o ricoverati altrove ritornarono e in Aversa la vita ospedaliera ricominciò: dal degrado verificatosi negli anni durante e dopo la guerra si giunse al riconoscimento di Aversa come punto di riferimento nella psichiatria, fino alla chiusura alla fine degli anni Ottanta del Novecento.
All'indomani della legge 724/94 la Regione Campania dispose la definitiva chiusura dei manicomi della regione, provvedendo anche a nominare le unità di dismissione degli stessi. Il processo fu piuttosto lungo, tanto che l'ultima dimissione ad Aversa si ebbe nel mese di giugno 1999.
Altre informazioni sul sito di " Spazi della follia " -
http://www.spazidellafollia.eu/it/complesso-
Altra fonte: Giuseppe Castelli, Gli ospedali d'Italia, Milano : Medici Domus, 1941 pag 168