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La scheda proviene dal sito di ASPI : Archivio Storico della psicologia Italiana che rilascia i propri contenuti con licenza 4.0 Internazionale (CC BY-
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A causa del sovraffollamento dell’ospedale psichiatrico di Mombello, nei primi anni del 900 la provincia di Milano decise l’acquisto di un terreno nel quartiere di Affori, con l’intenzione di costruirvi, ex novo, un edificio da adibire a succursale manicomiale. Iniziati solamente al termine della prima guerra mondiale, i lavori di costruzione vennero ultimati tuttavia nel 1924; per ragioni di ordine economico la Provincia decise di affidare la gestione del nuovo Istituto a una società privata.
L’accordo prevedeva che la Provincia consegnasse la nuova struttura completamente arredata e, in cambio, la società privata si impegnava a gestire 75 posti letto per conto della Provincia stessa a una retta convenzionata massima di 500 lire mensili. Così facendo, i pazienti che potevano permetterselo avevano la possibilità di curarsi ad Affori senza dover ricorrere all’internamento manicomiale presso Mombello. Nacque così villa fiorita, una struttura che poteva ospitare fino a 300 malati.
Nel 1939 la Provincia riprese in mano la gestione dell’Istituto, che diviene così un ospedale psichiatrico pubblico; subito ordinò lavori di ampliamento e ristrutturazione, durante i quali anche i laboratori vennero migliorati.
Nel 1945 il manicomio fu intitolato allo psichiatra Paolo Pini scomparso in quell’anno.
A partire dal secondo dopoguerra divenne l’ospedale psichiatrico più importante di Milano, scalzando il primato di Mombello, che fu per così dire relegato al ruolo di cronicario.
Numerosi furono i miglioramenti introdotti: si provvide alla costruzione di nuovi reparti, riconoscendo l’urgenza di realizzare una struttura di isolamento per gli ospiti contagiosi e una Sala operatoria per eseguire interventi chirurgici sui pazienti non trasportabili.
Si diede avvio a corsi di addestramento più lunghi per gli infermieri, si creò una sezione per adolescenti, si fece ingrandire la biblioteca, si mise radio e tv quasi in ogni reparto, si allestì una sala cinematografica e si attivò la compagnia filodrammatica interna.
Inoltre, furono intensificati gli spettacoli teatrali e gli eventi musicali del corpo bandistico dell’ospedale, e vennero organizzati concerti di complessi esterni e gite all’aperto.
Grazie alla convenzione stipulata il 19 aprile 1958 tra provincia e Università degli Studi di Milano, ospitò la prima clinica Università di psichiatria. Dei complessivi 70 posti letto messi a disposizione, 30 vennero destinati alla cura dei bambini: nel 1971 nacque formalmente la clinica di neuropsichiatria infantile. Il Paolo Pini venne dotato di un laboratorio di psicologia per ricerche ed esperimenti .
Negli anni 60 vennero allestite sale operatorie Neurochirurgiche per praticare leucotomie e lobotomie.
Parallelamente, la creazione di nuovi laboratori di ergoterapia miravano alla valorizzazione della creatività dei pazienti attraverso la stimolazione all’arte e all’artigianato: nacquero così le prime botteghe d’arte interne al manicomio, era il 1965.
Il Paolo Pini arrivò ad ospitare fino a 1000 ricoverati. Chiuse definitivamente i battenti nel 1999, vent’anni dopo l’entrata in vigore della legge 180 che decretò la soppressione dei manicomi in Italia.
Oggi è sede del museo d’arte Paolo Pini e della Associazione per il recupero della creatività artistica e la riabilitazione psicosociale.