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I cenni storici riportati provengono dal periodico di informazione di ASST Mantova salute, testata giornalistica a tutti gli effetti; tutti gli articoli sono firmati dallo Storico Gilberto Roccabianca con cui, spero, poter intraprendere un percorso di collaborazione per migliorare il contenuto di questa scheda che, a mio parere, rispetto all'importanza storica dell'Ospedale, è ancora poca cosa.
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La fondazione dell’ospedale risale al XV secolo quando, per iniziativa di Ludovico Gonzaga, secondo marchese della città, fu istituito l’Ospitale poi riconosciuto nel 1449 con la bolla pontificia di papa Nicolò V e successive deliberazioni, tra le quali le bolle papali del 1471 e le disposizioni del Delegato Apostolico della Diocesi mantovana.
L’ospedale grande la cui costruzione fu intrapresa nel 1450 comincia a funzionare nel 1472. Retto inizialmente da un consiglio formato da 14 persone tra le quali il marchese Gonzaga e il vescovo di Mantova, il pio Istituto esercitò la beneficenza nelle forme più varie, curando gli infermi, assistendo gli esposti e le fanciulle nubende, aiutando gli inabili, i poveri e i pellegrini come si ricava dagli Ordini dell’Hospital grande di Mantova pubblicate nel 1586. È certo peraltro che, fino ai primi del secolo XIX, ricoverò soltanto i malati poveri, i pazzi ed i fanciulli esposti, e che non accolse i cronici, incurabili e gli infettivi. Le condizioni economiche dell’ospedal grande vennero peggiorando dopo il 1630, dopo la guerra, i saccheggi e la peste che colpirono il ducato mantovano. Si preoccuperà di migliorarne le sorti Giuseppe II , che destinerà agli istituti Pii Mantovani i beni dei conventi soppressi e provvederà inoltre a riformarli, creando quattro enti con amministrazioni separate: l’ospedale, l’orfanatrofio femminile, quello maschile e l’Istituto elemosiniere. Il 5 settembre 1807 Napoleone annullo’ queste disposizioni e riunificò i vari istituti e i loro beni sotto un’unica amministrazione: la congregazione di carità. Ritornata Mantova sotto il dominio degli austriaci, nel 1819 fu ripristinato l’ordinamento voluto da Giuseppe II . Nel 1874, infine, furono emanati nuovi statuti, e ad amministrare e a dirigere l’ospedale fu chiamato un consiglio ospitaliero. Novità non meno importanti si verificarono nell’assetto dell’ospedale durante il secolo XX. Nel 1912 si giunse a risolvere l’annoso problema dei pazzi e dei fanciulli esposti: fu infatti deciso in quell’anno la costruzione dell’attuale ospedale psichiatrico, che sarà inaugurato nel 1930, oltre alla soppressione del brefotrofio annesso all’ospedale che, insieme a quello di Viadana, estendeva a tutta la provincia la sua sfera d’azione.
Il nuovo ospedale, realizzato tra il 1919 e il 1925, porta la firma di Giulio Marcovigi, ingegnere di Bologna, autore del progetto iniziale e della successiva modifica, in seguito all’adattamento a un nuovo piano finanziario, alla quale concorsero anche gli ingegneri Angelo Azzi, Alberto Cristofori e l’architetto Livio Provasoli Ghirardini.
Il modello ospedaliero, prevalente in quegli anni (lo stesso Marcovigi lo propone per l’Ospedale Sant’Anna di Como), è costituito da padiglioni dedicati a specifiche funzioni, opportunamente distribuiti secondo regole di assialità e gerarchia, collegati mediante percorsi opportunamente protetti. Orientato sull’asse sud-
L’originario complesso è costituito da 12 edifici: il palazzo d’ingresso, quattro padiglioni principali, due dedicati a medicina generale, uno per la chirurgia, il quarto per ginecologia e maternità. Il padiglione per l’Ospedale Infantile Bulgarini (funzionante dal 1858), che sarà aggregato all’Ospedale Civico, l’istituto rachitici ed ortopedico, che era sorto nel 1879 e altri padiglioni per le cure di fisioterapia e dermosifilopatia, l’edificio dei servizi generali, la chiesa con la camera mortuaria, la casa dei frati cappellani, la lavanderia e la centrale termica.
Oltre il limite dell’ospedale propriamente detto si trova il Sanatorio Belfiore, oggi padiglioni Ravà Sforni e D’Arco, una dipendenza dell’Ospedale, raggiungibile percorrendo un viale.
Accanto a questi edifici vi era una casa colonica, dimora dei contadini impiegati nella conduzione dei terreni coltivati all’interno del perimetro dell’ospedale e destinati a future edificazioni.
Il 19 settembre 1952 il Consiglio dei Primari delibera di dedicare l’ospedale al martire Carlo Poma, medico dell’ospedale, nato nel 1823 a Mantova. La sua professione, svolta con alto senso di responsabilità e capacità, è stata accompagnata dall’attività politica ispirata al pensiero mazziniano. Arrestato dalla polizia austriaca nel giugno 1952, Poma è imprigionato nel carcere della Mainolda; processato nel novembre successivo, condannato a morte e impiccato con altri quattro patrioti.
Alla fine degli anni Sessanta è avviato un piano operativo per un primo consistente ampliamento e ammodernamento della struttura ospedaliera, individuando nel centro della vasta area il sito del nuovo nucleo. Su progetto degli ingegneri Molinari e Pavesi, è costituito da una serie di edifici alti, portati a compimento tra il 1975 (fusione con ospedale civile a Nuvolari di Roncoferraro ) e il 1994, attestati sull’allineamento principale del vecchio ospedale e sviluppato secondo un impianto ortogonale con andamento prevalente nordovest/ sud-
Con l’intervento è riproposta la direttrice di sviluppo del precedente ampliamento, e individuato un secondo ingresso che, per caratteri architettonici, spaziali e di funzionalità, è divenuto l’ingresso principale, in stretta relazione con la viabilità di circonvallazione e la città storica. Il nuovo aggregato, elevato sino a sei piani fuori terra, è sviluppato attorno a un primo nucleo centrale, entrato in funzione nel 2003, arretrato e affacciato a un vasto piazzale, al quale si aggiunge un edificio in linea affiancato destinato alle degenze, portato a compimento nella primavera del 2006. Previsto nel progetto anche un secondo edificio in linea, contrapposto e simmetrico a quello realizzato.
OPAC SBN: Il nuovo ospedale civico di Mantova